Nel 2017 Hollywood ha usato il passato per affrontare un presente che fa paura ed un futuro piuttosto incerto. Sia nei film di un veterano come Spielberg che in quelli di un esordiente come Jordan Peele è evidente la tensione di chi vuole fare sentire la propria voce. I temi sono vari: il fuoco sommerso delle tensioni razziali (Scappa-Get Out, Detroit), la guerra incostituzionale di un Presidente degli Stati Uniti contro la libertà di stampa (The Post), la rabbia che si prova a sentirsi impotenti nella lotta contro il potere (Tre Manifesti fuori da Ebbing, Missouri) e la questione fondamentale di come andare avanti a vivere in un mondo lanciato verso una catastrofe globale (Dunkrik, Darkest Hour). I migliori film dell’anno hanno lanciato un messaggio: molti di noi sono davvero arrabbiati e non sono più disposti a sopportare la situazione. C’è qualcuno in ascolto? #OscarNoTrump
10. “Il filo nascosto” di Paul Thomas Anderson
L’ultimo grande film del 2017 porta la firma di Paul Thomas Anderson, talento apparentemente illimitato per la potenza del suo cinema. Ambientato nel mondo snob della moda inglese degli anni ’50 racconta la storia di uno stilista, interpretato in modo esageratamente fantastico da Daniel Day Lewis, e della rivoluzione di stile che sta cambiando tutto il suo mondo. Ci sono altri eventi devastanti per il suo processo creativo e la sua vita personale: una giovane musa (Vicky Krieps) che si rifiuta di far parte della lista di donne pronte ad eseguire ogni suo ordine. C’è anche un eco di commistione tra sesso e politica qua e là. Sangue? Non nel senso che immaginate. L’amore invece, nella visione di Anderson, è una magnifica ossessione che può farti crescere o distruggerti. Non riuscirete a togliervi i segreti deviati di questo film dalla testa. E non vorrete neanche farlo.
9. “A Ghost Story” di David Lowery
Una storia sovrannaturale di devozione firmata da David Lowery, in cui una donna (Rooney Mara) viene perseguitata dal fantasma del suo amante morto (Casey Affleck). Un ambizioso, stimolante ed appassionato film che fa rinascere la nostra fede nel cinema come forma d’arte.
8. “Detroit” di Kathryn Bigelow
La regista Kathryn Bigelow e lo sceneggiatore Mark Boal gettano uno sguardo incendiario sulla rivolta di Detroit del 1967 per mostrare le radici tossiche della violenza della polizia e del razzismo endemico nell’America di oggi. Il pubblico ha disertato le sale. Errore: Detroit è un film difficile da affrontare, ma impossibile da dimenticare.
7. “La forma dell’acqua” di Guillermo del Toro
Il maestro Guillermo del Toro torna indietro ai tempi della Guerra Fredda per esplorare con il suo stile visionario la storia d’amore tra una ragazza muta (Sally Hawkins) e una creatura anfibia vittima delle operazioni segrete del governo (Doug Jones). Una fiaba che dice molto su quello che definiamo “diverso”.
6. “Lady Bird” di Greta Gerwig
Le commedie di formazione non dicono più niente di nuovo da un po’, ma Lady Bird è un film che rimette le cose a posto in maniera eccitante grazie alla sceneggiatrice Greta Gerwig che al debutto da regista si ispira agli anni della sua stessa gioventù trascorsa a Sacramento nel 2002. Saoirse Ronan e Laurie Metcalf sono eccellenti nel ruolo di una madre e una figlia. Le loro battaglie emotive riescono a colpirti a prescindere da che età tu abbia.
5. “The Post” di Steven Spielberg
Nel nuovo incalzante thriller politico di Steven Spielberg non è difficile trovare un parallelo tra quello che sta succedendo oggi e le minacce del Governo Nixon all’editore del Washington Post Katharine Graham (Meryl Streep) e al suo direttore (Tom Hanks). L’anno è il 1971, la questione è se pubblicare o no i Pentagon Papers e svelare un gigantesco tentativo di insabbiamento di uno scandalo da parte del governo. Ogni riferimento alla guerra di Trump contro la libertà di stampa è puramente intenzionale. Meryl Streep può vincere il suo quarto Oscar per la sua interpretazione di una donna in lotta per farsi sentire contro un esercito di uomini supponenti, e la regia di Spielberg parla con forza del passato, del presente e del nostro spaventoso futuro.
4. “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” di Martin McDonagh
Lo sceneggiatore anglo-irlandese Martin McDonagh trova la sua chiave cinematografica migliore scrivendo e girando la storia malinconica e selvaggiamente divertente di una donna piena di determinazione (Frances Mc Dormand) che nella sua piccola città di provincia affitta cartelloni pubblicitari per sfogare la sua rabbia nei confronti della polizia che non è riuscita a risolvere lo stupro e l’omicidio della figlia adolescente. McDormand e McDonagh sono una coppia di ferro e riescono a cogliere alla perfezione il senso di rabbia ed impotenza che tutti proviamo in questo momento.
3. “Chiamami con il tuo nome” di Luca Guadagnino
L’omofobia non esiste in questa storia erotica di Luca Guadagnino, ambientata in Italia nel 1983. Un giovane prodigio della musica (Timothèe Chalamet) e il bell’assistente di suo padre (Armie Hammer) vivono l’ebbrezza del primo amore e il dolore straziante della sua fine. Un trionfo artistico che ci ricorda che l’empatia è il miglior antidoto contro l’intolleranza.
2. “Scappa – Get Out” di Jordan Peele
Può un film horror entrare nella corsa all’Oscar? Puoi scommetterci. Daniel Kaluuya non ha idea della situazione in cui si sta cacciando quando la sua fidanzata (Allison Williams) lo porta a casa nel suo quartiere residenziale di bianchi a conoscere i genitori. E non c’è solo la cultura nera in gioco in questo thriller satirico. Nel debutto più esaltante dell’anno, il regista Jordan Peele ci fa spaventare e ridere mentre infilza l’ipocrisia razziale dell’America.
1. “Dunkirk” di Christopher Nolan
Il miglior film dell’anno è un saggio di cinema di Christopher Nolan che racconta l’evacuazione delle truppe inglesi dalla spiaggia francese di Dunkirk nel 1940, mentre le truppe di Hitler cercano di annientarle attaccando da terra, mare ed aria. Invece di dirci quello che dobbiamo pensare Nolan ci fa vivere quell’esperienza di vita o morte in prima persona come se fossimo lì, alla mercè delle bizze di un dittatore ma ancora animati dalla voglia di resistere. Il perfetto compendio dell’opera epica di Nolan è The Darkest Hour di Joe Wright, con Gary Oldman nel ruolo del Primo Ministro inglese Winston Churchill, un film che ci porta nei corridoi del potere dove le ripercussioni del massacro di Dunkirk si intrecciano con l’attualità di un mondo sull’orlo di una catastrofe. Vi dice qualcosa?