Mio papà è Marco Castoldi, ma in tanti lo conoscono soltanto come Morgan, il suo nome di scena. E lui è una persona assurda e unica. Non un personaggio, una persona. È assurda perché ha fatto della sua vita una forma d’arte. Ed è unica perché non solo ci è riuscito, ma l’ha resa un capolavoro.
Oggi, per i suoi 50 anni, vorrei ringraziarlo. A mio modo, naturalmente. Innanzitutto per avermi dato l’opportunità di conoscere questo pianeta incredibile con uno sguardo originale. Avendo lui come papà ho avuta ben chiara fin da subito l’importanza vitale dell’arte, che sperimentavamo ogni giorno insieme nelle sue svariate forme, dal gioco più libero senza regole alla serietà dell’ascolto di un brano di Bach. Ma anche invertendo le cose: giocando seriamente e seriamente giocando.
Papà, per esempio, mi ha regalato tutti i libri di Bruno Munari che ho sempre custodito con calore, tra cui I prelibri, che sono stati fondamentali per lo sviluppo del mio cervello, almeno dai miei primi ricordi d’infanzia. Lo ringrazio per essersi curato di circondarmi di giochi di qualsiasi misura e tipologia, una enorme rete di stimoli, tra cui esercizi cognitivi e sensoriali che mi hanno aperto le porte della percezione.
Sono grata di tutto ciò che mi ha trasmesso e che mi ha portata ad avere una visione del mondo cosi aperta, curiosa e spontanea.
Oggi tutti questi stimoli li porto dentro, con la consapevolezza di ciò che sono (e anche se non saprei autodefinirmi appieno gli sono grata, ma d’altronde anche lui è indefinibile). Sicuramente, però, la sensibilità, la fantasia, l’amore e l’arte sono tutti elementi che ho sviluppato grazie a mio papà, visto che li ho avuti di fronte agli occhi e li ho potuti toccare con mano fin da piccolissima. Come quando abbiamo registrato insieme il brano U-Blue e avevo soltanto 5 anni. Quello rappresenta esattamente il tipo di rapporto che abbiamo sempre avuto: spontaneo, creativo e dolce. È stato un momento che si è materializzato e cristallizzato nell’arte rendendolo eterno nel tempo. Ancora adesso se lo riascolto mi commuovo, riaccedendo a quelle sensazioni.
Mi ha anche dedicato altri brani, come The Baby, perché, in fondo, piuttosto che le parole il nostro modo di comunicare è tramite l’arte (spesso papà per dirmi che gli manco o qualsiasi altra cosa mi manda una canzone o una poesia). L’arte è un linguaggio a sé stante che non si può tradurre, ha una profondità illimitata poiché può raggiungere l’ineffabile, e perciò questi sono i regali più grandi che mi potesse mai fare.
Come da piccola in quelle attività creative, ancora oggi coltiviamo il nostro rapporto e la nostra anima in questo modo: scrivendo poesie seduti in mezzo alla strada o improvvisando canzoni, che portano al loro interno i drammi e le bellezze della quotidianità di ciò che ci circonda. Creando ci ricreiamo, passando per le emozioni che ci riempiono e innescano una connessione energetica meravigliosa, una pausa dalla vita che a volte ci può sopraffare.
Buon compleanno papà. Sono 50. Ma ti ricordi quando io avevo 11 anni, andammo insieme a cena a Milano e una signora ne stava compiendo proprio 50? E tu, insieme agli auguri, le mettesti un dito nella torta e poi ce ne andammo via tutti sorridenti…
Auguri Marco, il mio papà, sei sempre il più punk e io ti amo per questo!