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Compositori nei film: Max Steiner, il viennese ‘superdotato’ che nobilitò Hollywood

Tenuto a battesimo (letteralmente) da Strauss e formato da Brahms, il compositore di ‘Via col vento’ è un pilastro della Golden Age. Ma nel suo curriculum non c’è solo Rossella O’Hara

Vivien Leigh e Clark Gable in una scena iconica di 'Via col vento'

C’è una frase musicale di un film di grande qualità armonica e di grande intensità. Evoca un’epica sorpassata, un mondo ricco, elegante, educato che non c’è più. È una composizione nobile e adesso da noi è molto popolare, lo è troppo. Sarebbe stato preferibile che rimanesse nel suo alveo, legata soltanto al racconto romantico – certo conosciuto, ma non deturpato – di un film che fa parte della più bella dotazione che ci appartiene. Il film è Via col vento, il compositore è Max Steiner. Era certamente, appassionatamente augurabile che quella frase non diventasse tanto popolare. La sentiamo tutte le sere da anni e la proposta continua, anche se non ne ha distrutto il sortilegio, certo lo ha compromesso.

Il tema, sappiamo, accompagna Porta a porta, condotto da Bruno Vespa. Se fossero stati ancora in vita Margaret Mitchell, David O. Selznick e Victor Fleming – rispettivamente scrittrice, produttore e regista di Via col vento –, anche a fronte di un’offerta irrinunciabile, avrebbero declinato. Se fosse stato in vita, Steiner avrebbe rifiutato, furibondo. Il declino di quella breve sinfonia lo si può misurare così: accompagnava la magione degli O’Hara e la tenuta di Tara, in Georgia, era cornice dei volti e dei corpi di Vivien Leigh, Olivia de Havilland, Leslie Howard e Clark Gable. Adesso avvolge uno studio algido senza mito, e introduce un conduttore davvero molto lontano da Clark Gable. Così come gli ospiti sono lontani da Vivien e Olivia. Mi fermo qui.

La storia di Steiner (1888-1971) sembra scritta da uno sceneggiatore di Hollywood. Ma uno dei più bravi, perché davvero la fantasia e i codici sarebbero stati inadeguati rispetto alla realtà di questo compositore. Viennese, per cominciare: si parla di musica, no? Un’altra piccola leggenda lo vuole a dirigere una sinfonia all’età di quattordici anni. Suo zio era Maximilian Steiner, direttore del Theater an der Wien di Vienna. Il padrino di battesimo di Max fu nientemeno che Richard Strauss. Ma non è finita: il suo insegnante di pianoforte fu Johannes Brahms. Strauss e Brahms non erano gente che si scomodava se non ne valeva la pena. Quando nel ’29 Max approdò a Hollywood, alla Warner, era già titolare di una storia musicale infinita, articolata e di altissima qualità. E là, in quei primi anni, fu un precursore. In California, Steiner trovò un gruppo di colleghi europei dotatissimi, che avrebbero fatto la storia delle colonne da film. Gente come Waxman, Deutsch, Friedhofer e Korngold. Ma fu lui a inaugurare l’era dei commenti musicali completamente originali e aderenti alla durata quasi totale del film, quando ancora si ricorreva a pezzi di repertorio o a brevi brani. Steiner, con le sue colonne, copriva oltre il 70 per cento del minutaggio.

Come molti degli artisti che arrivavano dall’Europa, capì l’America meglio degli americani. Così seppe adeguarsi a tutti i generi. Se proprio si doveva trovare un aggettivo prevalente, Steiner mostrò di gradire “romantico”. Nel ’36 lavorò sul film di John Ford Il traditore. Raccontava la vicenda di un ribelle che si fa comprare per poche sterline nell’Irlanda in lotta contro gli inglesi. Steiner trasmise una percezione intensa e sinistra del rimorso del delatore. Una colonna che creò un precedente. E diede il primo Oscar al suo autore. Due anni dopo, nei molti temi composti per La figlia del vento (in originale Jezebel), scrisse un valzer squisitamente alla Strauss, quando Henry Fonda costringe Bette Davis a ballare per punirla di fronte all’arrogante società sudista. Strepitosa la colonna di Via col vento: oltre tre ore di fraseggi che accompagnano scene d’amore, di guerra, di dramma e di storia. Col famoso tema portante finito poi tragicamente, come detto, a Porta a porta.

La composizione fu vittima dei giochi politici ed economici delle major, come spesso avviene. Via col vento ebbe tredici nomination e dieci Oscar, di cui due speciali (record di allora). Il sistema ritenne che fosse troppo “beatificato”, così premiò la colonna sonora di Ombre rosse (Richard Hageman. W. Franke Harling, John Leipold e Leo Shuken gli autori): grande film, ma musica piatta e banale. Una manovra dell’Academy persino grottesca, se si fa un confronto. Nessun film è stato raccontato come Via col vento. David O. Selznick, il produttore, era un vero aguzzino. Cercava la perfezione. Steiner doveva lavorare alla sequenza in cui Rhett (Gable), furibondo per il rifiuto di sua moglie Rossella (Leigh) di avere rapporti con lui, la prende in braccio con violenza e la porta in camera da letto. Selznick voleva che la musica esprimesse ciò che le immagini, condizionate dalla pesante censura di allora, non potevano. La passione, il sesso. Steiner si mise al lavoro. Lui, musicista educato alla scuola raffinata di Vienna, doveva reperire registri… diversi. Una prima proposta venne bocciata, e anche una seconda, da un Selznick spazientito. Ma Steiner era Steiner, niente gli era precluso. Si riapplicò, radunò in piena notte l’orchestra e convocò il produttore. Diresse il brano con una frenesia che non riteneva di possedere, privilegiando strumenti che non erano i violini. Selznick era soddisfatto: «Bravo Max, adesso si capisce che scopano».

Steiner ebbe una serie infinita di nomination all’Oscar e ne avrebbe meritati molti di più dei tre che gli attribuirono: al già citato Traditore, a Perdutamente tua (’42) e a Da quando te ne andasti (’44). Ma non sono queste le sue migliori composizioni. Basta ricordare altri due titoli: Casablanca di Curtiz (’43) e Il tesoro della Sierra Madre di Huston (’48). Tutti maestri che gli devono molto. Così come Rózsa, mitteleuropeo inventore “etnico”, Steiner superdotato “complessivo” meritava una puntata.

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