Se vi è piaciuto Povere creature!, l’ultimo film di Yorgos Lanthimos candidato a 11 premi Oscar e attualmente al primo posto nella classifica dei maggiori incassi al box office italiano, allora sarete rimasti stregati (anche) dalla sua ambientazione, dalle scenografie e dai costumi che richiamano, continuamente, l’estetica steampunk. Ma andiamo con ordine. Il termine “steampunk” è stato coniato negli anni ’80 da scrittori come K.W. Jeter per descrivere opere di fantasia che mescolavano tecnologia a vapore e elementi fantastici in un contesto storico del XIX secolo, ma in realtà trae ispirazione, originariamente, da opere letterarie come quelle di autori come Jules Verne e H.G. Wells. Le opere steampunk spesso immaginano un mondo in cui la tecnologia a vapore è predominante, con macchinari intricati e una fusione di elementi futuristici e rétro; proprio come il mondo in cui vive Bella Baxter (Emma Stone) in Povere creature!, popolato da macchine volanti ad aria, navi imponenti ma super all’avanguardia, marchingegni complessi in legno e ottone e animali mutanti cuciti insieme stile Frankenstein.
Soprattutto, lo stile pseudo vittoriano degli abiti di Bella: costumi che non rispecchiano perfettamente l’epoca in cui si svolge l’azione ma capaci di offrire una suggestione, un’idea di convergenza tra passato e futuro, nonché uno sguardo importante sull’emancipazione del personaggio. La moda steampunk non si ferma alla riproduzione fedele degli abiti d’epoca, infatti, ma intreccia elementi antichi con la tecnologia e la fantasia moderna, dando vita a creazioni straordinarie che mescolano il romanticismo del passato con elementi fantastici e avveniristici. Accessori come occhiali a ingrandimento, ingranaggi metallici e dettagli meccanici diventano parte integrante di abiti e accessori, trasformando la moda in un’esperienza teatrale fantastica. Un esempio molto calzante è Wild Wild West (1999), in cui lo stile steampunk è piegato a un bizzarro contesto di spaghetti western, o fanta-western, tra tarantole meccaniche usate come mezzi di locomozione e costumi che fondono il mondo dei saloon con una fantascienza anacronistica dal sapore ottocentesco.
La costume designer Holly Waddington, la stessa che ha messo mano ai costumi per Barbie e Anna Karenina, in realtà ha dichiarato di essersi ispirata a un dipinto di Egon Schiele per la chioma corvina di Bella Baxter e a una serie di riferimenti legati alla storia della moda per i suoi abiti: dalle creazioni di Schiaparelli degli anni ’30 agli stivaletti che sono un omaggio a Courrèges, fino ai calzoncini gialli, nelle scene girate a Lisbona, in cui la reference è Jodie Foster in Taxi Driver. Gorgiere, corsetti e strati di chiffon sono gli elementi costanti che accompagnano il viaggio gotico di Povere creature!, in cui ogni pezzo del guardaroba di Bella passa attraverso la scoperta e la liberazione sessuale del suo personaggio, intrecciando passato e dettagli contemporanei come da tradizione steampunk, ma in modo molto più sottile. Tutto è giocato sulle silhouette affusolate degli outfit, che spesso enfatizzano spalle oversize o volumetrie esagerate; prendendo spunto dai look vittoriani e austeri dell’alta borghesia da una parte e creando design trionfanti e concettuali dall’altra, per mostrare la visione unica di Bella e di come il suo corpo stia mutando insieme alla sua mentalità, man mano che il film scorre sotto i nostri occhi. Piccola curiosità: oltre alla mantella in lattice, uno degli look più audaci è sicuramente l’abito blu che Emma Stone indossa prima di gettarsi in acqua all’inizio del film, quando è “ancora” Victoria Blessington. Ebbene, per ottenere quella nuance così cupa e in linea con l’atmosfera del film, pare che il vestito sia stato tinto nel blu fino a venti volte. Idem per la realizzazione del look dalle tonalità giallo mango: un’ossessione per i colori che, unita a quella per i capi, contribuisce a creare una grammatica dei cambiamenti di Bella.
Altri fattori tipici dello scenario steampunk possono essere rintracciati nel soggetto stesso del film: ciò che lega Bella al chirurgo-demiurgo dall’aspetto mostruoso (Willem Dafoe) rimanda, ovviamente, al Frankenstein di Mary Shelley, uno dei romanzi più cari alla cultura steampunk, in cui il rapporto conflittuale tra corpo, coscienza e tecnologia è profondo e contraddittorio. D’altronde, l’alchimia, la magia e gli innesti industriali o di natura cyberpunk rientrano perfettamente nel canone estetico dello steampunk. Tra i numerosi film che dipingono molto bene queste suggestioni, possiamo citare Macchine mortali (2018), ambientato in un mondo post-apocalittico in cui intere città semoventi lottano tra di esse per alimentare i motori su cui si sorreggono. L’architettura ispirata alla Belle Époque in contrasto con veicoli d’antan (locomotive, aeronavi, sottomarini) che sfrecciano alimentati dalle cosiddette energie pulite, sono le classiche immagini pioneristiche di un futuro passato che vediamo anche in Povere creature! e che innescano un cortocircuito con altri mondi possibili e catastrofici, a volte estremamente rappresentativi di una certa critica alla società in cui viviamo.
Basti pensare alle visioni lisergiche del cinema di Terry Gilliam durante gli anni ’80, in particolare a Le avventure del barone di Munchausen e Brazil, in cui i quartieri più industrializzati diventano prigioni o cattedrali in lamiera che intrappolano e determinano il modo di vivere degli esseri umani. Su questa stessa scia, ma in una chiave molto più classica e accessibile, ritroviamo qualche traccia di questo genere anche in pellicole molto diverse tra loro come Hugo Cabret di Martin Scorsese, Sherlock Holmes di Guy Ritchie, nella saga di Lemony Snicket e, in parte, nelle magie elettriche che caratterizzano The Prestige di Christopher Nolan. Allargando un po’ la nostra visuale, scopriamo come anche il cinema giapponese d’animazione sia profondamente legato all’estetica steampunk: da Galaxy Express 999 a Il mistero della pietra azzurra, passando per Neon Genesis Evangelion e Il castello errante di Howl, sembrano tutte storie di fantascienza scritte alla fine del diciannovesimo secolo ma con un gusto fortemente accattivante e contemporaneo.
Con Povere creature!, la sensazione è che la nostalgia per il passato, combinata alla voglia di sperimentare e immaginare un futuro alternativo, stia aprendo una strada per riflettere sull’identità e sulla possibilità di riscrivere la storia della società, seppur partendo da immaginari assurdi e non conformi che solitamente vediamo negli horror distopici di Carpenter o Cronenberg. Un’evoluzione dello stile steampunk – rivisto e aggiornato per il grande pubblico – che, attraversando i libri e la storia del cinema e del costume, sembra essere destinata a rimanere come pattern significativo e ispiratore per i prossimi mondi (filmici e non) a venire.