Devo ammettere di essere rimasto alquanto sbalordito quando, di fronte all’annuncio dei candidati per la migliore colonna sonora originale agli Oscar 2025, non ho sentito nominare il meraviglioso lavoro di Trent Reznor e Atticus Ross per Challengers. Diventato iconica al di là dello stesso film, il lavoro del duo, che spadroneggia da molti anni nel mondo della musica per immagini, riusciva a fondere perfettamente tutti gli elementi che dovrebbe rappresentare oggi una colonna sonora, sposandosi non solo al fine narrativo del film e dettandone perfettamente lo sviluppo ritmico e sensoriale, ma riuscendo ad emergere al di fuori del pubblico cinefilo e della stessa critica specializzata.
Per questo ho cominciato a riflettere su quali potessero essere stati gli elementi vincolanti per escludere un lavoro così ben costruito, e che per di più aveva appena vinto il Golden Globe per la stessa categoria. Perché non candidare Challengers al posto di altri score che potrebbero non essere considerati perfettamente originali, come ad esempio Wicked, di cui la canzoni – così come parte della musica di raccordo – erano già state composte per il musical originale di Broadway del 2003?
Per rispondere a tutte queste domande, ho incontrato il compositore italiano Fabrizio Mancinelli, che proprio da quest’anno è entrato a far parte del Music Branch dell’Academy. Con all’attivo molti film negli Stati Uniti e la collaborazione come direttore d’orchestra di alcune delle composizioni più celebri del compositore premio Oscar Kris Bowers (Green Book, Il colore viola, e quest’anno candidato per Il robot selvaggio), Mancinelli ci ha permesso di avere una panoramica perfetta di ciò che avviene durante le votazioni e quali sono tutti i criteri da dovere rispettare.
Come si compone la sezione musicale dell’Academy e quali sono i requisiti per farne parte?
Il Music Branch si compone di 406 membri, appartenenti a loro volta ai 10.800 che compongono l’intera Academy. A livello di votanti, circa 9.900 membri possono esprimere il loro voto, mentre i membri emeriti, che non possono più esercitarlo, sono una categoria considerata a sé stante. Per quanto riguarda le fasi preliminari di votazione, ovvero la shortlist che comprenderà effettivamente le nomination per la miglior colonna sonora e le migliori canzoni originali, solo i membri del Music Branch possono essere coinvolti. Per essere considerata eleggibile, la colonna sonora deve rispettare alcuni criteri imprescindibili che sono: l’originalità dell’opera; il fatto che lo score deve essere un lavoro creato appositamente per il film e non deve derivare assolutamente da musica preesistente adattata: e soprattutto il fatto che deve rappresentare almeno il 35% di tutta la musica che viene sincronizzata all’interno del film. Ad esempio, nel caso di Wicked, che non rappresenta totalmente un’opera originale in quanto tratta dal celebre musical di Broadway, l’apporto creativo di John Powell e Stephen Schwartz, autore delle stesse canzoni, è stato valutato senza dubbio come superiore al 35%, il che l’ha reso eleggibile. Per effettuare queste specifiche analisi, avviene un confronto incrociato tra il QSheet, che è una lista dettagliata delle composizioni prodotte per il film, e la musica effettivamente utilizzata. Se c’è qualche dubbio, i membri dell’Executive Committee del Music Branch possono effettuare un’ulteriore verifica, potendo richiedere ulteriori dettagli alle stesse produzioni. Ad esempio, Dune – Parte due è stato giudicato non idoneo perché conteneva troppa musica preesistente (più del 20%) appartenente al precedente capitolo, nonostante la produzione abbia cercato di farla passare come originale. Questo tipo di decisione è tipicamente più rigida rispetto ad altri premi come i Golden Globe, che tendono ad avere regole più flessibili e che infatti presentavano la musica di Hans Zimmer tra le loro candidature. In questo caso, anche se una parte della musica era originale, non raggiungeva il 35%, quindi il comitato ha deciso di escluderlo. In casi simili, se la musica originale viene comunque ritenuta particolarmente significativa ai fini artistici, il comitato esecutivo può intervenire e fare una valutazione diversa, ma la decisione finale fa sempre capo all’intero Music Branch.
