Meglio: I discorsi di ringraziamento (quello di Silvio Orlando su tutti)
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Certo, il pazzo speech di Valeria Bruni Tedeschi per La pazza gioia resta inarrivabile. Ma quello di Silvio Orlando ai David 2022 gli si avvicina parecchio. Con la statuetta come miglior attore per Ariaferma in mano, ringrazia tra le lacrime la moglie, in platea si allarmano e lui rassicura: «No no, è viva»; e, aggiunge, è «la persona migliore che conosco». Poi, mentre Conti gli regge il microfono, va a braccio e piazza uno dei discorsi di ringraziamento più confusamente belli della storia della nostra Accademia, in cui le parole chiave sono «Muovere il culo» (detto a chi vuole fare l’attore) e il leitmotiv «Sta succedendo davvero?» (perché proprio non se l’aspettava di vincere: ed è sincero). Teresa Saponangelo, giustissima best supporting per È stata la mano di Dio, ringrazia le famiglie che sostengono chi vuole fare il suo sconsiderato (ed economicamente assai frustrante) mestiere, e poi rivela il commento del figlio di fronte alla sua performance nel film di Sorrentino: «Toni Servillo è più bravo». Eduardo Scarpetta, miglior non protagonista per Qui rido io di Mario Martone, è il primo piano più bello (e più commosso) mentre ricorda il papà che l’ha iniziato al teatro e che non c’è più. Bravi tutti: e adesso però andate a prendere ripetizioni da Jude Hill, il piccolo protagonista di Belfast che, nel ritirare il premio per il miglior film internazionale assegnato all’opera di Kenneth Branagh, si dimostra già un vero pro dei discorsi. A 11 anni appena.
Peggio: C’è un ministro in sala?
«Possiamo non aspettare il 15 giugno per toglierci le mascherine [nelle sale]?», chiede Carlo Conti a Dario Franceschini, guest star che dà il via alla (lunghissima) serata. C’è chi ha Chris Rock (loro), e chi il ministro (noi). Del resto, siamo il Paese del sindaco di Sanremo da sempre e per sempre sul palco nei momenti cruciali, figuriamoci se non accade anche (no: soprattutto) quando c’è un rappresentante del Governo in persona. Ad ogni modo, il conduttore garantisce l’unico frisson, in questo momento Piazza Pulita o talk show a piacere: dalla platea, dopo il suo appello pro esercenti e anti mascherine, si alza difatti un grande applauso liberatorio. Per il resto, un pippotto sul tax credit. In prima serata. Poi dice perché la gente non solo non va al cinema, ma cambia pure canale.
Meglio: Parlaci di cinema, Drusilla
“Dimmi che illusione non è.”✨#DrusillaFoer#David67 pic.twitter.com/HvD0Muw0kV
— 1990🤍🌞 #Peace🕊 (@EffecomeF) May 3, 2022
Salvate il soldato Conti. Dopo anni in solitaria, finalmente arriva qualcuno ad affiancarlo. Ovvero l’«eleganzissima» Drusilla Foer, rodata sul e dal palco dell’Ariston e impeccabile anche nel disordine. Canta e sbaglia le parole di Parlami d’amore Mariù (e inciampa pure sull’attacco di Senza fine, scelta come sottofondo del montaggio dedicato ai morti celebri dell’annata), ma lo confessa candidamente: e non è mica da tutti. È una signora del palco e il palco se lo prende tutto, nel suo abitone rosso (a inizio serata, poi passa al nero) da far impallidire i look del Met Gala. Ricorda quando da bambina andava al cinema a Tirrenia, declama frasi in fiorentino, urla “Sabbbrina!” quando consegna il David Speciale alla Ferilli, contrappunta la serata con note deliziose e mai leziose. Sorrentino in platea pare un po’ perplesso, ma siamo convinti che potrebbe chiamarla per un suo futuro film.
Peggio: Chiamate i presenter!
C’è ritmo, e non è una cosa scontata. E forse far salire e scendere dal palco dei “terzi”, inteso come attori e registi ospiti, a consegnare le varie statuette renderebbe il cerimoniale più lento e legnoso (ricordiamoci sempre che non siamo al Kodak Theatre, dove i tempi sono scanditi al nanosecondo: anche quando Will Smith fa saltare tutto). Però, ecco: non pretendevamo Zendaya o Bradley Cooper (riportati su scala nostrana: Benedetta Porcaroli e Alessandro Borghi?), ma che non siano sempre Carlo e Drusilla a consegnare i premi sarebbe cosa buona e giusta. Perché la regola “chi ha vinto l’anno precedente consegna la statuetta l’anno successivo” non deve valere anche da noi? Fortuna ci sono Paolo Sorrentino, salito teneramente sul palco ad assegnare il David Speciale al “suo” Antonio Capuano (splendido e commovente il suo urlo finale), e i Fratelli D’Innocenzo, che nell’aprire la busta con il nome del miglior regista esordiente regalano ai twittaroli quel brivido di (presunta) blasfemia che, sul primo canale, non guasta mai.
Meglio: I ‘rulli’ alla Techetechetè
Meno male che Mamma Rai c’è. Se è vero che Techetechetè è il più bel programma della tv di Stato (ed è vero), anche i David hanno i loro splendidi momenti d’archivio. Prima il bell’omaggio a Monica Vitti (dimenticata dagli Oscar: vergogna!), poi il montaggio che unisce tutti coloro che avrebbero compiuto cent’anni nel 2022: Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Pier Paolo Pasolini, Carlo Lizzani. E, anche se non è vintage ma strettamente contemporanea, è ottima anche la clip iniziale con tutti (o quasi) i film nominati quest’anno. Su musiche di Ennio Morricone, ça va sans dire.
Peggio: Il momento I migliori anni
Va bene: siamo su Rai 1. Va bene: c’è Carlo Conti a condurre. Ma sono le 23:06 (e mancano ancora centordici premi da consegnare) quando sul palco sale Umberto Tozzi per un numero in perfetto stile I migliori anni. Che diventa un vero e proprio awkward moment: sgolandosi su Ti amo, prova a far cantare il pubblico in sala ma si sente che la platea dei David è pietrificata (c’immaginiamo la faccia di Toni Servillo, già piuttosto imbarazzato di fronte ai Me contro Te, vincitori del David dello spettatore). Poi parte Stella stai, e noi però non stiamo: con tutto l’amore per Umbertone, è il momento perfetto per fare una pausa e andare in bagno.