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Tutti i film di Wes Anderson, dal peggiore (si fa per dire) al migliore

Tutti vorremmo "vivere in un film di Wes Anderson", come cantano I Cani, l'unico dubbio resta in quale. In attesa di 'The French Dispatch', abbiamo provato a mettere in ordine i suoi titoli. E non è stato facile

Luke Wilson e Gwyneth Paltrow nei 'Tenenbaum'

Tutti vorremmo “vivere in un film di Wes Anderson”, come cantano I Cani, l’unico dubbio resta in quale. Aspettando di poter vedere l’ultima, attesissima opera del regista cult texano, The French Dispatch, che era la punta di diamante della selezione ufficiale di Cannes 2020 (ed è stato rimandato all’edizione 2021), abbiamo provato a mettere in ordine tutti suoi film. E, da fan quali siamo, non è stato per niente facile.

9Il treno per il Darjeeling (The Darjeeling Limited) (2007)

Trovare un brutto film di Wes Anderson è impossibile, perché, molto semplicemente, non ne ha fatti. E di certo l’India coi suoi saturissimi colori ben si addice all’immaginario dell’autore, che piazza i suoi soliti volti-feticcio (Adrien Brody, Owen Wilson, Jason Schwartzman) su un treno che sferraglia per il Rajasthan. I tre fratelli, orfani di padre, pensano di ritrovare se stessi mettendo una corona di fiori sopra la giacca di sartoria: troppo facile. Se va trovato un difetto nell’opera più esotica del regista, è il fatto che in questo divertissement a volte sembrano divertirsi di più quelli sullo schermo che gli spettatori davanti: ma è un peccato veniale. I fan (e non solo) ricorderanno il cammeo di appena 8 secondi di Natalie Portman, alias l’ex fidanzata di Schwartzman: tornerà nella stessa “situa” – camera gialla parigina e asciugamano in testa – nel corto/spin-off Hotel Chevalier, sempre diretto da Wes.

8Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004)

Tra Jacques Cousteau e il cinema “ventimila leghe sotto i mari” anni ’50, si muove lo yellow submarine dell’oceanografo e documentarista Steve Zissou/Bill Murray, capitano di una ciurma sgangherata alla ricerca del fantomatico squalo-giaguaro. Una B-side dalla trama esile e scanzonata (ma va bene così), che serve al regista per mettere in scena il suo omaggio all’Italia (il film è interamente girato tra Roma, Latina, Nettuno, Ponza e altre località laziali) e ampliare lo smisurato parco-attori: ai già fedeli Bill Murray, Owen Wilson e Anjelica Huston si aggiungono i futuri habitué Jeff Goldblum e Willem Dafoe, più la “one movie stand” Cate Blanchett. E anche per regalare una delle colonne sonore più cult dei primi 2000: le cover di David Bowie del cantante di bossa nova Sei Jorge. Un bellissimo gioco: come il flipper ispirato al film – nota per milanesi e turisti – sistemato dal regista in un angolo del Bar Luce alla Fondazione Prada.

7Un colpo da dilettanti (Bottle Rocket) (1996)

Quando è uscita, questa opera prima sembrava così differente – pacata nella narrazione e insolita nelle sue caratterizzazioni – rispetto al panorama cinematografico che oggi fa quasi strano riconoscere che sia il film meno wesandersoniano di Wes. Eppure resta l’esordio notevolissimo ed eccentrico di un autore che sta cercando la sua voce ma ha già parecchie certezze. Wes ha anche l’intuizione di volere come protagonisti il compagno di università (e co-sceneggiatore anche del corto studentesco da cui è tratto) Owen Wilson e il fratello Luke al loro debutto. E il rapporto affettuoso e disfunzionale che i due traducono nella storia sgangherata di tre amici Candide del crimine è un altro dei motivi del successo del film. La critica si accorge subito di Wes. E il resto è storia.

