Chiariamo subito una cosa: Nightmare before Christmas non c’è semplicemente perché la regia non è di Tim Burton: il regista l’ha ideato e prodotto ma no, non lo ha diretto (citofonare Henry Selick, che ultimamente ha fatto sapere cosa pensa in proposito) E se fosse stato in classifica sarebbe stato al primo posto, o al limite al secondo, perché è poesia in stop-motion, un musical-capolavoro grottesco e deliziosamente macabro, qualcosa che, prima del 1993, non si era MAI visto. È il Tim Burton migliore, quello a cui tutti pensiamo quando sentiamo il suo nome. C’è chi afferma che negli ultimi 15 anni Burton non abbia più fatto un film degno della sua visione e del suo spirito dark e freak, Dumbo compreso, e che il ritorno del figliol prodigo agli studios dove ha iniziato, quelli della Disney, non abbiano fatto bene alla sua forza creativa furiosa e stramba. Ma dopo l’addio alla Casa di Topolino, ora Burton è sbarcato a Netflix per la sua prima serie live-action su Mercoledì Addams. Chi se non lui? In attesa di vederla abbiamo provato a mettere in fila la sua filmografia. Sorry, Tim.
20. Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie (2001)
Prima che il re della capture-performance Andy Serkis girasse un nuovo Pianeta delle Scimmie, Burton aveva portato il franchise di fantascienza nel nuovo millennio con trucco ed effetti visivi all’avanguardia. Peccato che però far sembrare le scimmie cool fosse davvero tutto quello che interessava al regista. Il film è privo di personalità, sottotono, con un Mark Wahlberg al minimo del suo carisma (e abbiamo detto detto tutto). Ma anche quando sbgalia Tim Burton lo fa in maniera spettacolare.
19. Dark Shadows (2012)
Adattare gli oltre 1200 episodi della soap opera horror di Dan Curtis in un film di poco più di 2 ore era impossibile per lo sceneggiatore Seth Grahame-Smith. E in questo caso anche la regia di Tim Burton si perde nelle sue fantasie e Dark Shadows, dopo una partenza feroce e divertente, continua a riavvolgersi su se stesso in tentativi di stravaganza forzati. E non riescono a salvarlo nemmeno Johnny Depp (all’ottava collaborazione con Burton) nei panni del vampiro con problemi familiari Barnabas Collins o Eva Green che interpreta la sua ex amante strega con un bel twist kitsch. Ah, c’è anche Alice Cooper. E alla fine tutto crolla in uno scenografico delirio.
18. Alice in Wonderland (2010)
Depp è una meraviglia nei panni del Cappellaio Matto, la Regina Rossa dalla testa enorme di Helena Bonham Carter strappa più di qualche risata e l’Alice cresciutella di Mia Wasikowska ha un’inedito fuoco femminista. Eppure l’incursione nel Paese delle Meraviglie di Burton sostanzialmente è una ventata di noia di technicolor visivamente bellissima, con un plot prevedibile e una marmellata di personaggi che parlano di se stessi e rallentano il film. E anche se Burton, proprio come Lewis Carroll, è un maestro nel vestire le ferite psichiche di fantasia, sotto l’egida di Disney non può essere arguto e sovversivo come potrebbe. E dovrebbe.
17. Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali (2016)
Tim Burton non poteva resistere al romanzo per giovanissimi di Ransom Rigg del 2011 che racconta di una casa di accoglienza per bambini speciali gestita da una tutrice particolare. Miss Peregrine è interpretata da Eva Green che ormai ha abbracciato l’eccentricità per diventare una sorta di Mary Poppins degli scarti della società. Il problema è che questo film sembra fatto da Burton con il pilota automatico, non c’è caratterizzazione dei personaggi, in pratica poteva girarlo mentre dormiva. E forse lo ha fatto. Fantastico da guardare, ma non molto altro.
