Nella prima edizione del 1992 del Dizionario ragionato dei musicisti cinematografici, redatto dal giornalista Ermanno Comuzio, Angelo Badalamenti veniva definito come: “Un buon esponente delle nuove leve”. Fino a quel momento storico, la musica per il cinema si era contraddistinta per la sua conformazione prettamente orchestrale, rispettando i canoni di quella che era stata la sua evoluzione romantica e melodica, ma Angelo Badalamenti era figlio di un nuovo modo di concepire la musica per immagini in cui l’orchestra non era più il centro da cui partire, ma una fonte sonora da poter ampliare in differenti forme e funzioni.
Cresciuto in una famiglia di jazzisti (il cugino di suo padre Vinnie Badale fu membro dell’ensemble di Benny Goodman e Harry James e trombettista nella composizione di alcune colonne sonore), la formazione di Badalamenti si contraddistinse per le molteplici attività compositive che riuscì ad intraprendere nei suoi primi anni da musicista, dalle prime sonorizzazioni per immagini fino alla scrittura di alcune canzoni diventati celebri in seguito come Another Spring interpretata da Nina Simone.
Come raccontato in un’intervista rilasciata a suo nipote, Frances Badalamenti: «Scrivevo per il cinema molto prima di sapere di essere un compositore di colonne sonore. Ho sempre scritto musica, componendo in una vasta gamma di generi. Sono persino tornato su alcuni di quegli scritti molti anni dopo, e alcuni erano in realtà abbastanza buoni. Arrangiavo e orchestravo. Durante le estati libere dal college, andavo a lavorare a Catskills, noto anche come Borscht Belt, nelle famose località di quell’epoca. Ho suonato il piano per comici, cantanti, ballerini, tutti i tipi di spettacoli. Ho dovuto suonare molti standard, imparando una vasta gamma di musica».
L’influenza dei club e della successiva esperienza nella culla della sperimentazione teatrale che fu Off-Broadway lo fa gravitare all’interno del processo evolutivo che stava iniziando all’interno della colonna sonora classica. L’avvento di nuove strumentazioni e le ambientazioni noir spingevano la musica nel raccontare gli aspetti più oscuri dei personaggi narrati, non mettendone in risalto solo la loro funzione eroica ma anche il costante perdersi nell’oblio, elemento che stava diventando sempre più centrale nel cinema di un nuovo regista, David Lynch. L’incontro che cambia le carte in tavola avviene durante la realizzazione di Velluto blu. Angelo Badalamenti, che già aveva lavorato in alcune produzioni televisive agli inizi degli anni ’70, viene contattato per svolgere il ruolo di vocal coach di Isabella Rossellini, che nel film dovrà interpretare Dorothy Vallens, cantante di un night club che si deve esibire proprio nel classico di Bobby Vinton, Blue Velvet.
Dopo molteplici ore di lavorazione, quello che Badalamenti consegnerà a Lynch sarà un’opera di sinfonismo noir in cui suoni inquietanti ed echi misteriosi caratterizzano la trama nei suoi aspetti più intrinseci e nascosti, fondendo per la prima volta orchestrazione classica con nuovi elementi di elettronica applicata.
«David ed io siamo stati fortunati ad avere un ottimo rapporto creativo. Di solito lo chiamo un match made in Heaven. Per quanto riguarda il processo, ho realizzato Blue Velvet in modo tradizionale, e cioè: un regista ti mostra un film per lo più montato e poi tu lo componi, ma la gran parte della musica di Twin Peaks invece fu realizzata prima che iniziassimo le riprese. David suonava persino le demo e faceva muovere gli attori al ritmo della musica. Ammettiamolo, pochissime volte un regista e un compositore si sono davvero trovati perfettamente in accordo, come una vera e propria squadra. È come Danny Elfman e Tim Burton, Alfred Hitchcock e Bernard Herrmann o Sergio Leone ed Ennio Morricone».
La colonna sonora di Velluto blu diventa il modello espressivo per la musica lynchana e la voce di Julee Cruise il collante tra la visione sonora e quella narrativa, l’aspetto onirico musicale che dà vita a un nuovo personaggio. Nello scorrere della loro collaborazione, che permetterà ad Angelo Badalamenti di creare un proprio timbro narrativo e sonoro aprendo la strada a nuovi giovani compositori che si affacciavano per la prima volta al cinema (come Trent Reznor, che lui stesso introdurrà in Strade perdute), la conformazione dei personaggi diventa sempre più centrale, sino alla caratterizzazione sonora che si vedrà in Twin Peaks, diventando un modello di imprinting sonoro che si potrebbe paragonare alla stessa alchimia tra John Williams e George Lucas nella saga di Star Wars.
Nella sua formazione quasi antologica, Twin Peaks diede la possibilità a Badalamenti di creare per ogni personaggio un tema che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua formazione narrativa, anticipandone elementi, mostrandone l’anima in continua mutazione. «David sentiva che la musica di Twin Peaks avrebbe dovuto coprire una vasta gamma di stati d’animo: tristezza, passione, estasi, amore, tenerezza e violenza. Voleva che la musica fosse oscura e astratta. Mi ha chiesto delle tracce che strappassero il cuore alle persone», come dichiarato in un’intervista con il giornalista danese Andreas Halskov. Il tema di Laura Palmer (Laura Palmer’s Theme) ha creato l’intera identità musicale della serie: ha introdotto un elemento oscuro, misterioso e inquietante, un leitmotiv che si riferiva totalmente alle emozioni cangianti di Laura Palmer, diventando scuola anche per il cinema odierno, come si può vedere dalla affinità tra questa composizione e il tema di Blonde composto da Nick Cave e Warren Ellis.
Michael Tedder ha scritto nel 2017 su Esquire: «Insieme hanno creato una colonna sonora che era spesso serena e bella come le immagini della cascata che vediamo in apertura. La musica trasudava da ogni poro dello spettacolo, sia che stessimo assistendo a un’esibizione al Roadhouse sia che stessimo scoprendo il corpo di Laura Palmer avvolto nella plastica».
Angelo Badalamenti è scomparso ieri, lasciando in eredità un nuovo modo di concepire la musica per il cinema e spingendo le sue possibilità non solo attraverso la ricercatezza musicale, ma sposando l’anima narrativa dei personaggi scandendone gli attimi di vita in scena proprio come avviene anche in teatro, culla della sua formazione. «Quando andavo al cinema da giovane, ero attratto principalmente dal genere noir. C’era qualcosa di molto oscuro e inquietante in quei film che mi hanno ispirato, che mi è rimasto davvero impresso». Un uomo canta una canzone, tra questo mondo e l’altro: Fuoco cammina con me.