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Come Ludwig Göransson sta cambiando il mondo sonoro di ‘Star Wars’

In tanti hanno provato a riprendere i temi immortali che John Williams ha ideato per l’universo di George Lucas. Con ‘The Mandalorian’, il compositore svedese ha dimostrato di essere il suo unico degno erede

Foto: Lucasfilm/Disney+

Era precisamente un anno fa quando venne annunciato che John Williams avrebbe composto il tema centrale per la serie Obi-Wan Kenobi, sancendo presumibilmente il suo ultimo viaggio nell’universo di Star Wars e dedicando la sua ultima impresa a uno dei personaggi più iconici della saga, non ancora insignito di un suo leitmotiv. La musica di Star Wars ha percorso di pari passo il successo e la narrazione della casata Skywalker forgiando in unico uomo il sapere della composizione per l’iperspazio con un suono e una musicalità così distintivi da renderli riconoscibili per sempre. Dalla marcia imperiale sino al tema della Forza, ogni nuovo giovane compositore è stato attratto e formato dal modo sognante di comporre di John Williams, creando un vero e proprio standard per i kolossal da lì a venire e per il cinema contemporaneo.

Attualmente, nel processo di rinnovamento della saga, sempre più compositori della nuova leva della musica per il cinema stanno prendendo in mano le redini e l’eredità Jedi di Williams, da Nicholas Britell, già conosciuto per la grandiosa musica originale di Succession, a cui è stato affidato Andor, a Nicole Holt, compositrice di Loki, che ha condiviso proprio con Williams il compito di rappresentare musicalmente Obi-Wan Kenobi. Ma solamente uno di loro potrebbe essere realmente il nuovo volto sonoro di Star Wars: Ludwig Göransson.

Con l’ultimo capitolo della terza trilogia di Star Wars, il cui insuccesso venne salvato unicamente dalla nuova composizione di John Williams che ancora una volta manteneva in piedi le redini del franchise, si sentiva il bisogno di iniziare a esplorare nuove linee narrative che mettessero al centro gli spazi non ancora esplorati dell’universo di Star Wars e che si discostassero da quanto già era stato ampiamente analizzato nelle trilogie di George Lucas.

‘The Mandalorian 3’. Foto: Lucasfilm/Disney+

Così come la narrazione doveva staccarsi da quanto precedentemente avvenuto, anche la stessa musica, così iconica e unica nel suo genere, forse la colonna sonora più riconoscibile mai scritta, doveva essere forgiata da un modo di comporre completamente differente, discostandosi da un’aura così ingombrante come quella di John Williams. Per questo motivo quando Jon Favreau e Dave Filoni iniziarono a ideare The Mandalorian (la terza stagione comincia il 1° marzo su Disney+) sapevano che la musica della serie avrebbe dovuto rappresentare un unicuum mai realizzato fino a quel momento per Star Wars, con un suono diverso rispetto alle colonne sonore originali di Williams, pur mantenendo intatto lo spirito e la caratterizzazione del mondo di Lucas. La scelta del compositore ricadde proprio su Ludwig Göransson, che già nel 2018 con Black Panther (premio Oscar per la migliore colonna sonora originale) aveva saputo rinnovare ed ampliare il mondo sonoro della Marvel, fino a quel momento ancora troppo legato a una musica fortemente epica e cinematica ma poco inserita all’interno della narrazione.