16. Dumbo (2019)
La fiaba di Dumbo è il materiale dei sogni per un folletto del bizzarro come Tim Burton. Perché è la storia di un outsider, un tenero freak che qui lotta non per appartenere, ma per sfuggire a una società che lo deride e lo emargina. E probabilmente questo live-action è il suo film più tenero e anche quello in cui ha rischiato meno. C’è tutto il genio visionario del regista ma troppo poco del suo DNA dark: il circo era il contesto ideale per scatenare l’immaginazione di Burton. E invece tutto il potenziale espressionista di quella fucina di misfit viene sprecato. Resta la fiaba sì, ma senza il graffio di Tim.
15. Beetlejuice Beetlejuice (2024)
La Warner Bros. voleva mandarlo direttamente su piattaforma. Tim Burton si è impuntato, e ha rinunciato a una grossa fetta di budget, rendendo ancora più artigianale e meno digitale la sua creatura. Ha avuto ragione lui (ma dai): 450 milioni di dollari di incasso globale, e un rinnovato amore per l’autore scottato al cinema dalla débâcle disneyana di Dumbo. Ne esce un sequel che strizza l’occhio al pubblico giovane di Mercoledì ma al contempo celebra senza troppa nostalgia la generazione di spettatori cresciuta con lui. Piazzando almeno due sequenze cult: l’entrée di Monica Bellucci e il numero musical in chiesa sulle note di MacArthur Park. Tim is back!
14. Charlie e la fabbrica di cioccolato (2005)
Il pallore, i denti innaturalmente bianchi, il sorriso tirato, il look da dandy misantropo, l’espressione da vampiro in transizione. Anche se è difficile competere con il musical di Gene Wilder, il Willy Wonka di Johnny Depp merita di essere visto, perché rispetto al take più comico dell’originale, va in profondità a cercare i lividi del personaggio (spoiler: il padre era un dentista). Tim Burton circonda Depp con incredibili immagini di zucchero filato e un senso di minaccia strisciante. Nella parodia ironica di Tim Burton, la fiaba di Roald Dahl diventa un omaggio agrodolce al nostro rapporto con il cioccolato e più in generale con il piacere: va bene cercarlo, ma non troppo.
13. Batman – Il ritorno (1992)
Il successone al botteghino del primo Batman ha permesso a Burton di scavare più a fondo nella sua visione. Fare un sequel per lui vuol dire costruire qualcosa di ancora più oscuro e bizzarro dell’originale. E in questo caso significa introdurre due cattivi come l’allegro e ripugnante Pinguino vittoriano interpretato da Danny DeVito e la supersexy e psicotica Catwoman Michelle Pfeiffer, che è entrata nel mito. Il tutto inserito nel contesto di una Gotham City che sembra disegnata dal dottor Caligari e da un gruppo di espressionisti tedeschi.
12. Big Eyes (2014)
All’apparenza Big Eyes non sembra un film di Tim Burton. Non c’è niente di goth o macabro, tutto si svolge nel paesaggio luminoso e pittoresco della San Francisco degli anni ’50. Eppure sotto il mondo di Burton c’è eccome: l’isolamento, la tristezza, la mentalità da outsider dei protagonisti, la quota weirdo nei ritratti dei bambini con gli occhi giganti. Il film infatti racconta la storia vera della pittrice Margaret Keane (Amy Adams), conosciuta per i suoi quadri iconici, e gli anni di abusi psicologici a cui l’ha sottoposta il marito, Walter (Christoph Waltz), che si è preso il merito del suo lavoro. Tim Burton dirige il film con una chiarezza impressionante e lo trasforma in una eccentrica fiaba femminista, alimentata dall’amore del regista per l’arte sentimentale ma inquietante della Keane.
11. Mars Attacks! (1996)
Mars Attacks! è il Burton più divertente, divertito e cazzone. Un disco volante scintillante di quelli che si vedevano al cinema negli anni ’50 atterra nel deserto del Nevada e ne esce un gruppo soldati marziani con cervelli al vento, un senso dell’umorismo crudelissimo e un punto debole: la musica country. Una commedia nera, una parodia macabra degli sci-fi di serie B basata su vecchia serie di figurine che si trovavano dentro le gomme da masticare in voga negli anni sessanta. Il cast è super: Jack Nicholson, Danny DeVito, Michael J. Fox, Tom Jones, Glenn Close, Jack Black, Pierce Brosnan, Sarah Jessica Parker, Natalie Portman, Pam Grier.