6Rushmore (1998)

Prima di Moonrise Kingdom (vedi più avanti), Anderson con la sua opera seconda aveva già aperto la strada alla sua idea di teen movie. Con la storia di Max Fischer (Jason Schwartzman: aridaje), studente di liceo che, alle rigide nozioni scolastiche, preferisce dare libero sfogo alla creatività. Anche, per così dire, nelle relazioni che intesse con gli adulti, nonostante la giovane età: dal ricco ma infelice Herman Blume (Bill Murray: aridaje pure lui) alla timida maestrina Rosemary Cross (Olivia Williams, che invece ci piacerebbe ritrovare). Ne esce un triangolo sui generis libero e tenerissimo, in cui – come in tutto il cinema futuro di Wes – i giovani sembrano più maturi dei grandi, e viceversa. È pure il titolo che ha definitivamente imposto l’autore nel circuito indie USA (2 gli Spirit Awards portati a casa), mentre da noi è uscito direttamente sulla pay-tv di allora: vergogna (retroattiva) per i nostri distributori.

5Fantastic Mr. Fox (2009)

Alla prima esperienza con l’animazione in stop-motion, Wes fa subito centro. E pare ovvio per uno che da sempre crea universi visivi totali, vista anche la scelta di un soggetto (il primo non originale) a lui particolarmente congeniale: il romanzo di Roald Dahl sul volpone ladro di polli diventato padre di famiglia. Ma il regista non si limita a girare un film per bambini. Fantastic Mr. Fox è un film di Wes Anderson in piena regola, perché unisce la favola all’arguzia e all’umorismo di Wes, trasformando il materiale di partenza di Dahl in una heist comedy campagnola in piena regola. Il resto lo fanno le istituzioni al doppiaggio: George Clooney presta il suo fascino effortless a Mister Fox, mentre Sua Maestà Meryl Streep è la voce della deliziosa Miss Fox. Nomination all’Oscar come miglior cartoon, ma quello fu l’anno di Up. Era chiaro però che la storia d’amore di Wes con lo stop-motion era appena iniziata.

4Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore (2012)

«C’est le temps de l’amour, le temps des copains, et de l’aventure», canta l’adorabile Françoise Hardy “ospite” della colonna sonora. L’amore, gli amici (ma anche i fidanzatini), l’avventura: è esattamente ciò su cui s’incardina il secondo teen movie (si fa per dire) di Wes Anderson. Nel New England degli anni ’60, Sam l’orfanello imbranato e Suzy la boho precoce s’innamorano al campo scout estivo. E decidono di scappare insieme. Uno dei più teneri film sul primo amore, se non il film con più cuore tra quelli dell’autore. Che, al coming of age sentimentale, unisce la solita Wunderkammer: vedi la valigetta dei tesori che i due fuggiaschi si portano appresso. Solito cast stratosferico (Bill Murray, Tilda Swinton, Bruce Willis, Edward Norton, Frances McDormand, Harvey Keitel, Jason Schwartzman), ma pure i giovani protagonisti Jared Gilman e Kara Hayward erano deliziosi: che fine hanno fatto? Vogliamo il sequel!

3L’isola dei cani (2018)

La perversione per i dettagli di Wes trova il territorio più old fashion nello stop-motion a cui il regista texano torna dopo l’esperienza di Fantastic Mr. Fox. Ma qui la posta in gioco è ben più alta: per il film sono stati realizzati mille burattini in cinque dimensioni diverse. Insomma, un’impresa titanica e il paradiso per il diavolo Anderson. Scritto insieme alla sua “famiglia allargata”, ovvero il figlio di Francis Ford Coppola Roman e il di lui cugino (e volto indie) Jason Schwartzman, il lungometraggio è la sua opera più immaginifica, un omaggio a maestri come Kurosawa e Miyazaki. In un futuro non troppo lontano, la metropoli fittizia di Megasaki ha messo in quarantena i cani sull’Isola della Spazzatura dopo lo scoppio di un un ceppo di influenza canina che pare incurabile. Al doppiaggio c’è mezza Hollywood, dagli habitué wesandersoniani a Yoko Ono (!). Qualcuno ha parlato di appropriazione culturale, ma la verità è che se adorate il Giappone ve ne innamorerete e se amate gli animali vi commuoverete davanti a questa ode al miglior amico dell’uomo. Che è anche il film più sorprendentemente politico di Wes e una delle distopie più divertenti e insieme oscure del cinema. Perché ci sbatte in faccia LA domanda: “Chi siamo e chi vogliamo essere?”.

