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Apocalisse
di ghiaccio

L’intero pianeta è a rischio: i ghiacciai dell’Antartide si stanno fratturando.
E la situazione può peggiorare.
L’inchiesta di Rolling Stone

di Jeff Goodell

La questione ghiacciai

Il ghiacciaio di Thwaites è così isolato che solo 28 esseri umani ci hanno mai messo piede. Knut Christianson, un glaciologo 33enne dell'Università di Washington, ci è stato due volte. Qualche anno fa, lui e un team di sette scienziati hanno percorso più di 1.000 chilometri dalla McMurdo Station, la principale struttura di ricerca dell'Antartide, per passare sei settimane sul posto. Hanno attraversato l'infinita distesa di neve e ghiaccio a bordo di sei motoslitte e due gatti delle nevi: «Ci si sente molto soli, qui», dice Christianson, che con i suoi colleghi ha scavato buchi profondi più di 90 metri nel ghiaccio. All'interno hanno gettato della dinamite da detonare una volta sul fondo: poi, misurate le vibrazioni grazie a dei sensori, è possibile vedere le creste e la trama di un continente interamente sepolto sotto il ghiaccio. Christianson e i suoi colleghi, però, non sono semplicemente dei nerd del ghiaccio in giro a mappare la topografia del pianeta. Quello che stanno studiando è un futuro disastro globale: mentre il mondo continua a scaldarsi, capire esattamente in quanto tempo si scioglieranno i ghiacciai e quanto salirà il livello del mare potrebbe essere una delle ricerche più importanti di sempre. Metà della popolazione mondiale vive a circa 80 chilometri dalla costa, miliardi di dollari di proprietà immobiliari sono accumulati in riva al mare in città come Miami o New York. Un aumento lento e costante del livello delle acque sarebbe gestibile, un evento improvviso no: «Sarebbe una catastrofe, e probabilmente inizierà proprio con Thwaites», dice Ian Howat, glaciologo dell'Ohio. Il ghiacciaio Thwaites, uno dei più grandi del pianeta, è importante perché rappresenta quello che gli scienziati chiamano un threshold system, un sistema-soglia. Il termine sottolinea la natura della struttura, quasi un castello di carte: è stabile fino a un certo punto, poi collassa tutta insieme. E se a collassare è un pezzo di ghiaccio grande come la Pennsylvania è un grosso problema. Certo, non è una cosa che capita nel corso di una nottata. Ma se il costante riscaldamento del pianeta non rallenterà, potrebbe succedere già nei prossimi decenni. L'evento destabilizzerebbe tutta la parte ovest dell'Antartide, e il livello del mare si alzerebbe di 3 metri in molte parti del mondo; a New York e Boston, a causa della gravità, potrebbe salire addirittura di 4 metri. «L'Antartide potrebbe fare alle coste del mondo quello che l'Uragano Sandy ha fatto a New York», spiega Richard Alley, geologo della Penn State University, uno dei maggiori esperti di ghiacciai del pianeta. «Il problema è che quell'acqua non va via dopo poche ore. Rimane per sempre».

