Nel 2017 i film scadenti sono proliferati quanto i tweet folli di Trump. Non è passata neanche una settimana senza che uno (o tre) film ci abbiano fatto chiedere quando è stato il momento esatto in cui Hollywood ha perso la capacità di distinguere tra buono e pessimo. Andare a ripescare vecchi telefilm in cerca di successi non si è rivelata una buona idea, dato che il risultato sono stati film come Baywatch, Chips o My Mini Pony.
Quale genio ha pensato che potessimo sopportare un quinto capitolo dei Pirati dei Caraibi? Chi ha detto a Vin Diesel che avevamo voglia di vedere xXx: il Ritorno di Xander Cage?
Eppure, credetemi, c’è stato di peggio. Il regista Guy Ritchie ha pensato bene di stravolgere il mito dei Cavalieri della Tavola Rotonda in King Arthur: il Potere della Spada e chiunque abbia pagato per andare a vedere Geostorm, Crazy Night – Festa col morto, The Circle o Tulip Fever è sicuramente il peggior nemico di se stesso.
Il pubblico ha dovuto sorbirsi il patetico prequel Kong: Skull Island, un remake inutile di Linea Mortale, un sequel stupido di The Lego Movie (Ninjago), un confusionario Justice League che non ha reso giustizia a nessuno ed un poco grandioso The Great Wall, coproduzione cino-americana da 150 milioni di dollari con Matt Damon che ha fatto pensare che sia la Cina che gli Stati Uniti abbiano completamente dimenticato come si fa a fare un film epico. Eppure, sorprendentemente, questi non sono neanche entrati nella nostra classifica dei peggiori film del 2017. Ecco i dieci titoli che hanno davvero toccato il fondo. Guardateli e piangete.
10. “Emoji, accendi le emozioni” di Tony Leondis
Il pubblico e la critica si sono trovati d’accordo nell’odiare questa buffonata che parla dell’emoji Gene (doppiato da T.J.Miller) che non vuole vivere rappresentando una sola emozione, il “bah”. Può andare bene per Poop (Patrick Stewart), Smile (Maya Rudolph) e Ghimmifive (James Corden) ma lui ha bisogno di colori, sfumature e varietà. Esattamente come il film, che invece ne è totalmente privo. Bisognerebbe creare un emoji per rappresentare l’inferno del cinema. Qualche suggerimento?
9. “L’uomo di neve” di Tomas Alfredson
L’uomo di neve è un thriller riuscito così male che David Fear, uno dei critici di Rolling America, ha persino scritto una lettera immaginaria a Michael Fassbender (che interpreta Harry Hole) da parte del pubblico, dove consola l’attore rassicurandolo sul fatto che il cattivo risultato non sia colpa sua, ma consigliandogli comunque di stare lontano dalla neve per un po’. Non era facile fare un lavoro pessimo con il bestseller ipnotico e disorientante di Jo Nesbø, ma Tomas Alfredson c’è riuscito, togliendo ogni briciolo di suspence e fascino possibile. E questo nonostante Fassbender.
8. “Daddy’s Home 2” di Sean Anders
Il premio per la commedia meno divertente del mondo va a questo film dal successo immeritato che si spaccia per intrattenimento per famiglie e invece è disseminato di battute sull’uso delle armi, l’omofobia e le molestie sessuali. Mark Wahlberg e Will Ferrell raggiungono il punto più basso delle rispettive carriere interpretando il ruolo di un padre e di un patrigno (che Dio aiuti i poveri figli) che vengono raggiunti per le vacanze dai propri padri, ovvero un lascivo e meschino Mel Gibson ed uno zuccheroso John Lithgow. La visione di un cast di attori di alto livello che cerca di vendere una sceneggiatura irritante è come ricevere un calcio nei denti a Natale. Il Grinch non avrebbe potuto essere un guastafeste più deprimente.
7. “Valerian e la città dei mille pianeti” di Luc Besson/span>
Con film come Leòn o Il Quinto Elemento il regista Luc Besson ha dimostrato di avere stile ed ambizione sufficienti per superare la sua scarsa dimestichezza con i dialoghi, oltre che per creare un suo caratteristico nirvana visivo. Ma non stavolta. Neanche alla lontana. Con un Dane DeHaan nel ruolo per lui sbagliato del Maggiore Valerian, agente speciale incaricato di mantenere l’ordine nell’universo ed una Cara Delevigne tutta sorrisetti in quello della sua audace collega, il Sergente Laureline, questo film di fantascienza basato sull’omonima serie di fumetti di Pierre Christin e Jean-Claude Mézières si trascina per 137 interminabili minuti. Nemmeno le scenografie eccentriche, un 3D fatto meglio del solito ed un cameo di Rihanna vi aiuteranno a superare la noia.
6. “Il domani tra di noi” di Hany Abu-Asad
La storia d’amore più noiosa, moscia e spenta dell’anno, ironia della sorte, è interpretata da due attori tra i più carismatici in circolazione: Kate Winslet e Idris Elba. Lei è una fotoreporter e lui un neurochirurgo, due estranei che si innamorano quando l’aereo privato che hanno affittato per andare a Denver precipita durante una tempesta in mezzo alle montagne. Ovviamente ad un certo punto non hanno altra scelta che fare l’amore davanti al fuoco in uno chalet che si materializza all’improvviso proprio quando il pubblico si è stancato di vederli camminare verso la morte in mezzo alla neve sferzante o sventare gli attacchi dei puma. La ragione per cui un regista bravo come l’olandese-palestinese Hany Abu-Assad ha deciso di girare una storia strappalacrime così sgradevole (tratta dal bestseller omonimo di Charles Martin) è solo l’ennesimo esempio di quello succede quando il talento viene distratto non dall’arte ma dal suo miraggio, in questo caso rappresentato da un sostanzioso assegno. Il pubblico si è tenuto alla larga dalle sale.