10. Pee-wee’s Big Adventure (1985)
Quando aveva 26 anni Burton ha diretto il suo primo lungometraggio, Pee-wee’s Big Adventure, che segna anche l’inizio della sua collaborazione con il compositore Danny Elfman. Burton ci ha messo tutta la sua passione per i pazzoidi che vivono secondo le proprie regole: il protagonista è Pee-wee (Paul Reubens), personaggio popolarissimo negli anni ottanta grazie al Pee-wee Herman Show (in seguito al centro delle cronache per atti osceni in luogo pubblico e possesso di materiale pedopornografico), che si ritrova in giro per l’America a cercare la sua amata bicicletta. Sicuramente è il film più strano di Burton, ma in ogni caso è considerato all’unanimità un capolavoro comico. Ed è grazie al successo di pubblico e critica di Pee-wee che a Tim si sono aperte le porte di Hollywood.
9. Il mistero di Sleepy Hollow (1999)
Il racconto gotico tra thriller e mistery di Washington Irving aveva tutte le caratteristiche per diventare un film di Tim Burton. E il cineasta mette la sua firma su questo procedurale steampunk: eleganza decadente e oscurità, un nuovo take su una vecchia leggenda e Johnny Depp nei panni eccentrici di Ichabod Crane, un investigatore di New York dipendente dall’assenzio, mandato a Sleepy Hollow sulle tracce del cavaliere senza testa, un spettro omicida che di notte decapita le persone. Durante l’indagine tocca il fondo e trova l’amore (Christina Ricci). Burton vintage, il nostro preferito.
8. Frankenweenie (2012)
Frankenweenie è uno dei due corti che all’inizio degli anni ‘80 aveva mostrato il genio di Burton. Una commedia tra l’hipster e l’horror che comprimeva la trama di Frankenstein (con un cane rianimato elettricamente al posto del mostro) in un film di 30 minuti. Solo Burton poteva immaginare una storia del genere, tra mostri e periferia, e solo lui poteva decidere di trasformarla in un lungometraggio. Frankenweenie è una piccola meraviglia in bianco e nero che spaventa, fa ridere ed emoziona. Burton in stop-motion all’altezza de La sposa cadavere e di Nightmare.
7. Big Fish (2003)
Big Fish è un po’ Forrest Gump e un po’ Dickens: Tim Burton fa un’incursione nel cinema più spiccatamente sentimentale e ben visto dall’Academy con l’adattamento del romanzo di Daniel Wallace, che trova un sottotesto provocatorio per il talento del regista per le favole. Un ragazzo (Billy Crudup) torna in Alabama a casa dei genitori quando scopre che il padre (Ewan McGregor/Albert Finney), un ex venditore ambulante con un dono per le storie incredibili, è malato. Anche quando commuove, Burton non perde le sue peculiarità.
6. Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007)
Il musical più esuberante e spietato di Stephen Sondheim ha trovato in Tim Burton il candidato perfetto per trasformarlo in un’opera moderna per il cinema. In una sudicia Londra vittoriana, il sangue sgorga a fiotti come le arie pop macabre di Sondheim, mentre Johnny Depp interpreta Benjamin Barker, alias Sweeney Todd, un barbiere che uccide i suoi clienti con un rasoio e aiuta la sua padrona di casa, la signora Lovett (Helena Bonham Carter), a trasformarli in pasticci di carne umana. Sullo schermo, il preferito di Burton e la sua ormai ex compagna fanno sempre faville.