Un evento del genere trasformerebbe il Sud della Florida in un parco acquatico a tema: Miami, Fort Lauderdale, Tampa e anche West Palm Beach, dove Donald Trump ha la sua residenza invernale, verrebbero tutte allagate. Nella Bay Area sparirebbe tutto quello che è sotto la Highway 101, compreso il Googleplex; gli aeroporti di Oakland e San Francisco verrebbero sommersi. Anche luoghi che sembrano al sicuro, come Sacramento (al centro della California), verrebbero parzialmente inondati dalla piena del fiume che bagna la città ingrossato dall'Oceano Pacifico. New Orleans e Norfolk (in Virginia) sarebbero perdute per sempre. A Washington la spiaggia arriverebbe a poche centinaia di metri dalla Casa Bianca. E questo solo negli Stati Uniti. Il resto del mondo corre rischi simili, se non peggiori: grosse fette di Shanghai, Bangkok, Giacarta e Londra verrebbero sommerse, per non parlare del Delta del Nilo e di una grossa parte del Bangladesh. Christianson sa di cosa stiamo parlando meglio di chiunque altro, per questo lui e i suoi colleghi spendono tutto questo tempo nella zona di Thwaites. Vogliono capire la velocità di scioglimento del ghiacciaio e hanno bisogno di sapere, tra le altre cose, la tipologia di terreno sottostante: è un fondale scivoloso? Ci sono sedimenti morbidi? C'è qualcosa che potrebbe rallentare il ritiro del ghiacciaio? Ogni notte, il gruppo si riunisce dentro una tenda e mangia biscotti scaldati nel forno a energia solare. Parlano di cosa si prova a stare così lontano da casa, eppure sono proprio nel luogo dove si deciderà il futuro della nostra civiltà. «Ci piace pensare a cambiamenti graduali, soprattutto per posti come l'Antartide. Ma sappiamo che non è così», mi spiega Christianson.

La scorsa estate l'ex Segretario di Stato John Kerry era nelle Svalbard, un arcipelago vicino alla costa della Norvegia. Ha visitato alcuni ghiacciai e ha parlato con gli scienziati dei rischi legati al climate change. Kerry si è reso subito conto di essere nel posto sbagliato. «Tutti gli scienziati mi hanno detto la stessa cosa: se vuoi capire davvero cosa sta succedendo, devi andare in Antartide». Così ha fatto. A novembre, proprio nella settimana delle elezioni presidenziali, Kerry ha passato tre giorni nella zona: ha visitato i ghiacciai in elicottero, ha pranzato con Sauerbraten e Spaetzle nella stazione di Marble Point e ha ascoltato cosa succederebbe in caso di rapido scioglimento dei colossi bianchi dell'Antartide, soprattutto il Thwaites. «Gli scienziati vedono l'instabilità crescere a velocità preoccupante», mi dice Kerry. «Sono davvero sconvolto da quello che sta succedendo laggiù».

«Un aumento graduale del livello delle acque sarebbe gestibile, ma un evento improvviso sarebbe una catastrofe »

Antartide e Groenlandia

L'Antartide – popolazione permanente: zero – è grande quanto gli Stati Uniti e il Messico messi insieme. Non è territorio di nessuna nazione e non ha un governo nel senso classico del termine. Sin dai tempi in cui l'esploratore britannico Robert Falcon Scott e il norvegese Roald Amundsen affascinarono il mondo con la loro corsa al Polo Sud, il territorio è stato il parco giochi di scienziati e avventurieri (e pinguini). Il 70% dell'acqua terrestre è qui, congelata in lenzuola bianche spesse fino a 5 chilometri. Il continente è rozzamente separato dalle Montagne Transantartiche; la parte Est è più grande e più fredda di quella Ovest, molto più vulnerabile al pericolo-scioglimento a causa dell'altitudine sotto il livello del mare di molti dei ghiacciai dell'area. Fino a non molto tempo fa erano pochi gli scienziati che si preoccupavano di questa parte del mondo. Insomma, è la parte più fredda del pianeta e non si è mai scaldata più di tanto. Si pensava, poi, che fosse immune al riscaldamento delle acque grazie a una corrente che circondava il continente, isolandolo dal resto del pianeta. Il più recente studio del Pannello Intergovernativo delle Nazioni Unite (IPCC) dedicato al climate change (le sue pubblicazioni costituiscono la regola aurea per gli scienziati del clima) prevede una crescita del livello globale dei mari di un metro al massimo entro il 2100, ma non considera quasi per niente l'acqua che potrebbe arrivare dall'Antartide. Le proiezioni dell'IPCC sono molto dibattute, soprattutto perché lo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide e della Groenlandia sono davvero difficili da prevedere. James Hansen, il papà della scienza del global warming, mi ha detto che, secondo la sua opinione, le stime dell'IPCC sono troppo conservative e che il livello del mare potrebbe salire anche di 3 metri. Per Hansen il passato insegna molto: tre milioni di anni fa, durante il Pliocene, il livello di CO2 era simile a quello attuale e le temperature solo leggermente più calde. Il livello del mare, però, era superiore di circa 6 metri: rispetto al passato, quindi, c'è ancora parecchio da sciogliere. I ghiacciai potrebbero contribuire, ma per arrivare a 6 metri l'apporto di Groenlandia e Antartide dovrebbe essere molto più imponente.