Quali sono i requisiti per entrare a far parte del Music Branch?
Per diventare un membro votante dell’Academy bisogna rispettare determinati requisiti che fanno capo sia al numero di crediti necessari per accedere al Music Branch che alla loro relativa importanza. Sicuramente uno degli aspetti fondamentali per rendere la tua candidatura eleggibile è avere sempre due membri sponsor che ti supportano. Nel mio caso sono stati il compositore italiano Carlo Siliotto, membro dell’Executive Committee nonché musicista di grande rilievo che considero un mentore e un amico, e Kris Bowers, compositore premio Oscar con cui ho il piacere di collaborare da moltissimo tempo. Loro hanno presentato la mia candidatura all’Executive Committee del Music Branch, che poi vota per decidere chi entra a far parte effettivamente dell’Academy. I nuovi membri vengono votati una volta all’anno e per essere selezionati vengono valutati diversi aspetti. Per esempio, nel mio caso, è stato sicuramente preso in esame come avessi nel mio background già una carriera solida, con progetti importanti, come 17 lungometraggi distribuiti negli Stati Uniti, insieme all’aver lavorato con persone di grande spessore come Richard Sherman, che ha vinto l’Oscar per Mary Poppins. Oltre a ciò, il fatto di far parte della comunità musicale locale e di aver lavorato come direttore d’orchestra su film come Green Book e Il colore viola ha sicuramente avuto il suo peso. Ma avere dei crediti giusti, così come le stesse sponsorizzazioni, non è una certezza. L’Academy ti accoglie solo se pensano che tu stia dando un contributo significativo all’evoluzione dell’industria sia a livello artistico che professionale.
Passando ad uno dei temi più spinosi delle recenti nomination, qui in Italia così come immagino anche negli Stati Uniti, ha fatto molto scalpore l’assenza di Challengers tra i candidati all’Oscar. Era presente nella shortlist e ha vinto il Golden Globe per la miglior colonna sonora. Ovviamente non possiamo entrare troppo nel merito del processo di voto, ma secondo te, da compositore e non prettamente da membro del Music Branch, quali potrebbero essere stati i motivi per cui una musica così legata al film e conforme ai criteri che mi hai spiegato precedentemente non è riuscita a entrare nella cinquina finale?
Premesso che il mio voto vale uno e che non posso rivelare le mie preferenze, la questione di Challengers che vince il Golden Globe ma non ottiene la nomination agli Oscar è senz’altro un tema su cui dibattere. Il film era presente nella shortlist, che quest’anno era molto variegata: c’erano colonne sonore di stili molto diversi, dal lavoro orchestrale di John Debney per Horizon a quello più sperimentale di Challengers oppure di The Brutalist. Questo dimostra che senz’altro il Music Branch dell’Academy ha riconosciuto la validità del lavoro di Reznor e Ross. Tuttavia, il processo di selezione per le nomination è diverso: mentre per la shortlist si votano 15 titoli in ordine di preferenza, per le nomination finali si esprimono solo cinque preferenze. I primi cinque con più voti entrano in nomination, senza che noi sappiamo quanti voti abbiano ricevuto gli esclusi. È possibile che ci sia stato uno “split” tra colonne sonore con stili simili, oppure semplicemente che Challengers non abbia ricevuto abbastanza voti per rientrare nella cinquina finale. Guardando le nomination di quest’anno, si nota un’ampia varietà di stili: The Brutalist con il suo approccio sperimentale; Emilia Pérez con una forte componente musicale narrativa; Il robot selvaggio, che unisce elettronica e orchestrazione tradizionale; Conclave con il suo stile minimalista tipico di Volker Bertelmann; e Wicked, che rappresenta la colonna sonora più classica e orchestrale. Questo equilibrio dimostra che i membri hanno cercato di rappresentare più stili differenti, che oggi ritroviamo effettivamente nella composizione di musica per immagini. Infine, il fatto che Challengers abbia vinto il Golden Globe non garantiva automaticamente la nomination agli Oscar. Da qualche anno a questa parte le due premiazioni non sono più così interconnesse tra loro. E, anzi, paradossalmente dopo la vittoria ai Golden Globe se n’è parlato ancora di più, anche all’interno dell’Academy. Quindi non si tratta di una bocciatura, semplicemente il voto ha seguito una sua logica e una sua dinamica interna.
