L’odissea burocratica di un papà (non riconosciuto) a Tel Aviv
«Dante ha un mese e mezzo, ha la mia bocca e il naso della madre. Sulla carta, però, non è mio figlio: in Israele non mi permettono di riconoscerlo. E io mi sento meno goffo e fuori di testa, così come facciamo sentire tutti gli stranieri che chiedono diritti, vittime accusate di vittimismo, eccessivi nei loro strilli contro lo Stato»