Per gli scienziati la Groenlandia è una preoccupazione ovvia. L'Oceano circostante si sta scaldando più velocemente di tutti gli altri del mondo. Lo scioglimento, inoltre, sarebbe visibile da chiunque gettasse anche solo un rapido sguardo sull'area: ogni estate, quando la superficie del ghiaccio si scalda, l'acqua si libera in grandi fiumi blu, alcuni scavano buchi nel ghiaccio che vengono chiamati mulini. E, rispetto all'Antartide, la Groenlandia è molto più raggiungibile: è sufficiente un breve volo dall'Europa verso uno dei tanti villaggi di pescatori della costa. Puoi visitare il ghiacciaio Jakobshavn e tornare in albergo in tempo per la cena. Negli ultimi anni, però, le cose si sono fatte strane in Antartide. Il primo evento allarmante è stato il crollo improvviso della calotta Larsen B, vicino alla Penisola Antartica. Una calotta è una sorta di estensione che cresce alla fine di un ghiacciaio, nel punto dove si incontra con l'acqua. I ghiacciai vicino a Larsen B, un po' come quasi tutti quelli della zona Antartica, sono conosciuti come marine-terminating glaciers: sono in gran parte sommersi. Il crollo delle calotte non contribuisce all'innalzamento del livello del mare, ma svolge un importante compito di sostentamento. Dopo la scomparsa della calotta Larsen B, i ghiacciai circostanti hanno iniziato a sciogliersi a una velocità otto volte superiore al passato. «Ci siamo ritrovati a dire: “Che diavolo sta succedendo qui?”. Ci siamo accorti che i ghiacciai sono molto più sensibili di quanto pensassimo», mi ha detto Ted Scambos, a capo del National Snow and Ice Data Center di Boulder, in Colorado. Per fortuna, i ghiacciai vicino alla calotta B non sono molto grandi e l'innalzamento del livello del mare non ha determinato problemi urgenti. L'evento, però, ha spinto gli scienziati a guardare con più attenzione alla situazione di tutta la zona. Guardando le immagini satellitari, è stato facile notare il restringimento delle calotte di tutto il continente, soprattutto nella parte Ovest. Non è stato facile capire perché, ma le temperature non sembravano aumentate di molto. L'unica spiegazione possibile era l'Oceano: gli scienziati hanno scoperto che, a causa dei cambiamenti nei venti e nel movimento delle acque oceaniche, correnti più calde erano arrivate sotto le calotte, sciogliendole. «Un grado in più è un grosso pericolo per un ghiacciaio», dice Alley, uno scienziato della Penn State University. Più avanti è diventato chiaro che in Antartide stavano succedendo molte cose strane. Le calotte si assottigliavano sempre di più, mentre alcune correnti d'acqua calda scorrevano sotto i ghiacciai che si muovevano sempre più velocemente. Tutto il continente è su una strada drammatica: davvero la più grande minaccia per le città costiere è l'Antartide, e non la Groenlandia? Se tutta la Groenlandia dovesse sciogliersi, il livello del mare crescerebbe di 7 metri. Se dovesse succedere in Antartide, sarebbero 60. «Questa zona è sempre stata l'elefante addormentato. Beh, ora si sta svegliando», dice Mark Serreze, anche lui a capo del National Snow and Ice Data Center.