Quando votate c’è anche una sorta di suddivisione implicita tra le diverse tipologie di colonne sonore? Nel senso: Challengers non è in competizione diretta con Wicked, ma è più probabile che abbia diviso i voti con The Brutalist o altre colonne sonore più sperimentali?
Sì, senz’altro. Secondo me, il votante del Music Branch che ha una preferenza per uno score più classico, come Wicked, probabilmente metterà in ultima posizione uno score sperimentale. Allo stesso modo, chi è orientato verso colonne sonore più innovative potrebbe non includere affatto Wicked nella propria cinquina. Questo può aver portato a una frammentazione dei voti: chi ha scelto The Brutalist, pur essendo uno score sperimentale, potrebbe averlo preferito per la presenza di alcuni momenti orchestrali o per il suo approccio narrativo. L’utilizzo della colonna sonora in Challengers è stata una scelta artistica molto forte, voluta da Guadagnino e dai compositori Trent Reznor e Atticus Ross, che hanno fatto un lavoro creativamente molto valido. È un’idea con una visione precisa, che può piacere o meno, ma che ha sicuramente una sua forza compositiva. L’unica spiegazione che posso dare è che i voti dei membri più inclini alla sperimentazione si siano dispersi, finendo per non garantire a Challengers un numero sufficiente di preferenze per entrare tra i cinque nominati.
Però ad esempio lo scorso anno sia Oppenheimer che Povere creature! presentavano una combinazione di orchestrale ed elettronica, con elementi anche sperimentali. Considerando che i due score condividevano una matrice simile, come ti spieghi il fatto che siano stati entrambi nominati, mentre quest’anno sembra esserci stata una dispersione di voti tra le colonne sonore più sperimentali? C’è stato un criterio diverso nella selezione o è semplicemente una questione di come si sono distribuite le preferenze?
Premesso che, a mio avviso, le colonne sonore di Oppenheimer e Povere creature! sono comunque molto diverse, nel senso che una è massiva e l’altra è più sperimentale, vedo negli ultimi anni una sorta di wild card rappresentata da lavori sempre più sperimentali, come appunto Povere creature!, o la musica di Mica Levi (nominato agli Oscar nel 2017 per Jackie di Pablo Larraín, ndr), o quest’anno The Brutalist di Daniel Blumberg. Ho letto ieri una recensione molto interessante in cui si parlava dei cosiddetti “high-minded voters“, ossia quelli che votano per questo tipo di score, quelli più orientati verso un’arte musicale d’avanguardia. Questo è importante perché consente di avere una maggiore varietà rappresentata. Oppenheimer, pur essendo un lavoro moderno, ha un carattere più legato a una narrazione più tradizionale: pur non essendo tradizionale in senso assoluto, la sua linea musicale è ben definita, come un buon attore che porta avanti il suo ruolo dall’inizio alla fine, facendo vedere la propria crescita. Al contrario, Povere creature! è come un attore istrionico, che cambia molto di più durante la performance, proprio come la colonna sonora del film. The Brutalist, rispetto ad altre colonne sonore moderne come Il robot selvaggio, è comunque un lavoro che presenta anche dei momenti orchestrali, seppure sperimentale. Non sto esprimendo preferenze, ovviamente, perché non è il mio ruolo, ma penso che tutti questi lavori siano al top della qualità. La cosa più bella e interessante del Music Branch è la sua varietà. Ci sono persone di tutte le età, dai giovani ai più anziani, così come Finneas e Billie Eilish, oppure il paroliere e compositore Mike Stoller, che ha più di novant’anni. Questo è importante, perché è un ambiente dove si ascolta molto, si discute e ci si consiglia. È un processo molto stimolante, e alla fine, per formarsi dei gusti musicali, bisogna ascoltare un po’ di tutto. Poi c’è la responsabilità dell’Executive Committee di valutare l’ammissibilità dei lavori, e in questo caso le regole sono obiettive, non soggettive, ed è fondamentale che siano così.
Quanto conta davvero l’originalità della musica e il suo legame con la narrazione rispetto alla popolarità del compositore o del progetto?
