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«Non occorre essere intelligenti per recitare: prendete l’ex presidente degli Stati Uniti». Così parlò Cherilyn Sarkisian La Pierre, per tutti Cher, a proposito di Ronald Reagan. Lei però intelligente lo è stata e lo è ancora. Altrimenti non avrebbe messo a segno, anche al cinema, una carriera che l’ha portata fino all’Oscar come miglior attrice (nel 1988 per Stregata dalla luna). Nel giorno del suo compleanno (ma non si dice l’età di una signora, figuriamoci di una tale icona), ecco la sua Top 10 sul grande schermo. Più un cammeo televisivo ancora cult.
La relazione tra Sonny & Cher diventa anche un film, o meglio un musical romantico sullo stile dei duetti del loro show tv. La coppia amoreggia e cazzeggia nei panni di personaggi più o meno celebri: Sonny diventa uno sceriffo del selvaggio West e Cher una piccola squaw, ma soprattutto Sonny & Cher come Antonio e Cleopatra. Dirige (al suo debutto) William Friedkin, sì, quello dell’Esorcista.
Cher esordisce a teatro con questa pièce scritta da Ed Graczyk e diretta da Robert Altman. Che, convinto soprattutto dalla bravura attrici e dopo aver diretto un documentario sulla figura di James Dean, decide di trasformare lo spettacolo in un film. “Un soap-opera di oggi, tra ironia e tragedia” come la definì lo stesso regista al tempo, in cui tre amiche fan scatenate di Jimmy Dean si ritrovano nel negozio di una di loro per commemorare i vent'anni della scomparsa della star.
Meryl e Cher erano già state nello stesso film ben prima di diventare madre e figlia nel sequel di Mamma mia! (vedi più avanti). E non era facile recitare al fianco di una Streep ancora da Oscar (anche se questa volta non lo vinse) nel ruolo di un’operaia in una fabbrica dell’Oklahoma, che diventa sindacalista dopo essere stata contaminata dal plutonio. Ma, in questo grande ritorno di Mike Nichols, Cher ci riesce benissimo nei panni dell’amica e coinquilina Dolly. Insomma, tra dancing queen ci si capisce.
Prima di Wonder e di Julia Roberts, c’erano Dietro la maschera e Cher. Grazie a Peter Bogdanovich che portò sullo schermo la storia vera di Roy Lee Dennis, affetto da una rara malattia che deforma il volto, i cinéphile scoprono che Cher è pure un’attrice con la A maiuscola. Al fianco di Sam Elliott e nei panni della mamma del ragazzo che ama molto il figlio ma affonda il suo dolore nella droga, la popstar vince il premio per la miglior interpretazione femminile a Cannes. Che è un po’ come dire: benvenuta tra noi.
La bionda (Michelle Pfeiffer), la rossa (Susan Sarandon), la bruna (Cher). Più il Diavolo, e mica uno a caso: Jack Nicholson. Un cast che oggi non si potrebbe nemmeno immaginare impazza in questo pastiche comedy-horror ben governato dal George Miller di Mad Max. La Serie A del cinema, che serve alla nostra come trampolino definitivo verso lo stardom hollywoodiano. Incantesimi e macumbe: tutti stregati già prima di… vedi la prossima foto.
Cher ci strega fin dal nome del suo personaggio: Loretta Castorini. Ovvero la vedova di Little Italy che s’innamora ancora: non del nuovo fidanzato in carica, bensì del di lui fratello (un Nicolas Cage a cui, almeno all’epoca, non si poteva resistere). E riesce nell’impresa riuscita a colleghe come Barbra Streisand: da cantantessa pop ad attrice con l’alloro dell’Academy. Che va a prendersi l’Oscar praticamente in mutande, perché lei può.
Un cult generazionale in cui Cher tiene a battesimo due star “in progress”: Winona Ryder e Christina Ricci. Ma la mattatrice è (ancora) lei, madre larger than life tra mise “a coda di pesce” come vuole il titolo e voglia di tenerezza (incarnata dal compiantissimo Bob Hoskins). Magic moment : il balletto in cucina tra mamma e figlie sulle note di If You Wanna Be Happy di Jimmy Soul.
Maggie Smith, Judi Dench, Lily Tomlin, Joan Plowright. E Cher, lady tra le lady del teatro e del cinema. Nella Firenze del ventennio riplasmata, alla sua maniera kitsch-operistica, da Zeffirelli, Cher è Elsa Morganthal Strauss-Armistan (!), americana che ama l’arte e, ancor di più, gli uomini. Fili di perle al collo e cappellini impeccabili, per sedurre il Duce, e noi tutti.
Un non-musical così senza senso che diventa quasi bello. Di burlesque c’è poco o niente, in questo vanity project a servizio dell’ugola di Christina Aguilera. Ma Cher alias Tess, tenutaria del locale Burlesque Lounge (sic), è una magnifica presenza, come sempre. E piazza un brano che, fin dal titolo, è un manifesto della Cher anni 2000: You Haven’t Seen the Last of Me. Come darle torto.
E alla fine Cher diventò la mamma dell’amica Meryl. Le due non si incontrano mai, nel sequel del musicarello campione d’incassi. Ma la parentela “a distanza” è già un clash notevole. Quasi quanto il numero (feat. Andy García) sulle note di Fernando, a sua volta prequel dell’album di cover degli ABBA pubblicato dalla nostra poco dopo. Come dice la canzone: there's no regret (ma altro futuro davanti).
Cher è una delle icone gay più amate di sempre. E quindi non poteva manca un suo cammeo in Will & Grace con una sequenza divertentissima, in cui Jack (Sean Hayes) incontra la popstar in carne ed ossa mentre è fuori a pranzo con la bambola di lei. Lui la scambia per una drag queen, e insegna alla diva come essere una perfetta copia di Cher. Un pezzo di pop culture.
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