« Negli ultimi anni in Antartide i ghiacciai circostanti hanno iniziato a sciogliersi a una velocità otto volte superiore al passato »

Catastrofe in 5 atti

Diversi studi sostengono che in Antartide l'Oceano surriscaldato stia facendo sciogliere i ghiacciai da sotto, evento che potrebbe scatenare crolli improvvisi e un innalzamento del livello del mare. Un glaciologo ha affermato: « Abbiamo passato il punto di non ritorno » . Ecco come il processo potrebbe svolgersi.

1 - Nasce il ghiacciaio
Poco più di 100mila anni fa, il ghiaccio ha iniziato a formarsi sui pendii della piattaforma continentale che oggi costituisce l'Antartide occidentale. Catastrofe in 5 atti nasce il ghiacciaio
2 - Il ghiaccio diventa più spesso
Con il successivo calo delle temperature, il ghiaccio è aumentato di spessore facendo abbassare il livello del terreno sotto il ghiacciaio. Catastrofe in 5 atti il ghiaccio diventa più spesso
3 - Il riscaldamento dell'oceano
Il riscaldamento del clima influisce sugli oceani. L'acqua scioglie il ghiaccio da sotto e causa la rottura della piattaforma di ghiaccio. Catastrofe in 5 atti il riscaldamento oceano
4 - Il ghiacciaio si spezza
Il ghiacciaio, senza più appoggio, è destabilizzato e il ghiaccio inizia ad incrinarsi. L'acqua filtra dentro le fratture e accelera il processo. Catastrofe in 5 atti il ghiacciaio si spezza
4 - Il crollo ha inizio
Senza più una piattaforma e con il ghiaccio incrinato, il ghiacciaio comincia a crollare. Così facendo, arretra verso il continente e le sue pareti diventano sempre più alte e fragili. Maggiore è la velocità con cui avvengono i crolli, più instabile è il sistema, in quella che viene definita "ritirata incontrollata". Catastrofe in 5 atti il crollo ha inizio

Le ricerche scientifiche

L a prima persona a comprendere i rischi della situazione è stato l'eccentrico glaciologo dell'Ohio John Mercer. Cresciuto in una piccola cittadina inglese, Mercer ha visitato l'Antartide a metà degli anni '60. All'epoca gli scienziati stavano ancora iniziando a capire la correlazione tra le emissioni di CO2 e il riscaldamento globale; sapevano che i ghiacciai si erano gonfiati o ristretti nel corso del passato, e sapevano che questo aveva innalzato il livello del mare, ma è stata la scoperta della correlazione di questi eventi con una minima oscillazione dell'asse terrestre a suggerire come i ghiacciai siano più sensibili del previsto all'aumentare delle temperature. I nuovi strumenti tecnologici, inoltre, hanno permesso agli scienziati di capire che i ghiacciai non sono blocchi monolitici, ma strutture complesse fatte di fiumi di ghiaccio, ognuno con una sua direzione. Alla fine degli anni '60, Mercer è stato probabilmente il primo scienziato a fare una domanda ancora fondamentale: quanto è stabile l'Antartide, in un clima riscaldato dall'uso continuo di combustibili fossili?
Il suo interesse era rivolto principalmente alla zona Ovest. A quanto è dato sapere, nessuno ha messo piede da quelle parti fino al 1957, l'International Geophysical Year, una collaborazione tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica per espandere i confini della ricerca scientifica. Un team di studiosi si è avventurato tra i ghiacciai della zona Ovest dell'Antartide, tra cui il Thwaites; dopo una serie di scavi hanno scoperto che il terreno sottostante era sottoposto alla pressione del peso di ghiaccio accumulato in milioni di anni. «Immagina una zuppiera gigante riempita di ghiaccio», mi dice Sridhar Anandakrishnan, un esperto della Penn State University.

