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Come diceva Martellone in Boris: «Una volta c’erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino». Era il 2010 e la fama di attore camaleontico 'Picchio' se l’era già guadagnata. Gli anni successivi sono stati una riconferma di quella tesi. Ripassiamo tutte le metamorfosi del divo di casa nostra, fino alla più impressionante: quella in Hammamet di Gianni Amelio, dove è un Bettino Craxi più vero del vero. Ah: buon compleanno!
Solo un paio di baffi e una tuta da pilota? No. Favino, per dare volto all’indimenticato Clay Regazzoni, si trasforma davvero. Una piccola partecipazione, ma in un colosso diretto da Ron Howard.
Non tanto una trasformazione fisica, quanto una libera interpretazione dell’altro sesso. In uno scambio di generi con la moglie Kasia Smutniak, l’attore riesce a essere credibile anche con i tacchi e la borsetta.
Stavolta la metamorfosi è soprattutto nell’accento, tra l’ispettore Clouseau e Amanda Lear. Il resto è un look da perfetto D’Artagnan, che riesce a tirare di fioretto nonostante gli acciacchi dell’età.
Forse non tutti ricorderanno il nostro nella family comedy con Ben Stiller. Anche perché era decisamente irriconoscibile, nei panni (anzi, nel bronzo) della statua di Cristoforo Colombo. Il ruolo che gli ha aperto le porte di una carriera internazionale.
Una trasformazione più vocale che fisica, ma ugualmente impressionante. Nel film di Martone, il nostro è un uomo apolide e per questo diviso anche tra gli accenti dei luoghi della sua vita: l’arabo e il francese parlati al Cairo, dove ormai vive, e l’italiano e il dialetto napoletano dell’infanzia, a cui torna (non solo) simbolicamente. Un’altra prova mastodontica, a colpi di cesello sulla dizione.
Un film passato in sordina, in cui però Favino ci regala una performance extralarge in tutti i sensi: non è mai stato così robusto, ma nemmeno così rabbioso. Uomo di panza e di sostanza.
Il Tommaso Buscetta di Favino è tormentato, seducente, spietato. E, dal punto di vista fisico, incredibilmente somigliante a quello vero. Anche qui doppia trasformazione: non solo del corpo, ma anche della parlata siculo-portoghese.
Dal primo all’ultimo minuto del biopic crepuscolare di Amelio, Favino fa dimenticare di essere un attore aiutato da una buona dose di make-up e protesi. È, semplicemente, Craxi. Il lavoro fisico è totale: dalla voce alla postura, fino al movimento delle mani. Clamoroso.
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