Nei titoli di testa della Donna che visse due volte (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock, appare un occhio. La musica lo avvolge come una spirale, misteriosa e inquietante. Suono e immagine trasmettono il senso preventivo della storia che sarà. Il dramma di una donna “sdoppiata” il cui destino sarà tragico. La composizione parte lenta, poi sale. È come se la musica diventasse racconto, ad accentuare l’angoscia visionaria che seguirà. Quel tema è firmato da Bernard Herrmann, uno dei grandi compositori di colonne sonore, che sta a Hitchcock come Morricone a Leone, Rota a Fellini, Williams a Spielberg. La cifra artistica di Herrmann è diversa da quella dei nomi citati. Le sue partiture non sono fraseggi suggestivi e orecchiabili, sono basi orchestrate per potenziare una sensazione, una paura, un mistero. In questo senso è forse il maestro più riconosciuto.
Quando Hitchcock girò la famosa scena della doccia in Psycho, dove Janet Leigh viene uccisa dallo psicopatico Anthony Perkins, in un primo tempo decise che non era necessaria la musica. Ma cambiò idea, così disse a Herrmann di superare se stesso: «Voglio che le donne che vedranno questa sequenza abbiano paura tutte le volte che faranno la doccia». E così accadde. Da un sondaggio emerse che, facendo la doccia, gran parte delle spettatrici non tira la tenda ed era comunque a disagio. Nell’orchestrazione Herrmann fece a meno degli strumenti a fiato e usò solo la sezione degli archi. E tutti ricordiamo quei colpi di violino che accompagnano l’assassino mentre apre la tenda e pugnala la donna nuda con il sangue che scorre con l’acqua.
Nell’Uomo che sapeva troppo (1956) la musica è decisiva nello sviluppo del racconto. Occorreva l’esecuzione di un’orchestra che contenesse un momento ad altissimo decibel per coprire lo sparo del sicario. A Herrmann occorreva un forte colpo di timpani. Consapevole della propria vocazione, preferì ricorrere alla cantata Storm Clouds, composta da Arthur Benjamin, che riteneva più adatto di lui. Si limitò a dirigere l’esecuzione alla Royal Albert Hall di Londra. Hitchcock gli chiese anche una canzone. E ancora ne scelse una non sua, la celeberrima Que sera, sera, firmata da Ray Evans e Jay Livingston, che Doris Day rese popolare, e cantata, in tutto il mondo. Il musicista aveva un’idea sacrale della musica, mai avrebbe accettato dei compromessi.
Bernard Herrmann (1911- 1975) era un newyorkese nato da famiglia ebraica di origini russe. Come quasi tutti i suoi colleghi, era un americano di adozione, capace di fondere culture diverse. Mostrò subito la sua precocità a tredici anni, vincendo cento dollari per una composizione originale. Come accadeva ai superdotati, venne accettato all’esclusiva Juilliard School of Music di New York. Ormai si era fatto notare. La strada era spianata. Un anno decisivo è il 1938, quando il ventitreenne Herrmann, assunto come direttore dell’orchestra dell’emittente radiotelevisiva CBS, incontra Orson Welles, che gli affida la musica del dramma radiofonico War of the Worlds, dove il “genio” spaventò l’America convinta di essere davvero invasa dagli alieni. Tre anni dopo, Welles lo riassume per il suo Quarto potere, il titolo che diventerà un mito, collocato dalla critica al vertice assoluto del cinema.
Da quel momento, per il compositore c’è solo l’imbarazzo della scelta. E sceglierà il meglio. Alcuni dei maestri che gli hanno affidato i loro film: Robert Wise (Ultimatum alla Terra, 1951); Henry King (Le nevi del Kilimangiaro, 1952); Michael Curtiz (Sinuhe l’egiziano, 1954); Fred Zinnemann (Un cappello pieno di pioggia, 1957). Con Hitchcock ha collaborato anche in Marnie (1964) e nel Sipario strappato (1966). François Truffaut, il profeta della Nouvelle Vague, lo chiama per Fahrenheit 451 (1966). Le ultime due colonne, del 1976, sono per dei classici importanti: Obsession – Complesso di colpa di Brian De Palma e Taxi Driver di Martin Scorsese.
Per le ultime due musiche, e per Quarto potere, Herrmann ha ottenuto la nomination agli Oscar. Il premio assoluto gli è stato attribuito per L’oro del demonio (1942) di William Dieterle. Come spesso accade, l’Academy si è rivelata imprevedibile. Le composizioni più importanti e riconosciute dalla memoria del cinema, di questo grande musicista, sono state ignorate.