Seguendo la metafora della zuppiera, i bordi dei ghiacciai – il punto in cui si separano dalla terra e iniziano a galleggiare – sono sospesi sul bordo della caraffa a 300 metri sotto il livello del mare. Gli scienziati la chiamano grounding line: sotto al bordo il terreno scivola su una linea discendente per centinaia e centinaia di metri. Nelle parti più profonde del bacino il ghiaccio è spesso 3 chilometri. Negli anni '50, ben prima di aver capito i rischi del riscaldamento globale, la scoperta fu considerata poco più che un particolare interessante sulla struttura dell'Antartide.
Poi, nel 1974, Hans Weertman, uno scienziato della Northwestern University, ha scoperto che questi ghiacciai erano molto più vulnerabili del previsto. Ha anche coniato un termine specifico per il fenomeno: marine ice-sheet instability. Weertman scoprì che l'acqua più calda dell'Oceano poteva penetrare nella grounding line, sciogliendo il ghiaccio da sotto. Se lo scioglimento fosse avanzato più rapidamente del congelamento – ed è quello che sta succedendo adesso – il ghiacciaio si sarebbe staccato dal terreno per cominciare a ritirarsi, un po' come una valanga. Più il ghiacciaio è sott'acqua, maggiore è il rischio di esposizione all'acqua calda, e questo determina l'aumento di velocità di tutto il fenomeno. Altre parti del ghiacciaio, contemporaneamente, cercano di galleggiare, aumentando lo stress sulla struttura, fino a romperla. Una volta avvenuta la frattura, una grande quantità di ghiaccio si sarebbe riversata nell'Oceano. Senza neanche volerlo, Weertman aveva scoperto il meccanismo dietro a una possibile catastrofe naturale.
Mercer ha visto per primo le implicazioni delle scoperte di Weertman. In un saggio del 1978 intitolato Le lastre di ghiaccio dell'Antartide e l'effetto serra: un possibile disastro si è concentrato sulle lastre che sostengono i ghiacciai dell'Antartide occidentale. Sono le più sottili e sarebbero le prime a subire l'effetto delle acque calde fino a staccarsi. Quando succederà, non solo non riusciranno più a ridurre lo scivolamento dei ghiacciai nell'acqua, ma ne cambieranno anche l'equilibrio, causandone il galleggiamento lontano dalla grounding line. Mercer, inoltre, era convinto che la situazione fosse più instabile di quanto pensasse Weertman. «Ritengo che un disastro ambientale – causato da un rapido innalzamento del livello del mare dopo la deglaciazione dell'Antartide Ovest – sia imminente», ha scritto, prevedendo inoltre che «l'evento sommergerà gran parte della Florida e dell'Olanda». Mercer non poteva indicare un orizzonte temporale preciso, ma secondo i suoi calcoli la situazione poteva degenerare in circa 50 anni. Praticamente adesso.

Nel momento in cui scrivo questo articolo la calotta Larsen C si sta staccando e presto galleggerà nell'Oceano che circonda l'Antartide. L'evento, però, non è necessariamente un disastro come potrebbe sembrare. Tutta l'attenzione che sta ricevendo la calotta è figlia della natura “mediatica” della frattura: è gigantesca, facile da fotografare e da raccontare.

La frattura della calotta C, nel contesto dell'Antartide, è l'equivalente geologico di un'unghia spezzata. Questo, però, non significa che non avrà conseguenze: viviamo in un momento spaventoso e anche i migliori scienziati del mondo hanno difficoltà a capire il fenomeno.