Premesso che non credo che la popolarità giochi effettivamente un ruolo decisivo, è indubbio che se un film non è particolarmente importante o non ha una grande visibilità, è più difficile farlo “ascoltare”. In fin dei conti, se vengono considerati 400 film, non è realistico poter ascoltare tutte le colonne sonore. Personalmente ascolto tutto ciò che devo ascoltare per correttezza e responsabilità, ma non è sempre facile. Per esempio, ho scritto la colonna sonora per Here After – L’aldilà, ma il film non ha avuto la stessa pressione mediatica di altri. Se fosse stato sottoposto alle regole generali di ammissibilità, sarebbe stato difficile farlo notare, anche se la musica fosse stata effettivamente degna di un’attenzione maggiore. Allo stesso modo, ci sono film che arrivano alla nomination con un riconoscimento già consolidato. In alcuni casi, ciò può favorire un compositore o una musica in particolare. Un esempio di ciò è Daniel Blumberg, che con The Brutalist è stato nominato per un Oscar nonostante sia il suo secondo film come compositore. E poi ci sono compositori come il nostro Ennio Morricone, che, pur avendo avuto una carriera leggendaria, ha ricevuto solo alla fine della sua carriera dei riconoscimenti ufficiali, quasi come risarcimento (ha ricevuto l’Oscar alla carriera nel 2007 e il primo “vero” per la miglior colonna sonora nel 2016 con The Hateful Eight di Tarantino, ndr). È chiaro che il valore di Morricone va ben oltre le nomination e i premi, e che alla lunga la sua validità nell’industria musicale non può essere messa in discussione, anche se altri compositori hanno ricevuto più riconoscimenti.
Rimanendo sul tema della promozione di un film, così come della sua colonna sonora originale, A24 da un po’ di anni a questa parte presenta la musica originale ancor prima che il film arrivi in sala. Ricordo che fecero lo stesso anche per Everything Everywhere All at Once, che poi avrebbe vinto 7 Oscar in totale (ma non quello per la miglior colonna sonora). Quindi, anche in un contesto più ampio e non solo legato al periodo dei festival e delle premiazioni, come si può contrastare questa strategia o, al contrario, come potrebbe essere un modello da seguire?
Non credo che sia un aspetto da “contrastare”, perché è un modello che funziona. L’industria musicale e quella cinematografica sono sempre state interconnesse. Ora, ad esempio, con un film come The Brutalist si porta alla luce una colonna sonora che, se non avesse ricevuto quel tipo di promozione, magari molte persone non avrebbero mai ascoltato. Inoltre, permette a nuovi nomi di emergere, cosa che è sicuramente positiva. Non si tratta di contrastare questa strategia, ma di rispondere con eleganza e interesse. Sono convinto che la maggior parte dei membri del Music Branch ascolti attentamente tutto ciò che viene sottoposto. Quello che conta è come viene presentato. Ad esempio, quest’anno ho trovato molto interessante la colonna sonora di Umberto Smerilli per A Different Men, sempre di A24, che purtroppo non ha ricevuto la giusta attenzione. Questo è il problema: tra la quantità di film realizzati e la scelta delle case di produzione di scommettere sui propri “cavalli vincenti”, alcuni progetti, anche se validi, finiscono nel dimenticatoio. Gli Studios, come in una gara, devono scegliere il loro cavallo da corsa, e se hanno più opzioni tendono a puntare su quelle più sperimentali per differenziarsi dai film mainstream. Altrimenti finiscono nella stessa battaglia con altri film, magari come Wicked, che sono realizzati secondo altri standard.
Il processo di selezione musicale è cambiato negli ultimi anni? Ci sono state introduzioni tecnologiche o nuove sensibilità che hanno influenzato le scelte?
