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«Sono una bambina normale, mi piace solo recitare». Così parlava Elle Fanning. Ora che bambina non lo è più (e che ha fatto dimenticare di essere solo la sorellina minore di Dakota), l’attrice è la star più talentuosa, cool e richiesta della sua generazione. Nel suo borsino ha già alcuni dei migliori Autori (con la maiuscola) su piazza, ruoli diventati cult e l’allure da icona fashion (riguardatevi le sue montée des marches a Cannes 2019). E oggi compie solo 23 anni...
La rilettura della Bella addormentata è a misura di villain (e che villain: una superba Angelina Jolie). Ma pure la candida Aurora doveva essere all’altezza: Fanning tiene testa alla diva protagonista con il savoir faire della (ormai) star. Poi ci sono gli abiti vaporosi e le fatine dispettose: che sulla nostra vanno come il cacio sui maccheroni.
Un po’ È nata una stella, un po’ The Neon Demon (vedi più avanti), ma senza tutta la parte super inquietante. Elle interpreta di nuovo un’adolescente from the paesello che vuole fare strada, in questo caso diventare una popstar. Dirige (con eleganza e qualche cliché) il figlio di Anthony Minghella, ma il film funziona soprattutto grazie alla performance della nostra.
Il biopic sull’autrice di Frankenstein non è un capolavoro. Ma è il titolo che definisce una volta per tutte Elle come icona “period” (in tutti i sensi). Dopo Maleficent e prima di The Great (ci arriveremo), Fanning si dimostra un’impeccabile eroina da film in costume, in cui porta però tutta la sua vena contemporanea.
Elle è la musa dell’horror modaiolo di Winding Refn, su cui la critica si è divisa parecchio. Ma che si ami o si odi il film, la performance di Fanning è indiscutibilmente perfetta come contrappunto alle visioni scary ma sempre stilosissime del regista. Fai interpretare a Elle una giovane modella ambiziosa in un mondo di squali (con tanto di abiti haute couture) e vinci facilissimo. Discusso, sì, ma anche per questo subito cult.
Opera sottovalutatissima di Mike Mills (quello del più acclamato Beginners), 20th Century Women – sempre meglio i titoli originali… – schiera tre primedonne delle rispettive generazioni: Annette Bening, Greta Gerwig e, appunto, Fanning. In una gara che compone uno dei più bei ritratti al femminile degli ultimi anni. Bicicletta e sigaretta, Elle è la “rebel rebel” 70s perfetta.
L’ultima musa di Woody nella sua deliziosa rom-com (ingiustamente) bloccata è lei. Nei panni di una waspissima college girl che vuole fare la reporter di cinema, ma poi mette Akira Kurosawa tra i grandi registi europei: più Generazione Z di così… Accanto a Timothée è perfetta, nei suoi golfini azzurro pastello e nelle mantelle per i giri in carrozza a Central Park. Ma poi arriva Selena…
Dopo esordi di lusso con registi come Alejandro González Iñárritu (Babel) e David Fincher (Il curioso caso di Benjamin Button), è Sofia Coppola a darle il primo vero ruolo “adulto”… a 12 anni appena. In questo film “inside Hollywood” da Leone d’oro (per volere del presidente di giuria Quentin Tarantino) è la figlia di Stephen Dorff, divo che si riscopre padre. Quasi un’autobiografia dell’autrice, che richiamerà Elle qualche anno dopo (vedi più avanti).
Nel tributo di J.J. Abrams ai primi film del suo mentore Steven Spielberg, Elle è un’eroina sci-fi, la leader di un gruppo di ragazzini che stanno lavorando a un film di zombie amatoriale per un concorso cinematografico. E, quando nella loro piccola cittadina iniziano ad accadere cose strane, decidono di indagare. Tra nostalgia Eighties, visitatori alieni e inni all’amicizia, Fanning, appena 13enne, è la ciliegina sulla torta di questo precursore di Stranger Things.
Sofia Coppola vuole ancora una volta Elle per la sua rilettura femminista della Notte brava del soldato Jonathan . E la nostra è il nome più giovane del cast principale, nei panni della studentessa più “anziana” del collegio femminile gestito da Nicole Kidman e Kirsten Dunst. Tutto bene, almeno finché alla porta non bussa il caporale nordista ferito interpretato da Colin Farrell, che diventa l’oggetto del desiderio delle tre. Il film vince il premio per la regia a Cannes 2017. E consacra definitivamente Elle a diva di serie A.
Quella dell’origin story di Caterina La Grande, spedita appena sedicenne a una corte russa che pare Animal House, è una delle cose migliori viste in questo sciagurato anno di pandemia. E il merito è anche di Elle, sensazionale nel cogliere ogni sfumatura tragica e comica del personaggio. A proposito, in questa miniserie che più politically scorrect non si può (e per questo rinfrancante), c’è una sequenza geniale in cui la protagonista si ritrova al fronte a distribuire macaron ai soldati che spesso hanno perso gli arti in guerra: «È al pistacchio», dice lei sorridendo. C’è una nuova (e inaspettata) reginetta della dark comedy a Hollywood.
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