2Grand Budapest Hotel (2014)

Grand Budapest Hotel è la dimostrazione che Wes è l’unico autore indie che è riuscito a diventare in qualche modo mainstream rimanendo sempre testardamente se stesso, senza allinearsi ai dettami hollywoodiani. Questa è la prima volta che un suo film viene nominato agli Oscar nella categoria “best movie” e “best director” (vergogna!); in tutto ben nove candidature. E a portarsi a casa la (meritatissima) statuetta furono la nostra Milena Canonero per i costumi, Alexandre Desplat per la colonna sonora, gli scenografi e i truccatori. Che poi sono sempre vittorie di Wes e del suo inconfondibile immaginario, che qui è arrivato persino a costruirsi un hotel e un intero Paese: la Repubblica di Zubrowka (nell’Europa orientale comunista). Se l’albergo è il più grande personaggio del film il merito è del rosa smorzato scelto per colorarlo, di quel gusto pastello con cui Anderson dipinge gli ambienti e veste i protagonisti, creando dei piccoli mondi sognanti. E, a livello di narrativa, Grand Budapest Hotel è probabilmente la sfida più complessa che Wes abbia mai affrontato: un mix tra dramedy, thriller e intrigo politico con al centro un concierge (un Ralph Fiennes da antologia) con la passione per le donne anziane benestanti (Tilda Swinton, epica) in un’Europa pre-bellica frivola e luminosa, che stava andando di nuovo incontro alla brutalità della guerra. È il film più sontuoso di Wes, ma sotto a tutto quel magnifico décor ci sono un senso della storia, della perdita e una meravigliosa malinconia di fondo per un’epoca perduta di bellezza ed eleganza.

1I Tenenbaum (2001)

C’è chi considera Wes un regista più di forma che di sostanza. E I Tenenbaum è diventato il capolavoro più duraturo di Anderson proprio perché smentisce senza appello questo pensiero, con una sintesi perfetta del suo stile e di una storia dal cuore immenso. È il film su cui si continua a misurare il lavoro del regista texano anche a distanza di quasi vent’anni, perché Wes qui è così padrone della sua eccentricità, della sua sensibilità e del suo umorismo impassibile da trovare la purezza delle emozioni pur nel lusso della sua estetica così hipster da far male. I Tenenbaum è il ritratto à la Orson Welles di una famiglia borghese disfunzionale con un padre opportunista (un Gene Hackman larger-than-life) e una madre paziente (Anjelica Huston), che hanno cresciuto tre bambini prodigio – il magnate immobiliare Chas (Ben Stiller), la drammaturga Margot (Gwyneth Paltrow) e il tennista professionista Richie (Luke Wilson) – diventati adulti incasinati. Anderson tratta ognuno dei suoi coloratissimi personaggi con tenerezza ed empatia, esplorando la malinconia che deriva dal non riuscire a vivere all’altezza del proprio potenziale. E casa Tenenbaum è una delle creazioni più magnifiche di Anderson (la carta da parte con le zebre!). La love story tra i Margot e Richie poi è la più sincera e matura di tutti i film di Wes, special guest gli occhi bistrati e la pelliccia di una Paltrow clamorosa e la fascia e gli occhiali da sole di Wilson, sulle note di These Days di Nico. Il Wes Anderson definitivo.

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