5. Batman (1989)
Con Batman, Burton riporta l’uomo pipistrello sullo schermo dopo la serie televisiva con Adam West degli anni ’60, riecheggiando efficacemente lo stile visivo dei fumetti di Bob Kane ma evocando un mondo da incubo tutto suo. Il regista cattura l’essenza della leggenda e soprattutto l’immaginazione degli spettatori, grazie alla sua visionarietà e allo stile cartoonish, cambiando per sempre l’approccio agli adattamenti da fumetto a film. Michael Keaton è Bruce Wayne ma a rubare la scena è Jack Nicholson in uno dei suoi ruoli migliori: quello del Joker, un maniaco pazzo dal volto di clown che terrorizza Gotham City. “Danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio'”. E QUELLA risata.
4. La sposa cadavere (2005)
Dopo Nightmare Before Christmas, con La sposa cadavere Tim Burton fa cantare lo stop-motion con una meravigliosa storia d’amore goth. E non solo perché la jazz band di scheletri nell’aldilà e i brani di Danny Elfman spaccano. Con commovente tenerezza, Johnny Depp presta la voce all’impacciato Victor Van Dort, che facendo le prove nel bosco per il matrimonio combinato dai genitori, infila l’anello in un ramo. Ma l’albero si trasforma in una bellissima donna morta vestita da sposa e doppiata da Helena Bonham Carter con un mood dolce, arguto e sexy. Victor è attratto sia da lei che da quella che dovrebbe essere la futura moglie. Sembra un film per famiglie, ma Burton evoca un’ossessione cupamente erotica che ricorda Edgar Allan Poe e Hitchcock.
3. Beetlejuice (1985)
Beetlejuice è una ghost story anarchica, una commedia su una casa infestata ma in questo caso a rovescio: gli eroi sono una coppia di fantasmi fighi e adorabili (Alec Baldwin e Geena Davis) disturbati dagli umani. Un giorno gli spettri decidono di chiamare un “bio-esorcista” per sbarazzarsi degli ospiti indesiderati. Michael Keaton nei panni dello “spiritello porcello” del titolo, con i capelli arruffati e i denti marci, fa esplodere il film in un paradiso slapstick macabro. In perfetto equilibrio tra comedy e horror con una bella dose di weirdo, come piace a Tim. E Winona Ryder è diventata la pin-up gotica per una generazione.
2. Ed Wood (1994)
La forza di Ed Wood sta nella nella sceneggiatura visionaria di Scott Alexander e Larry Karaszewski, nel flusso e nell’umanità della direzione di Burton e nella brillantezza del bianco e nero. Wood è stato definito “il peggior regista di tutti i tempi” e probabilmente il suo Plan 9 From Outer Space è il peggiore film mai realizzato. Ma Tim Burton, che è sempre stato un suo fan, lo considera uno dei cineasti più appassionati che abbia mai vissuto e si riconosce nella sua storia di artista singolare e devoto, innamorato dei vecchi monster movie e bisognoso di raccontare le sue storie. Uno degli sguardi più lucidi e grotteschi dietro le quinte del mondo del cinema, una storia primordiale di creatività, con le caratteristiche di un ottimo biopic e una performance di Johnny Depp ispirata e naïf. Sì, ancora lui. Insieme a Martin Landau, nei panni di Bela Lugosi, sono fuochi d’artificio.
1. Edward mani di forbice (1990)
Gli eroi più riusciti di Burton sono mostri incompresi, con un aspetto terrificante che ne nasconde l’anima tenera. Edward è il migliore della gallery di personaggi del regista: opera di un vecchio inventore che vive in una casa buia e ammuffita affacciata su una piccola città dai colori pastello, vuole solo amare e creare bellezza, ma sarà sempre un emarginato a causa di quelle maledette mani di forbice. Con il volto pallido di un mimo sfregiato, il corpetto di pelle sadomaso, i capelli da Robert Smith dei Cure, Depp dà una gravitas commovente a questo personaggio danneggiato, un outcast che trasforma la sua diversità in arte. Un fiaba punk, romantica, malinconica e inquietante, che segna anche l’inizio dell’amicizia tra il regista e Johnny Depp, oltre che della grande popolarità per l’attore. Per noi semplicemente il miglior Tim Burton.