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Donna (in tutti i sensi) di Federico Fellini, icona di costume e tv, ma anche interprete versatile e (ancora) sottovalutata, capace di attraversare interi decenni di cinema italiano senza invecchiare mai. Tanti auguri Sandra Milo, classe 1933 e quell'aria da bambina che te lo diciamo ancora: noi ci andiamo matti.
Ridere del boom economico, Dino Risi style. In questa gallery di caricature borghesi tutte rigorosamente in vacanza ad agosto a Riccione, la Milo interpreta la moglie dell’ingegnere Enrico Maria Salerno che non disdegna il corteggiamento altrui, specie se si tratta di un nobile intellettuale fasullo. Un cinecocomero estivo, ma sempre con il garbo che non ci ricordiamo più.
Nel clan allargatissimo, caoticissimo, istericissimo di Muccino, è la vecchia zia un po' svanita che tutti vorrebbero. E anche colei che riesce a mettere un po' di calma nella tempesta (meteorologica e non). L'ultimo ruolo indimenticabile al cinema, giustamente diretto da un erede dei grandi maestri "pop" che l'hanno resa grande.
Altra commedia balneare (e bozzettistica) all'italiana degli anni sessanta senza pretese, in cui diverse storie si intrecciano sul lungomare di Viareggio. Sandra è la sexy venditrice ambulante di dolci che seduce un ciclista spagnolo. Scene da vacanza in Versilia, con contorno osè.
Noir francese su strada, con tanto di gangster in fuga e un giovanissimo Jean-Paul Belmondo (nello stesso anno di Fino all’ultimo respiro) nei panni dell’aiutante free lance del crimine. Sandra è la bella attricetta che Belmondo libera dai maltrattamenti del suo agente e di cui si innamora, ricambiato. Belli belli in modo assurdo.
Uno dei Rossellini meno amati dai critici, nonostante il (contestato) Leone d'oro a Venezia. Ma l'occasione, per Milo, di confrontarsi con un altro grande maestro del cinema italiano, in un'opera "ponte" tra il suo stesso neorealismo e la commedia all'italiana. Anzi, i maestri in campo sono due: nei panni della "vecchia fiamma" Olga, la nostra affianca il grandissimo Vittorio De Sica.
In questa favola surreale, brillante e poco compresa, benedetta dal tocco magico di Ennio Flaiano, Sandra è una dama vissuta nell’800 e morta suicida nel Tevere per una delusione amorosa che, insieme a Marcello Mastroianni, libertino settecentesco, infesta il palazzo della famiglia di Eduardo De Filippo e cerca di salvarlo dalla demolizione. Commedia nobile (e fantastica) all’italiana.
Uno sguardo tenero e disincantato alla cronaca per uno dei pochi titoli realmente "femminili" del cinema italiano degli anni '60. Nelle mani (again) di Pietrangeli, Sandra è una delle "belle di giorno" a cui hanno chiuso le case chiuse. Nella galleria di volti internazionali (vedi Simone Signoret ed Emmanuelle Riva), la più adorabile è Sandrocchia nostra.
Il "regista delle donne" (e anche quello che l'ha scoperta) la richiama per quella che forse è la loro collaborazione meno conosciuta ma più fine e riuscita. Sandra è Pina, single di provincia che cerca un fidanzato tramite annunci sulle riviste. Un'antieroina romantica, che l'attrice affronta con rara sensibilità.
Per volere del marito, Sandrocchia (come la chiamava Fellini) stava per dire addio al cinema quando Federico la volle nell’harem suo e in quello del regista in crisi Marcello/Guido: tra tutte le donne del protagonista, senza dubbio la più stilosa, con quel delizioso cappottino e il colbacco bianco velato, courtesy of Piero Gherardi il grandissimo. Subito cult.
Se 8½ è il film (e il ruolo) icona, il secondo e ultimo incontro con Federico (almeno sullo schermo) le dà modo di mettere a segno il suo ruolo più poetico, sfrenato, libero. Cioè Susy, la vicina tentatrice di Giulietta Masina. Spiritata e spiritosa, come è sempre stata anche nella vita.
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