Il collasso di queste calotte è il primo segno del disastro, o almeno questo è quello che sosteneva Mercer. La notizia è finita sulle prime pagine di tutti i giornali, un segno dell'imminente caos in Antartide.
Ma potrebbe anche non andare così. «Le calotte si rompono continuamente, a volte non è un grosso problema», dice Alley, studente di Mercer ai tempi dell'Ohio State University. «Tutto dipende dalla reazione dei ghiacciai circostanti». Alley ha spiegato che i ghiacciai vicino alla calotta C sono piuttosto piccoli, e anche se si sciogliessero più rapidamente del previsto, provocherebbero un innalzamento del livello del mare di solo qualche centimetro. Per farla breve: questa frattura non è quello che Alley chiama «un disastro da fine del mondo, urla e gente terrorizzata». D'altra parte, però, questo non significa nemmeno che un disastro del genere non sia scritto nel futuro del continente ghiacciato. Alley è un uomo strano: ha una grossa barba, conserva un hula-hoop nel suo ufficio ed è famoso per la sua imitazione di Johnny Cash. Quando era ancora uno studente a Ohio State, parlava spesso con Mercer. Ha letto il suo saggio sui rischi del collasso dell'Antartide, e ne è rimasto ossessionato. «Aveva ragione?» ha chiesto a un gruppo di scienziati durante una recente conferenza. «Ho sempre pensato che avremmo accumulato abbastanza informazioni prima che la situazione diventasse troppo grave. Abbiamo fallito nel non sfruttare le scoperte di John Mercer?».

« Nessuno ha mai visto una cosa simile. Un ghiacciaio si scioglie lentamente, ma può incrinarsi in modo molto rapido »

Le nuove tecnologie

L a tecnologia satellitare ha permesso agli scienziati di osservare nel dettaglio quello che sta succedendo nella parte Ovest dell'Antartide, e le informazioni raccolte confermano le ipotesi di Mercer. Dallo Spazio è possibile misurare i cambiamenti nello spessore del ghiaccio e anche la velocità del ritiro di ghiacciai come il Thwaites. Le notizie, purtroppo, non sono buone. Nel 2014 due scienziati (Eric Rignot della NASA e Ian Joughin dell'Università di Washington) hanno pubblicato due studi diversi, ma dalle conclusioni analoghe. Come scrive Joughin: “Le nostre simulazioni confermano che il processo di scioglimento del ghiacciaio Thwaites sta già avvenendo da tempo". Rignot è stato ancora più chiaro: “Nella parte Ovest dell'Antartide abbiamo passato il punto di non ritorno".
Alley ha speso gran parte della sua carriera scientifica studiando le dinamiche del ghiaccio: come si muove sotto pressione e come si comporta se scaldato. Il collasso della calotta Larsen B lo ha sorpreso e turbato: non si è solo spezzata, si è disintegrata in poche settimane. «Nessuno aveva mai visto una cosa del genere», dice. «Abbiamo capito che un grosso pezzo di ghiaccio si scioglie lentamente, ma può fratturarsi molto, molto rapidamente».
Dopo il collasso della calotta Larsen B, Alley si è ritrovato a pensare sempre di più alla profezia di Mercer, soprattutto relativamente al ghiacciaio Thwaites. Sapeva che la parte anteriore del Thwaites misura 144 chilometri in lunghezza e 550 metri in altezza (90 sono sommersi sott'acqua). La pressione dell'Oceano sostiene la parte sommersa del ghiacciaio, ma il resto è sorretto solo da alcune lastre di ghiaccio. Alley sa perfettamente che se il ghiacciaio dovesse ritirarsi, la parte anteriore diventerebbe sempre più alta. Quanto può andare avanti questo processo prima che crolli tutto? Secondo Alley, quando il Thwaites si ritirerà completamente potrebbe arrivare fino a 2 chilometri di altezza, il doppio di El Capitan, la famosa montagna di Yosemite. Pensate a gigantesche scogliere di ghiaccio che crollano nel mare. È un'immagine surreale, e anche il più scarso sceneggiatore di film catastrofici la considererebbe assurda. Ma Alley continua a chiedersi se tutto questo sia davvero possibile. E qualora lo fosse, tra quanto succederà?

