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Nome che più Hollywood royalty non si può a parte, l’attrice compie 50 anni proprio nel giorno di uscita (su Amazon Prime Video) della sua opera prima One Night in Miami, per cui ci sono già rumors di nomination agli Oscar. E che, come tutti i progetti di Regina, parla alla e della comunità nera. Ecco il best of di King tra cinema e tv, dagli esordi con John Singleton alla consacrazione tra Academy Award e Watchmen.
Per la serie “forse non tutti sanno che…”, King ha fatto il suo debutto sul grande schermo nel coming-of-age drama cult di John Singleton che su tre ragazzi che, alla fine delle superiori, cercano di fuggire dal quartiere violento di South Central Los Angeles in cui sono cresciuti. Regina è tra i supporting nel ruolo di Shalika, la tipa della porta accanto che non le manda a dire e ha poche battute ma buone (vedi sequenza nell’auto di Doughboy – Ice Cube – e scena del barbecue). Poi, sempre con Singleton, King gira Poetic Justice, accanto a Tupac e Janet Jackson, e L'università dell'odio. Girl n the hood.
Dopo film che l’hanno fatta conoscere al grande pubblico, vedi Jerry Maguire (in cui interpretava la moglie di Cuba Gooding Jr., che vinse l’Oscar) e Nemico pubblico con Will Smith, King inizia a raccogliere ottime parti da non protagonista. La consacrazione arriva anche grazie al biopic su Ray Charles starring Jamie Foxx (per cui pure lui si porta a casa la statuetta) e all’interpretazione fiera e intensa di Regina nei panni della prima corista di Ray, Margie Hendricks. Che però era soprattutto amante e musa dell'artista.
Dopo Southland, la serie più longeva a cui la nostra abbia partecipato (ma che in Italia non ha mai sfondato), Regina ha portato sullo schermo un personaggio diverso per ognuna delle tre stagioni di American Crime (da non confondere con American Crime Story di Ryan Murphy), tra casi di violenze sessuali e abusi di migranti. E sono arrivati due Emmy consecutivi come miglior non protagonista in una miniserie.
King è stata pure nel cast di uno dei titoli più rilevanti degli ultimi 10 anni: The Leftovers, tratta dal romanzo di Tom Perrotta e creata da Damon Lindelof. La serie si concentrata sulla vita di un paio di famiglie dopo la scomparsa improvvisa del 2% della popolazione mondiale dalla faccia della Terra. E Regina debutta nella seconda stagione: è un medico la cui vita è stata praticamente distrutta dall’accaduto. Ma con Lindelof, il meglio doveva ancora venire (vedi più avanti).
Altro giro, altra serie per cui King viene premiata. Seven Seconds racconta profeticamente la rabbia della comunità e l’esplodere delle tensioni razziali dopo che un adolescente afroamericano viene investito da un poliziotto bianco e lasciato lì a morire, mentre i colleghi delle forze dell’ordine insabbiano tutto. Regina avrebbe dovuto interpretare il sostituto procuratore, ma la creatrice Veena Sud ha voluto a tutti i costi che impersonasse la madre del ragazzino, perché «è il punto d’ingresso emotivo della storia ed è l’attrice ideale per questo». Aveva ragione: King si porta a casa un altro Emmy.
Barry Jenkins (quello di Moonlight) adatta il celebre romanzo di James Baldwin sull’incarcerazione di massa degli afro-americani negli anni ’70, e il film viene nominato per 3 Golden Globe, 3 Academy Award e 5 Critics’ Choice Award. King vince il suo primo Oscar da non protagonista con un’altra storia black, di nuovo nei panni di una madre-coraggio: quella di Tish (KiKi Layne), impegnata a dimostrare l’innocenza del fidanzato della figlia ingiustamente accusato di stupro. Il ruolo (e il premio) che cementa la sua fama di supporting di super lusso.
Damon Lindelof regala a King il personaggio dei sogni: quello dell’ex detective della polizia di Tulsa Angela Abar, rimasta orfana da piccola e con un’eredità ingombrante, e del suo alter ego, Sister Night, una bad-ass che massacra i cattivi. Regina è la prima donna afro-americana protagonista di un superhero drama prodotto da un grande studio (HBO), diventato subito di culto per l’audacia con cui è riuscito a trasformare l’espansione/sequel/reboot della graphic novel di Alan Moore in una denuncia del suprematismo bianco contemporaneo. Altro Emmy sulla mensola, e dritta nella storia della tv.
Dopo aver diretto episodi di diverse serie come Scandal, This Is Us, Insecure, Shameless e The Good Doctor, King non poteva che debuttare alla regia cinematografica con un film più rilevante che mai nel dibattito post proteste BlackLivesMatter: One Night in Miami, adattamento della pièce di Kemp Powers sull’incontro tra Cassius Clay, Malcolm X, Sam Cooke e Jim Brown. Per riconoscere il ruolo essenziale che ciascuno di loro ha svolto nel movimento per i diritti civili e nello sconvolgimento culturale degli anni Sessanta. E perché le loro conversazioni sull'ingiustizia razziale, la religione e la responsabilità personale risuonano ancora oggi. Manco a dirlo, si parla già di Oscar.
Foto: Patti Perret/Amazon Studios
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