Questo credo che sia sempre successo. Nella storia delle colonne sonore ci sono state diverse ondate stilistiche: dalla grande Golden Age orchestrale ai cambiamenti degli anni ’70. Basti pensare al caso del Sipario strappato di Hitchcock: inizialmente la colonna sonora era stata affidata a Bernard Herrmann, ma fu poi sostituito da John Addison perché si cercava un sound più moderno. Oppure si può guardare alla Disney, che per anni ha puntato su colonne sonore orchestrali con canzoni nello stesso stile, per poi aprirsi a un linguaggio più pop, come con Le avventure di Bianca e Bernie, e ancora di più con Oliver & Company, in cui troviamo Billy Joel. Poi, con Alan Menken, è tornata la struttura più classicamente musicale. Ci sono sempre corsi e ricorsi, perché l’industria cerca di adattarsi alle nuove generazioni. Oggi, ad esempio, si punta su songwriter con un forte seguito sui social media, perché la promozione musicale è cambiata. Ma se guardiamo bene, il linguaggio della musica da film ha sempre mantenuto un suo nucleo distintivo: ci sono due strade separate e parallele. Da un lato c’è il linguaggio musicale più “cool” del momento, dall’altro la strada maestra che parte dagli albori della musica per film e continua ad evolversi. Anche John Williams, pur rifacendosi a Korngold e altri autori classici, ha sviluppato un proprio linguaggio. Lo stesso vale per compositori contemporanei come John Powell, che è un erede del sinfonismo orchestrale ma con un approccio più moderno, o Kris Bowers, capace di scrivere in qualsiasi genere pur mantenendo una forte identità musicale. Personalmente ho sempre creduto che l’evoluzione musicale debba guardare avanti senza dimenticare il passato. Quando scrivo musica, il mio approccio è proprio questo: lo sguardo rivolto al futuro, ma con la consapevolezza delle radici. È importante vivere in una realtà musicale non monocromatica ma multiforme, in cui possiamo spaziare tra generi diversi, arricchendo il nostro bagaglio culturale.
Non credi che la candidatura di Wicked possa creare un precedente? Certo, come hai detto, la colonna sonora è originale nel contesto del film, ma dal punto di vista del pubblico – anche quello generalista – Wicked non è percepito come un’opera musicalmente originale, dato che le canzoni esistono già da tempo. Non pensi che questo possa aprire la strada, in futuro, a un numero sempre maggiore di musical che, aggiungendo solo due o tre brani inediti, potrebbero comunque rientrare tra i candidati? Non c’è il rischio che si perda il concetto di colonna sonora interamente originale?
Questa discussione esiste da tempo. Fino agli anni ’90, se non sbaglio, c’erano addirittura due premi distinti: miglior colonna sonora e miglior colonna sonora per un musical o una commedia. Mi pare che nello stesso anno abbiano vinto Luis Bacalov per Il postino e Alan Menken per Pocahontas, o qualcosa del genere. Poi, visto che Menken vinceva praticamente ogni anno, tra miglior colonna sonora per musical o commedia e miglior canzone originale, si decise di accorpare le due categorie in un’unica sezione. Da quel momento, le colonne sonore dei musical sono state nominate meno frequentemente. Se non sbaglio, l’ultima volta che un musical ha vinto in questa categoria è stato con La La Land, otto anni fa. Quest’anno, tra i candidati, ci sono due film musicali: Emilia Pérez, che però secondo Jacques Audiard non dovrebbe essere considerato un vero musical, e Wicked. Detto questo, il lavoro di John Powell su Wicked è mastodontico: è un film di due ore e mezza con una partitura ricchissima, e liquidarlo come basato su materiale preesistente non mi sembra corretto. Non credo che questa candidatura creerà un precedente pericoloso, perché il cinema segue sempre le mode: un anno ci sono decine di musical, l’anno dopo sembrano essere scomparsi, poi ritornano.
Però perché per Dune – Parte due non è stato fatto lo stesso ragionamento?
Io mi fido completamente del processo, anche perché sono le stesse persone ad aver valutato entrambi i casi, e parliamo di professionisti che firmano affidavit proprio per garantire imparzialità, evitando simpatie o antipatie personali. Inoltre, John e Hans si conoscono bene, John viene dallo studio di Hans e sono amici, quindi non si tratta certo di una questione personale. La situazione di Dune – Parte due è stata discussa a lungo e c’è stata anche una lettera ufficiale inviata da Zimmer al Music Branch, che è stata valutata con attenzione. Evidentemente, secondo i criteri stabiliti, la colonna sonora non rispettava la percentuale richiesta per essere candidata. Detto questo, Hans Zimmer ha già vinto l’Oscar altre volte, quindi non credo che questa mancata candidatura sia un problema per lui. L’aspetto più importante da sottolineare è che ci sono delle regole precise, con una percentuale di musica originale ben definita, e il Music Branch segue queste linee guida in modo rigoroso. L’Executive Committee che si occupa di queste valutazioni è composto da persone di una serietà impeccabile, e di questo sono assolutamente sicuro.