Come molti scienziati del clima, Alley è sempre stato affascinato dal crollo del ghiacciaio Jakobshavn in Groenlandia. Si tratta del ghiacciaio in movimento più veloce del mondo, scivola nel mare con una velocità di 24 chilometri annui. Se avete visto le drammatiche immagini di un ghiacciaio che si scioglie, probabilmente era proprio il Jakobshavn. Alcuni anni fa, mentre lavoravo a un'altra storia, mi è capitato di girarci attorno in elicottero. Le profonde crepe sulla superficie blu zaffiro mi hanno sconvolto: ho potuto osservare un gigantesco pezzo di ghiaccio crollare nel mare. Adesso so di aver assistito a un classico esempio di collasso. Non è una semplice rottura, è un'implosione.
Ci sono moltissimi fattori che influenzano la velocità di scioglimento, e Alley lo sa meglio di chiunque altro. Uno dei più importanti è la resistenza del ghiaccio stesso: sono molte le differenze tra Jakobshavn e Thwaites. Il secondo è infinitamente più grande e non subisce la stessa frizione del primo. Se dovesse crollare, quindi, lo farebbe molto più velocemente. E, soprattutto, Jakobshavn non è posizionato sul bordo di un bacino d'inversione come Thwaites. Può collassare velocemente, certo, ma non ha la stessa funzione limitante del cugino d'Antartide. L'unica cosa che hanno in comune è che la loro integrità strutturale è determinata dalla classica fisica del ghiaccio.
Le pareti di ghiaccio dello Jakobshavn sono le più alte del pianeta, misurano oltre 90 metri. Alley e altri scienziati hanno scoperto che le pareti dei ghiacciai vicini al mare hanno un limite strutturale esattamente di quella misura, se fossero più alte collasserebbero sotto il loro stesso peso. Alley si è reso conto che la struttura interna di Thwaites non potrebbe mai reggere un'altezza del genere. In altre parole, un ghiacciaio alto meno di 90 metri è relativamente stabile; superata questa soglia, no. Come mi ha detto lo stesso Alley, «da lì in poi è tutto un collassare, collassare, collassare».

« Secondo Alley, quando il Thwaites si ritirerà completamente potrebbe arrivare fino a 2 chilometri di altezza »

Un software per prevedere la catastrofe

U n giorno, lo scienziato si è ritrovato a pensare a un problema che Dave Pollard e Rob DeConto, due colleghi, avevano con il loro modello climatico. I due hanno collaborato diversi anni per sviluppare un modello in grado di capire l'impatto dei combustibili fossili sul riscaldamento della Groenlandia e dell'Antartide. Si tratta di software che cercano di prevedere come si svilupperanno i processi fisici del mondo naturale. Rispondono a domande come questa: se la temperatura aumentasse di un grado, quanto salirebbe il livello del mare? Non è un problema semplice, richiede di calcolare il modo in cui il ghiaccio riflette la luce solare e anche l'impatto dell'aumento di temperatura sull'espansione dell'Oceano Atlantico. I software sono migliorati molto negli ultimi decenni, ma non possono ancora simulare tutti i processi fisici del mondo.
Un modo per capire se un modello funziona sul futuro è vedere se riesce a ricreare il passato. Una volta fatta questa verifica, si può fare un relativo affidamento su quello che dirà dei prossimi avvenimenti. DeConto e Pollard hanno cercato per anni di riprodurre il Pliocene, l'epoca geologica in cui i livelli di CO2 nell'atmosfera erano molto simili a quelli attuali. Ma, nonostante numerosi tentativi, non sono riusciti a replicare la velocità con cui si sono sciolti i ghiacciai in quel periodo. «Nella dinamica del nostro modello mancava qualcosa. Ne eravamo sicuri», dice DeConto.