Come raccontato dallo stesso Göransson, il primo approccio con Favreau avvenne nel suo ufficio tappezzato da storyboard che ricostituivano da zero il mondo di Star Wars: «All’inizio ho letto la sceneggiatura e ho avuto una conversazione con Jon Favreau su quello che stavano cercando di realizzare. Mi ha mostrato alcune opere d’arte e immagini. Sono stato molto ispirato e mi sono chiuso nel mio studio per un mese e mi sono circondato da tutti gli strumenti più differenti tra loro. Appena ho iniziato a registrarmi, sembrava una meditazione. Era così che scrivevo musica da bambino. Volevo tornare un po’ a quella mentalità, perché ricordo di aver visto Star Wars per la prima volta da bambino e la musica, in particolare, aveva avuto un tale impatto su di me che volevo riconnettermi a quell’esperienza primordiale. Era una specie di viaggio in sé. Ogni strumento mi ha portato conseguentemente a un altro e, grazie a quegli strumenti, ho avuto l’ispirazione. Ho scritto circa cinque canzoni e queste canzoni sono diventate il materiale che ho usato durante lo spettacolo. Durante la serie segui questo personaggio che deve indossare obbligatoriamente un elmetto, quindi non emette espressioni facciali. La musica è l’espressione facciale del Mandaloriano, che racconta come si sente durante questo viaggio solitario. Quello è stato il mio inizio. Quello era lo scheletro della partitura».

Jon Favreau voleva specificamente che fossero affrontati nuovi mondi, abbracciando gli aspetti tecnologici della serie con la stessa mentalità compositiva con cui Göransson aveva rappresentato Black Panther e mantenendo intatta l’eredità musicale di Williams così come aveva rispettato quella di Rocky con Creed, aggrappandosi anche al genere western omaggiato nella serie; e diventando il primo compositore a cui è stato esplicitamente chiesto per la prima di volta di “profanare” quanto fatto fino a quel momento da John Williams.

Infatti, come analizzato dal giornalista di musica per il cinema Tim Greiving su The Ringer, Williams sino a quel momento, anche nei lavori della saga a cui non aveva partecipato direttamente, aveva fatto aleggiare sui compositori coinvolti il suo fantasma della forza, “perseguitandoli”. «Quando nel 2016 Michael Giacchino fu ingaggiato per comporre la musica di Rogue One, ha rappresentato perfettamente il lavoro di John Williams nella saga di Star Wars senza però apportare nulla di nuovo; quando John Powell ha scritto la musica di Solo, gli è stato dato un nuovo tema che Williams aveva composto per Han Solo e il mandato di tracciare un percorso familiare attraverso la galassia», ma mai di nessuno di questi compositori aveva avuto l’opportunità di pensare e creare una musica che potesse riscrivere il mondo di Star Wars attraverso nuove e inedite sonorità.

Partendo dal tema iconico del Mandaloriano, Göransson ha tracciato una nuova vita per la musica di Star Wars attualizzando secondo le sue caratteristiche compositive ogni aspetto di uno spazio così vasto che risulta rappresentato proprio dalla scelta di strumentazione così differente dai canonici aspetti iperspaziali, come la manipolazione sonora di alcuni elementi organici come il flauto Bes’bev, tradizionale flauto mandaloriano dalla timbrica orientale, su cui si fonda il suo tema sonoro, o l’utilizzo massiccio di chitarre elettriche, a enfatizzare un’atmosfera da spaghetti western.

«Quando ho iniziato a ricevere gli episodi e ho visto la portata della serie, tutti i diversi pianeti e le diverse creature, ho iniziato ad espandere il suono, aggiungendo gli elementi tecnologici, molti sintetizzatori e una produzione moderna», ha detto Göransson a Collider. «E poi il terzo elemento è un’enorme orchestra, con cui volevo ottenere l’anima di Star Wars. In cima al tema, nel mezzo del video, vedi il mondo espandersi. E senti l’orchestra che entra, e vedi la nave. E senti i corni e le trombe. Penso che Jon (Favreau) sapesse che volevo che The Mandalorian avesse un suo tema. Ogni volta che guardavamo un episodio, ogni volta che ci incontravamo, parlavamo proprio di quello che stavamo cercando di fare e di quello che la storia stava cercando di raccontare. Penso che volevamo creare qualcosa di nuovo, ma anche catturare l’anima di ciò che è Star Wars. Ho iniziato a pensare a come mi ha fatto sentire e come potevo effettivamente ricreare di nuovo quelle emozioni, ma in un modo inedito».

