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C’è ancora Solinas

E c’è ancora cinema italiano, nonostante sia sempre più difficile convincere le piattaforme della “forza delle idee”, nonostante l’IA e i suoi possibili scenari. Cronache cine-balneari dal premio più bello del mondo

Foto press

Nemmeno l’intelligenza artificiale avrebbe potuto tirarci fuori di lì. La Maddalena, ultima sera di Premio Solinas 2024, ultima curva prima del paese, ed è lì che il pullman s’incaglia. Tre macchine di qua, una di là, non si va. Che è già da sola una grande metafora del cinema italiano: sul pullman ci sono i mejo sceneggiatori, qualche regista, produttori in cerca di pitch, giornalisti imbucati come me (unica categoria sacrificabile, di sicuro gli ultimi sulle scialuppe di questo apparente Titanic). L’autista sardo non fa un plissé, manco suona il clacson, nello sconcerto generale – soprattutto romano: “Avete in mente Piazza Venezia?”.

Poi parte un film che si scrive da solo. La macchina che, se levata, potrebbe farci passare è di Stella (nome di fantasia), che fa la cameriera in una pizzeria lì dietro. Di solito lascia le chiavi nel cruscotto, fanno sapere fonti vicine interpellate dall’unica cronista che sente la chiamata dello sgùpp, ma quella sera ovviamente no. Parte la ricerca della ragazza, il pitch che ne verrà fuori sarà una comedy o un true crime? Cinquanta minuti dopo siamo liberi, applauso a Stella e all’autista, il nostro Sully che ci porta salvi a cena, la cosa davvero importante. Il cinema italiano è sempre una grande cena, o forse la sua stessa attesa.

Il Solinas è il premio più bello del mondo, il luogo più bello del mondo, l’ho già detto varie volte. Un luogo ideale che raduna gli sceneggiatori del futuro, ragazzi e ragazze che scrivono soggetti per i film e le serie che vedremo domani (spesso succede). E anche se gli scrittori senior dicono loro “Guardate che là fuori è difficile”, loro ci credono e vanno avanti. Quest’anno al Franco Solinas, il premio principale per i soggetti cinematografici, hanno vinto la storia di due gemelli e la loro educazione sentimentale, quella – un po’ bellocchiana, va detto – di una balia nell’Italia degli anni ’50, e il giallo su una commercialista veneta. Tra le serie, la storia di una donna che incontra il fantasma di Carolina Invernizio (la voglio vedere adesso). C’è ancora cinema italiano, nonostante tutto, c’è ancora Solinas, ragazzo anche lui, che va verso i 40 (l’anno prossimo) con lo spirito più giovane e ganzo di prima – succede spesso anche agli umani.

“La forza delle idee” era uno dei punti fermi di quest’anno, nei convegni vista mare con dress code costume da bagno (eccetto la maggior parte dei romani, quest’anno vestiti come per andare a Cortina, dunque pentitissimi). La forza delle idee nonostante le piattaforme, dopo l’ubriacatura da Covid, siano sempre più toste, “cercano l’IP (che, lo dico ai profani, non è la benzina: sta per Intellectual Property) di casa nostra ma poi vanno sempre sull’usato sicuro, le serie tratte dai libri, e dai film, e dalle biografie storiche (meglio se di patrioti, come da nuova direttiva di governo). Ormai non cercano quasi più niente di originale” (mentre scrivo, al bar sta passando una cover dance di Whenever Wherever di Shakira: pure le canzoni tratte dalle canzoni, temo sia così ovunque).

La forza delle idee nonostante l’intelligenza artificiale, che citavo prima perché era l’altro nodo da sciogliere. “Ma non siamo il paese degli sceneggiatori che scioperano, come gli americani”, si sente sospirare durante il convegno. “Non abbiamo mai tagliato la testa al re, figuriamoci se ci mobilitiamo per il futuro delle sceneggiature”. Il fronte comune è: “L’IA c’è, cerchiamo solo di usarla bene”. Per ora l’utilizzo principale è: immagini di gattini e traduzioni di pitch da mandare all’estero, oltre le Bocche di Bonifacio.

Ci sono un po’ meno ragazzi quest’anno, perché la Bottega della Sceneggiatura, il concorso feat. Netflix che ha partorito ottime cose negli ultimi due anni, non ha ancora selezionato i suoi finalisti. Dunque i ragazzi dobbiamo farli noi, sotto cassa l’ultima sera con la house che pompa, prima che arrivino i minorenni sardi che, giustamente, ci spediscono a letto. La mejo gioventù che, anche questo l’ho già scritto, ha cambiato lo scenario cinematografico e soprattutto seriale italiano degli ultimi dieci-vent’anni e cerca di mantenere quelle idee, e la loro forza.

L’ultimo giorno nessuno si fa più fregare. L’anno scorso la gita a Caprera era andata a seconda dell’autista della navetta su cui eri capitato. I fortunati (io tra loro) sono finiti travolti da un meraviglioso destino in una cala verdeazzurra, gli altri alla casa di Garibaldi. Ancora ci soffrono, ma forse in quest’ultimo anno hanno buttato giù qualche idea per future fiction patriottiche, chissà. Stavolta ci si organizza per tempo per prendere i gommoni. Il sabato pomeriggio parte una flotta verso Budelli che è forse anch’essa una grande metafora del cinema italiano. Ci si aggancia in quattro alle Piscine, qualcuno tira fuori il vino, altri hanno dimenticato la borsa coi panini ma sticazzi, c’è il vento di settembre, Spargi sullo sfondo, e anche stavolta chi lo ammazza, il cinema italiano.

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