Alley ha suggerito di inserire nel modello l'integrità strutturale del ghiaccio stesso. I due hanno seguito il consiglio e l'idea ha funzionato. Era questo il meccanismo mancante, il loro modello aveva finalmente raggiunto il grado di precisione necessario.
I due, quindi, hanno subito usato il software per capire cosa succederà nel prossimo futuro. Quello che hanno scoperto è che, in uno scenario ad alte emissioni di anidride carbonica (cioè lo scenario attuale), il livello del mare si alzerà di un metro da qui al 2100, principalmente a causa di quello che succederà nella zona Ovest dell'Antartide. Aggiungendo il contributo della Groenlandia e l'espansione degli oceani, l'aumento complessivo è di quasi 2 metri, il doppio rispetto a quanto previsto dall'IPCC.
Per chi abita a Miami o in qualsiasi altra città costiera, la differenza tra 1 o 2 metri è la differenza tra una città vivibile e una totalmente sommersa – miliardi di dollari di proprietà immobiliari, per non parlare delle vite dei 145 milioni di persone che abitano 1 metro sopra il livello del mare, soprattutto in zone povere come il Bangladesh o l'Indonesia. La differenza tra 1 metro o 2 è la differenza tra un'evacuazione costiera e un disastro umanitario. Per molte isole del Pacifico è la differenza tra la sopravvivenza e l'estinzione. .
Certo, DeConto e Pollard potrebbero sbagliarsi. Magari c'è qualcosa che sta rallentando il collasso e che non hanno considerato. Alley si chiede se il crollo del ghiacciaio possa creare una sorta di “traffico” di calotte – lo chiama mélange – in grado di sostenere le pareti e rallentare il processo. Christianson e altri stanno controllando la zona circostante per scovare irregolarità che potrebbero bloccare il disastro per un secolo o due. DeConto è molto interessato al firn, lo strato di neve compattata che ancora non è diventata vero e proprio ghiaccio. «Il modo in cui si combina con l'acqua degli scioglimenti potrebbe seriamente rallentare le fratture», dice. Ma, come avverte lo stesso DeConto, potrebbe anche accelerare tutto. L'incertezza attraversa tutte le ipotesi in campo, e una volta che il collasso della parte Ovest inizierà, potrebbe continuare fino a provocare un innalzamento di circa 4 metri. La minaccia, comunque, è chiarissima. In un mondo razionale la sola esistenza di questi rischi porterebbe a un immediato taglio dell'inquinamento da carbone e all'attivazione di investimenti nella ricerca. Gli americani, invece, hanno eletto un Presidente convinto che il climate change sia una truffa, che non vede l'ora di aumentare il consumo di combustibili fossili e che ha nominato come Segretario di Stato il CEO della compagnia petrolifera più grande del mondo. Un Presidente che vuole tagliare i fondi alla ricerca e spendere 70 miliardi di dollari per costruire un muro sul confine messicano.

« Abbiamo a che fare con eventi che nessun essere umano ha mai visto prima. Non è mai successo niente del genere »

Il mondo politico

D opo il ritorno di Kerry dall'Antartide, abbiamo parlato degli attacchi dell'amministrazione Trump agli scienziati del clima (e della cancellazione di ogni riferimento al tema sul sito della Casa Bianca). «Sono sconvolto, è un momento quasi luddista», dice Kerry. «Non fanno altro che sottolineare la scioccante assenza di informazioni che attraversa tutte le loro decisioni. Come se togliere tutto dal sito risolvesse il problema. È davvero ridicolo, faccio fatica a commentare una cosa del genere. Davvero. Mi sembra qualcosa di altamente simbolico, la dimostrazione di quanto l'ignoranza sia pericolosa per il nostro Paese e per il mondo». Nessuno può dire esattamente per quanto tempo ancora resteranno in piedi i ghiacciai della parte Ovest dell'Antartide. «Non sappiamo quanto velocemente possa succedere tutto», ha detto Alley con un'aria preoccupata. «Abbiamo a che fare con eventi che nessun essere umano ha mai visto prima. Non è mai successo niente del genere». Quello che è sicuro è che il collasso dell'Antartide dell'Ovest sta già avvenendo, accelerato dai 200 anni di consumo eccessivo di combustibili fossili.
Tutti i proprietari di una casa a Miami e i contadini del Bangladesh vivono alla mercé della fisica del ghiaccio. Alley non userebbe mai queste parole: ma in questa parte dell'Antartide, gli scienziati hanno scoperto la miccia di una catastrofe.