Lo schema narrativo di The Mandalorian, ispirandosi ad alcuni classici del mondo western e del cinema orientale, mostra un antieroe errante alla ricerca di una propria identità nello spazio sconfinato. Un cacciatore di taglie che si troverà a svolgere un compito forse ancor più importante della sua vita stessa. Immaginando determinate caratteristiche sia sceniche che narrative, è impossibile non pensare agli spazi sconfinati narrati da Sergio Leone e dalla musica di Ennio Morricone. In The Mandalorian l’epicità sonora rimane intatta ma con una strumentazione del tutto differente dall’originale williamsiano. L’utilizzo della chitarra fortemente distorta quasi a simulare l’esplosione di un corpo, il carillon per enfatizzare i momenti tensivi e i pattern sonori che di lì a poco avremmo ascoltato anche in Tenet fanno di Göransson il portavoce di un mondernismo empatico, dove la memoria sonora diventa l’esperimento per associare nuove sonorità a personaggi e ambientazioni iconiche pur mantenendo intatto lo spirito narrativo dei suddetti elementi. Rigenerare un nuovo mondo attraverso una nuova visione empatica. Il suono di The Mandalorian è così vasto e sconfinato, così come i mondi che lo governano, da far sì che i molteplici generi e i molteplici strumenti si adattino perfettamente ad ogni episodio. La sua capacità di studiare e di fondersi con la partitura, così come era avvenuto nello studio della strumentazione afrofuturista di Black Panther, nel tentativo di trasmettere autenticamente il sapore stellare, lo ha portato a ripensare a rigenerare i temi iconoclastici della casata Skywalker, in particolar modo durante l’apparizione di Luke Skywalker nella seconda stagione e soprattutto nella costruzione sonora del personaggio di Grogu, che risente fortemente del tema legato a Yoda.

«Conosco la musica di Star Wars», ha detto Göransson sempre a Collider, «ma penso che per questa serie in particolare ho voluto anche rendere omaggio al John Williams compositore. Ero davvero interessato al momento storico in cui si trovava quando scriveva questa musica. Erano gli anni ’70, e qual era il suo suono allora? Qual era la musica che stava scrivendo? Era stato un prolifico compositore molto prima di Star Wars. Sono tornato indietro, ho ascoltato un sacco di sue vecchie partiture, e ho anche ascoltato il modo in cui ha sperimentato la produzione e i suoni. C’è così tanto materiale».

In un cinema e in un mondo seriale che punta sull’iperrealismo, la percezione musicale e sensoriale si sta concentrando sempre di più sulla verosimiglianza d’immagine verso un’ipotetica realtà. Il viaggio eroico di un uomo solitario come in The Mandalorian diventa il pretesto per Göransson per utilizzare gli strumenti a fiato come fossero vento che si scontra con la modernità delle ambientazioni. Natura e high tech: «Il primo passo per creare la colonna sonora è stato aggiungere tutti questi strumenti organici: chitarre, basso, pianoforte, flauti, flauti dolci, perché sapevo che quello era un elemento importante da portare in questo mondo, è il sentimento umano organico».

La musica che accompagna un prodotto audiovisivo fornisce quindi importanti funzioni semiotiche nella narrazione, aiutando gli spettatori a identificare e comprendere i personaggi e dare un senso alle loro azioni. Come ha affermato Tom Schneller, compositore e docente di musica da film, la coordinazione della musica da film con immagini, stati d’animo, personaggi o azioni consente di determinare il contenuto semantico con maggiore precisione di quanto sia possibile.

Anche se nella terza stagione di The Mandalorian Göransson non ci sarà (ha lavorato alla colonna sonora di Oppenheimer di Cristopher Nolan), lasciando lo scettro al suo collaboratore Joseph Shirley, già compositore di The Book of Boba Fett, sembra evidente come il suo apporto abbia saputo reinterpretare ed implementare nel mondo di Star Wars una nuova via sonora rispettosa del passato ma con una visione nuova e originale nella rappresentazione dei molteplici mondi e linee narrative che lo abitano. Che sia Ludwig Göransson l’uomo giusto per una nuova trilogia? A noi sembra proprio di sì.

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