Conoscerete forse i Super Tuscan, vini ribelli provenienti, appunto, dalla regione dei Medici. Sono chiamati così in quanto ruppero gli schemi dei disciplinari del vino del tempo – per esempio, unendo l’internazionale Cabernet Sauvignon all’autoctono Sangiovese -, altri nomi “pop” non potrebbero avere, non appartenendo alle varie DOCG e DOC. Ma questa è storia da libro di testo, se ne parla dagli anni Ottanta. Quello che a volte dimentichiamo è che dietro al “brand” si nasconde un significato più semplice e profondo: lavorare con ciò che il territorio esprime, essere anche un po’ testardi, e visionari, e ricavare grandi prodotti.
Qualcuno lo chiama Super Apulian, anche se a Vito Palumbo, Amministratore Delegato di Tormaresca, il termine non piace troppo. «La definizione non ci entusiasma, però descrive bene il progetto dietro uno dei nostri vini, Arso. È una piccolissima produzione, circa 3.000 bottiglie, ma con stile e qualità invidiabile. Questo significa che il prezzo può essere più vicino ai grandi vini toscani e piemontesi. È un segnale, vogliamo giocare nello stesso campionato».
Sì, perché Arso è un Puglia IGT ottenuto interamente da Cabernet Franc, preferito per questa produzione rispetto ai più tradizionali Aglianico, Fiano e Moscato. Questo avviene nello specifico nella zona di Castel del Monte a Tenuta Bocca di Lupo, realtà diventata capofila del “Rinascimento” enologico della regione. L’intuizione è stata della famiglia Antinori, che dalla Toscana (parlando appunto di Super Tuscan) ha letto le potenzialità di un territorio carsico, per certi versi arido, ma capace di esprimersi con grande carattere nei suoi vini.
Continua Palumbo: «Bocca di Lupo è una Puglia che non sembra Puglia, lontana dall’immaginario del grande pubblico che pensa alle terre rosse e ricche della Valle d’Itria e del Salento. Un paesaggio rado, quasi lunare, dove grande storia e civiltà contadina si intrecciano in un’atmosfera magica e misteriosa. Siamo a pochi passi da Basilicata e Campania, in una terra arcaica che Lina Wertmüller ha meravigliosamente raccontato nel suo primo film, I Basilischi, girato proprio a Minervino Murge. La nostra missione è chiara da sempre: vogliamo far conoscere la grandezza e la qualità dei vini pugliesi nel mondo».
A volte questo vuol dire sentirsi dare dei pazzi, come quando, tra tutti i vitigni autoctoni, Tenuta Bocca di Lupo si è ostinata sull’Aglianico: vitigno prima screditato, poi nobilitato attraverso una vinificazione intelligente e cura nei filari.
«Ritengo che in Puglia siamo riusciti a ottenere risultati importanti sia per la qualità dei vini prodotti ma anche dal punto di vista del contributo all’immagine e alla vivacità culturale della regione. Adesso che si celebra la rinnovata attrattività della Puglia, riteniamo che le zone in cui abbiamo investito (Castel del Monte e Salento) meritino un racconto dedicato e identitario. Vogliamo che ogni realtà possa brillare di luce propria». Questo il riassunto dell’enologo Renzo Cotarella, da sempre al fianco di Tormaresca, del viaggio compiuto dal 1998 nel tacco d’Italia.
Cotarella parla in questi termini della nascita di Arso: «L’idea di produrre Arso, un Cabernet Franc in purezza, in una tenuta così a Sud in Italia nasce dalla volontà di stupire e sfidare pregiudizi e limiti. Da sempre, grazie al lavoro venticinquennale su Aglianico, Fiano, Chardonnay e Cabernet, siamo stati coscienti del potenziale inestimabile di Tenuta Bocca di Lupo. Questo terroir d’elezione per il Cabernet Franc, contraddistinto da stagioni lunghe, ottime escursioni termiche e terreni calcarei-tufacei, dona al vino un perfetto equilibrio tra la potenza e la raffinatezza di quest’affascinante varietà. Arso è un vino che sfugge alle classificazioni perché figlio dell’unicità di questa tenuta».
Arso ha impiegato dieci anni a nascere, ma never back down, perché quando si ha un sogno lo si deve portare a casa. Nel caso di Renzo Cotarella e Tenuta Bocca di Lupo, «puoi fare il miglior Fiano, ma è difficile far innamorare il mondo. Lo conoscono in pochi. Ho pensato a un vino che potesse sfidare altri Cabernet Franc in purezza nel mondo. Una bottiglia all’altezza dei grandi, che può competere ad armi pari. Magari non vince la Champions, ma ha le carte in regola per arrivare in finale. Volevamo sfatare i pregiudizi e dimostrare che la Puglia può dare grandi rossi con vitigni internazionali».
E il nome? Sarebbe derivato da una “visione” avuta da Cotarella, un contadino che, nell’Alta Murgia verso Canosa, bruciava una catasta di stoppie, rendendo tutta l’aria arida, assetata, arsa appunto. Dentro la bottiglia, Arso è brillante, profuma di frutti di bosco, pepe bianco, liquirizia e rosmarino, e ricorda un po’ la brezza marina. È poi fresco e sapido e ha un ottimo potenziale di invecchiamento.
«La provocazione», comunque, chiosa Palumbo, «non deve essere un bluff. Il bicchiere deve parlare, e la qualità del vino dev’essere all’altezza delle aspettative. Noi, credo, ci siamo riusciti».
Guarda l’intervista completa con Vito Palumbo qui sotto: