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Dajana Roncione: con Pirandello e Thom Yorke «ho smesso di avere paura»

L’attrice e danzatrice firma per la prima volta una canzone, prodotta dall’ex Radiohead. Il risultato è una performance inserita in ‘Eterno visionario’, il nuovo film di Michele Placido dedicato al drammaturgo e scrittore siciliano. Ci racconta lei stessa la genesi di questa collaborazione

Foto: 01 Distribution

Se c’è una cosa che sto imparando dal mio mestiere complicatissimo è che per poterlo fare al meglio personalmente ho bisogno di poter proporre delle idee artistiche che possano mettermi nella condizione di sentirmi creativa e di correre rischi e che possano testare anche la mia autonomia artistica rispetto alle scelte che verranno prese sul personaggio.

Questo non sempre accade, perché magari ci si trova davanti a registi che non vogliono che tu prenda iniziative (anche se ormai questo accade sempre più raramente), ma in questo caso sono stata fortunata perché questa performance nasce sotto richiesta di Michele Placido, che mi ha invitata a trovare un testo che avrebbe potuto cantare la Figliastra nei Sei personaggi in cerca d’autore. Io ho poi deciso di scrivere questo testo della canzone che lui ha molto apprezzato e voluto inserire nel suo film. Visto che l’opera nasce in un periodo nel quale Luigi Pirandello era influenzato dall’espressionismo in Germania, mi è venuto in mente Metropolis.

Le prime parole del mio testo sono nate dalla sequenza nella quale il personaggio di Maria danza guardata da milioni di occhi maschili, scena a cui anche Michele aveva pensato e che viene citata in Eterno visionario (il film di Placido dedicato a Pirandello nelle sale dal 7 novembre, ndr). Conosciamo tutti la storia della Figliastra, ma mi sono interrogata sul tipo di canzone che avrebbe potuto cantare e, trattandosi di un personaggio di umili origini e probabilmente del Sud, ho pensato a un suo monologo interiore nella sua lingua d’origine.

La sua è una storia di rivendicazione e di prostituzione (la Figliastra viene ingaggiata da Madama Pace, che la convince a prostituirsi per aiutare la madre), per questo ho immaginato i momenti in cui nel bordello venivano scelte le ragazze e quello che Madama Pace diceva loro di fare, un po’ come nel racconto di Dacia Maraini dedicato proprio alla figliastra.

“Petto in fuori, capelli sciolti, bocca rossa, unghia rotte… senza vergogna”. Ho immaginato che queste parole potessero essere il mantra di Madama Pace, che ricordava alle ragazze come comportarsi con i clienti mentre la figliastra nascondeva le sue unghie rotte e la sua vergogna.

“Occhi che mi guardate, vedete me o quella che volete?” è invece quello che si chiede lei. E ho voluto trasformare questo abuso in una forza provocatrice (caratteristica della Figliastra, descritta da Pirandello con una maschera della vendetta) che, andando oltre il dolore, denuncia a gran voce e invita gli uomini ad averla, ma arrivando a deciderlo lei stessa o ingannandosi per poter trovare la forza.

All’inizio pensavo a una canzone a cappella teatrale, senza musica, cruda, cantata sul palco come si farebbe in teatro. Ma, poiché da testo la Figliastra balla, Michele mi ha chiesto una musica che mi permettesse di danzare.

Dajana Roncione ritratta da Umberto Nicoletti

A quel punto mi sono rivolta a Thom [Yorke], gli ho tradotto il testo, ho capito che l’ha amato. Non immaginavo di finire a collaborare con lui, né che diventasse il produttore di questa canzone, ma senza che pianificassimo nulla era diventato un esperimento che intrigava anche lui, perché è affascinato dalla mia cultura siciliana e da Pirandello.

A Thom ho spiegato il tipo di musica che pensavo potesse essere giusto, dandogli dei riferimenti della musica tradizionale: volevo delle percussioni, dei campanelli, un ritmo costante, ripetitivo. Più avanti abbiamo aggiunto il battito delle mani (le mie a un certo punto erano a fuoco) e il coro di voci alte, fino ad arrivare a un urlo, come se quella danza rappresentasse un rito, un esorcismo, una liberazione dalla colpa, dalla vergogna, dall’ingiustizia che la Figliastra vive.

E poi lo stomaco che si intorcina, “’u ventre s’inturciunia”, la verità che si muove dentro la pancia che accoglie il sesso maschile, contorcendosi, creando vita o come in questo caso morte, la morte di una parte di lei quando si sarebbe potuto consumare un incesto con il Padre, anche se di fatto non era il padre biologico, ma quel padre che le dice, dopo aver scoperto che era a lutto del suo vero padre: “Togliamo via subito allora, codesto vestitino!”.

Ho avuto la fortuna di lavorare a questo personaggio in teatro con lo stesso Michele Placido per diversi mesi e mi è sempre rimasto addosso. In qualche modo, anche se non ho vissuto le sue stesse tragiche circostanze, sono vicina a questo tipo di dolore. Chi è costretto a trovare soluzioni in un’età nella quale non si è ancora coscienti di cosa significhi e chi vive in un contesto di estrema povertà non ha colpe, ma comunque pagherà per sempre quelle scelte forzate e forse farà fatica a perdonarsi? Mi sono sempre chiesta questo.

Dajana Roncione nel film di Michele Placido. Foto: 01 Distribution

La Figliastra però non reagisce mai da vittima, quello che vuole è che la sua verità venga vista e denunciata. Ed è da questo bisogno che sono partita. In Eterno visionario Michele ha voluto fare un parallelismo con la vera figlia di Luigi Pirandello, Lietta, che rimane sconcertata alla vista della Figliastra.

Ho poi costruito la danza insieme alla coreografa Laura Ruocco, lavorandoci per qualche settimana, e l’ho proposta a Michele all’inizio delle prove: sono felice di aver avuto la possibilità di proporre qualcosa di creativo che poi ha interessato tutti. Ho lavorato molto sul “sentirmi abbastanza” insieme alla mia acting coach Lucilla Miarelli, perché dovevo trovare quella forza che spesso nascondo e che viene fuori solo quando smetto di avere paura. E così, senza paura e senza vergogna, come dice la canzone, mi sono presa il diritto – grazie anche a Michele che me lo ha concesso – di fare qualcosa che non avevo mai fatto prima: scrivere una canzone, cantarla e ballarla, pur rimanendo sempre un’attrice.

L’approvazione e il supporto di Thom mi hanno ripagato moltissimo. A un certo punto, senza accorgermene, mi sono resa conto di aver seminato qualcosa che stava crescendo: è stato decisamente uno dei lavori più liberi e più artistici a cui ho preso parte finora.

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