Tornando invece al tuo lavoro di compositore, so che hai lavorato su Anuja, un cortometraggio che è in gara agli Oscar nella categoria miglior cortometraggio live action. Mi incuriosisce sapere com’è stato il lavoro su questo progetto, anche considerando l’elemento culturale legato alle due protagoniste, che è molto presente nel film. Che tipo di studio è stato fatto per integrare questi aspetti nella colonna sonora? Inoltre, ascoltandola, ho percepito delle sfumature che mi hanno ricordato certe sonorità del mondo disneyano. È stata una scelta consapevole o è qualcosa che è emerso naturalmente nel processo creativo?
La storia, pur essendo ispirata a fatti reali (racconta di una bambina indiana di 9 anni che lavora in una fabbrica di abbigliamento a cui viene offerta l’opportunità di frequentare la scuola, mettendo in crisi il rapporto con la sorella, ndr), mantiene sempre una dimensione di fantasia. Durante il processo di scrittura, abbiamo discusso molto sull’elemento favolistico, considerando che il film inizia con la sorella maggiore che racconta una storia alla sorella minore. Entrambe sono orfane, e da lì parte il racconto. Ho voluto che il suono fosse polveroso, quasi un po’ rovinato, per rispecchiare la fotografia, che ha i toni della trra. Abbiamo cercato di dare una sensazione di colore cromatico simile senza però cadere nella trappola di una musica indiana “parodistica”. La musica doveva essere genuina, non una copia, ma al contempo accogliere l’elemento favolistico senza diventare troppo disneyana. Mi interessa sempre molto, quando lavoro per l’immagine, che la musica non sia mai fine a sé stessa, ma parte integrante dello storytelling, proprio come una buona sceneggiatura. La musica per me deve svilupparsi, perciò devono esserci dei nuclei tematici che si evolvono. La musica deve accompagnare il film, ma non deve mai interferire con la sua identità. Un aspetto importante era il passare del tempo, e quindi abbiamo usato il ticchettio degli orologi come una sorta di metafora, una scelta che non segue la tensione tipica dei thriller. La tensione si costruisce anche attraverso accordi positivi, ma è sempre sottolineata da qualcosa di inquietante, da quella sorta di ritmo ripetitivo, per mantenere una sensazione di scomodità.
Prima di salutarci, volevo chiederti quando ti rivedremo lavorare anche su progetti italiani?
Sta per uscire una commedia intitolata E poi si vede, prodotta da GreenBoo e Warner Bros. Italia, ideata dagli youtuber I Sansoni. È un progetto con un suono più mediterraneo, e del cast fanno parte attrici come Donatella Finocchiaro e Paola Minaccioni. La musica che ho scritto per questo film ha un’impronta molto diversa da quella a cui sono abituato, ma credo fermamente che la nostra personalità come compositori sia cruciale: dobbiamo essere capaci di trasferirla nella musica che componiamo, è la nostra identità. Ho avuto la fortuna di lavorare su un altro progetto interessante l’anno scorso, un film girato in Italia ma prodotto negli Stati Uniti, Here After, che citavo prima. Questo film mi ha portato ad essere nominato per la Society of Composers and Lyricists in America, insieme ad altri cinque colleghi, tra cui i compositori di Heretic e The Brutalist. La competizione è davvero ardua, ma la colonna sonora di Here After è stata fortunatamente ben accolta, e questo mi fa piacere, perché mi permette di fare il lavoro che amo. In Italia, potete ascoltare la mia musica ogni pomeriggio su Radio 2, nella trasmissione 5 in condotta di Serena Bortone. Non dimentico mai le mie radici italiane: ho lavorato a lungo con Nicola Abbatangelo su numerosi progetti, inclusi il musical The Land of Dreams, e con altri registi, il che è sempre un piacere. È bello diversificare i progetti su cui si lavora, perché così non ci si annoia mai.