5. “La Mummia” di Alex Krutzman
Come fa Tom Cruise a distruggere la sua carriera? Recitando in flop spettacolari come questo. Concepito dalla Universal come il primo capitolo di una serie di film sul filone Dark Universe (che avrebbe dovuto rilanciare personaggi come Doctor Jekyll e Mr.Hyde, l’Uomo Invisibile e la Moglie di Frankestein), La Mummia ha fatto naufragare il progetto sul nascere. Tom Cruise non fa nemmeno il ruolo principale della Mummia, incombenza che ricade sull’attrice algerina Sofia Boutella che interpreta una malvagia principessa egiziana tornata in vita dopo 3000 anni. Sofia ha bisogno di Cruise, un trafficante di antichità, per dare un corpo al suo amichetto, il dio della morte Set. Il film però è un cadavere che nemmeno tutti i trucchi digitali del mondo (il regista Alex Krutzman li prova tutti disperatamente) è in grado di resuscitare.
4. “Song to Song” di Terrence Malick
Odio doverlo ammettere ma i film artistici possono essere orrendi quanto la robaccia stereotipata prodotta ad Hollywood. È quello che succede purtroppo in questa specie di auto-parodia di se stesso fatta dal maestro Terrence Malick. Ambientata all’interno della scena musicale di Austin, Texas, racconta la storia di due coppie: la prima è formata da Ryan Gosling e Rooney Mara, due cantautori che cercano di arrivare al successo, la seconda da un’ingenua cameriera (Natalie Portman) e dall’avido magnate dell’industria discografica Michael Fassbender che li irretisce tutti e tre. Un cast di attori zombificati che vagano sullo schermo mormorando banali riflessioni in voice-over fino a farti venire voglia di alzarti e gridare: “Basta!”. Tutto questo è opera di un titano del cinema un tempo intoccabile che ci ha regalato film come La rabbia giovane, I giorni del cielo, La Sottile Linea Rossa e The Tree of Life. Triste, molto triste.
3. “Cinquanta sfumature di nero” di James Foley
Splendidi corpi nudi che si contorcono in preda all’estasi e si regalano il piacere con tutti i sex toys possibili ed immaginabili. Come fai a rendere noiosa una storia così? Con un sequel di Cinquanta sfumature di grigio del 2015 ancora più sbiadito e palloso. Jamie Dornan torna nel ruolo del milionario Christian Grey e Dakota Johnson in quello di Anastasia Steele, una ragazza con un vocabolario molto limitato e tanta voglia di essere sculacciata. Se questi due attori vi sono sembrati in imbarazzo la prima volta che hanno usato le pinze per capezzoli non avete visto ancora niente. (Dakota Johnson ha talento e merita molto di più). I romanzi di E. L. James da cui sono tratti questi film suggeriscono che ci sia qualcosa da imparare dal rapporto che si instaura tra un uomo dominatore e una donna sottomessa. In questo film invece non troverete niente.
2. “La Torre Nera” di Nikolaj Arcel
La scrittura di Stephen King è in grado di ispirare film feroci, spaventosi e profondamente sentiti come Carrie, Shining, Stand By Me, Misery non deve morire, Le ali della libertà e It, tanto per nominarne alcuni. La Torre Nera, basato su una serie di otto romanzi epici e dal significato metaforico, aveva grandi potenzialità ma sono state distrutte da questo film con Idris Elba nel ruolo del Pistolero e Matthew McConaughey in quello della sua nemesi, lo Stregone. Se volete imparare come sbagliare tutto nell’adattamento cinematografico di un libro, questo esempio di incompetenza è un manuale di scuola.
1. “Transformers: l’ultimo cavaliere” di Michael Bay
Il Michael Bay Award per il peggior film del 2017 va a…indovinate: Michael Bay. Se state cercando una serie cinematografica assolutamente imbattuta ed insuperabile in quanto ad incapacità creativa, incoerenza, inquinamento sonoro da mal di testa e sfruttamento senza scrupoli, quella sui Transformers è da albo d’oro. L’ultimo cavaliere raschia il fondo del barile tossico dei Transformers. Un film che mostra il tratto caratteristico del suo regista e sembra non essere opera di un essere umano. La trama suggerisce che la storia degli Autobot sia iniziata nel Medioevo e che nel corso dei secoli abbiano compiuto azioni valorose come combattere i Nazisti, ma adesso l’eroico Optimum Prime se n’è andato e il malvagio Megaton (Frank Weller) vuole distruggere la Terra. La cosa più grave però è che nessuno salva lo spettatore dalla discarica di clichè che gli viene riversata addosso da Michael Bay. La buona notizia è che questo capitolo è quello che ha guadagnato di meno della serie. Forse pubblico si è risvegliato? Mark Wahlberg ha detto che non tornerà mai più. Dovremmo fare altrettanto.