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Se ci fosse una festa, forse lui stesso vorrebbe farla fallire. Ormai la biografia di Paolo Sorrentino si confonde con quella dei suoi personaggi, su tutti il protagonista guastafeste (letteralmente) della Grande bellezza. Nel giorno del 50esimo compleanno del regista premio Oscar, la festa però gliela facciamo comunque. Anzi, la facciamo fare ai suoi personaggi più cult. Tralasciando invenzioni (il Geremia de’ Geremei dell’Amico di famiglia) e reinvenzioni (il Silvio Berlusconi di Loro) altrettanto indimenticabili. Ma lo sappiamo: la folla non gli piace. Ecco gli invitati al party, dunque.
Lo si ama o lo si odia. Il film, ma pure il suo protagonista, uno Sean Penn mai così stralunato (e truccato). In ogni caso rimasto nella memoria. È la quota che ai party sta in un angolo e non disturba. Ma pensa a mettere i dischi: se sono – come in questo caso – dei Talking Heads, ancora meglio.
Morto un Papa, non se ne fa un altro. Nella seconda stagione della serie pontificia, è arrivato “Sir” John Malkovich: e faceva la sua porchissima figura. Ma il primo (poco) Santo Padre non si scorda mai. Soprattutto se ha la faccia (e gli slippini) di Jude Law. Più che l’anima di Cristo, l’anima della festa: con suorine ballerine sotto le luci al neon. E il cardinale Voiello di Silvio Orlando al seguito: meglio se la festa segue una vittoria del Napoli.
In principio fu Tony Pisapia, l’iniziatore di tutto: del cinema di Paolo Sorrentino, della consacrazione cinematografica di Toni Servillo, di un modo di scrivere e girare che avrebbe cambiato gli anni successivi. Anche solo per questo, come non invitarlo alla festa? Poi, da neomelodico qual è, si mette pure a cantare: la sua Lunghe notti da bar rischia di essere un pezzo svuotapista, ma vuoi forse non metterlo nella playlist?
Prima che si aprano le danze, c’è la cena di compleanno: e chi non vorrebbe seduto accanto a sé Giulio Andreotti, con la sua “scatola nera” di aneddoti con cui allietare la conversazione? Quello di Sorrentino/Servillo, poi, è più vero del vero: o, quantomeno, è “il presidente” a cui tutti abbiamo voluto credere. Moriremo tutti democristiani. Ma solo se la DC è questa.
Dicevamo: con Jep Gambardella si rischia sempre. «Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire» è il suo motto. Però lui alle feste, appunto, non vuole partecipare: le organizza, e poi scompare. Come non assegnare dunque all’icona della Grande bellezza il compito di mettere in piedi quella per i 50 anni del suo “papà”? Ovviamente su una terrazza, ma stavolta si fa tutti il trenino con la mascherina e tenendo le braccia ben distese, per mantenere il metro di distanza.
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