Rolling Stone Italia

‘Conclave’ è un’irresistibile Pope Fiction

Anche se lo fanno giustamente passare per “Oscar material”, considerati regista (Edward Berger) e attori (Ralph Fiennes, Stanley Tucci, Sergio Castellitto, Isabella Rossellini) coinvolti, l’adattamento del bestseller di Robert Harris è puro intrattenimento pop. Che diverte e non disdegna il camp

Foto: Focus Features

Il Papa è morto. Per anni, Sua Santità ha contribuito a portare la Chiesa cattolica verso la modernità e a servire i suoi fedeli adeguandosi al XXI secolo. Ora, però, “il trono della Santa Sede è vacante” e un gruppo di cardinali di alto rango – alcuni dei quali chiamavano il capo un amico, altri invece lo combattevano aspramente su ogni questione – deve riunirsi a Roma ed eleggere uno di loro per riempire quel vuoto. Saranno segregati e si riuniranno ogni giorno fino a quando un’anima degna (o per lo meno la più abile politicamente) non riceverà almeno 72 voti. Una volta scelto il nuovo leader, un pennacchio di fumo colorato verrà rilasciato nel cielo e segnalerà che il trono non è più vacante.

Dal gruppo emergono subito diversi potenziali pontefici. Il cardinale Bellini (Stanley Tucci) è un progressista che vuole proteggere l’eredità riformista del suo predecessore ed è favorevole alla tolleranza verso la comunità LGBTQ e le altre religioni. Il cardinale Tedesco (Serge Castellitto, straordinario ruba-scena) è un arci-conservatore che crede che il mondo stia andando all’inferno da quando le messe in latino sono state interrotte. Sia il cardinale Tremblay (John Lithgow) che il collega sudafricano Adeyemi (Lucian Msamati) hanno i loro devoti, anche se i loro programmi sono meno ideologici e più legati al potere. Anche l’uomo scelto per gestire il conclave, il cardinale Lawrence (Ralph Fiennes), potrebbe essere in corsa, nonostante la sua riluttanza e il fatto che ultimamente sia stato colpito da una crisi di fede. È la gara di tutti contro tutti.

Poco prima che le porte vengano chiuse e che questi servitori del Signore in tonaca rossa si mettano a pugnalarsi alle spalle – metaforicamente parlando, ma forse non solo – due episodi sorprendenti cadono sulle spalle di Lawrence. Una è la comparsa all’ultimo minuto di un cardinale di cui nessuno ha mai sentito parlare: si chiama Benitez (Carlos Diehz), ha svolto ministeri in zone di guerra come il Congo, Baghdad e Kabul, ed è stato ordinato segretamente in pectore dal Santo Padre stesso. L’ultimo arrivato nel conclave è accolto a braccia aperte da alcuni e con molto sospetto da altri.

L’altro aspetto sconvolgente è che potrebbe esserci una sorta di dossier in agguato, che suggerisce che Tremblay si sia mosso per assicurarsi la sua posizione in un modo non consono a un aspirante Papa. E questo presunto rapporto potrebbe essere solo il primo filo di una più vasta matassa segreta che, una volta tirata fuori, potrebbe invalidare il processo di elezione e scandalizzare l’intera Chiesa.

Delizioso intrigo di palazzo (chiamatelo pure Pope Fiction), il film di Edward Berger tratto dal bestseller di Robert Harris (nelle sale italiane dal 19 dicembre, ndt), si cala in quel genere di truffe istituzionali normalmente associate alle società segrete e alle reti di spionaggio internazionali (lo sceneggiatore Peter Straughan, non a caso, ha già adattato L’uomo che fissa le capre, La talpa e la miniserie Wolf Hall, quindi si trova completamente a suo agio nell’affrontare questa materia). Si potrebbe facilmente paragonare la cerchia ristretta della Chiesa cattolica qui rappresentata sia alle società segrete che alle spie internazionali, e metà del divertimento nell’assistere a ogni colpo di scena, a ogni rivelazione di tradimenti e segreti, consiste nel godere dei rituali arcani, dell’arredamento simile a quello di un museo e di quelle tuniche rosso cardinale. Idem per le composizioni che presentano il conclave come un’impeccabile e implacabile fonte di minaccia collettiva o che rendono questi cardinali litigiosi come figure direttamente cadute dal soffitto della Cappella Sistina. Dite quello che volete di questo thriller, ma l’intrigo che racconta è davvero azzeccato.

Isabella Rossellini è Sorella Agnes. Foto: Focus Features

L’altra fonte di piacere è il tono camp a cui sia il cast che i nomi dietro la macchina da presa si sono abbandonati. Berger aveva già adattato nel 2022 il classico bellico Niente di nuovo sul fronte occidentale, un film diviso tra seria riflessione sulla guerra e lo spettacolo sturm-und-drang. Nessuno, nel caso di Conclave, scambierebbe il materiale di partenza per alta letteratura, e né le scenografie eleganti né un gruppo di attori da Oscar potrebbe far pensare che si tratti di qualcosa di diverso da un prodotto di intrattenimento puro e semplice. Non quando Fiennes sibila “Non sono uno stregone!” quando si convince che qualcosa puzza di marcio a Città del Vaticano. O Isabella Rossellini, magnifica nel ruolo della suora più sospettosa del mondo, che urla accuse e poi si inchina educatamente prima di uscire dal palco a sinistra. O Castellitto, che scandisce le sue sfuriate sbuffando furiosamente dal suo svapatore. O Tucci, che sbraita la già immortale battuta: “Sarei il Richard Nixon dei Papi!”. O un ridicolo colpo di scena dell’ultimo minuto che vi farà gridare: “Porca puttana!!!”.

Ci sono alcuni momenti davvero meravigliosi in cui ridere a crepapelle, anche se il fatto che, proprio come il film precedente del regista tedesco, questo assurdo esempio di Popesploitation sia in qualche modo posizionato come “Oscar material” potrebbe essere la parte davvero divertente. Il Camembert può essere condito con tartufi e servito su un piatto d’argento scintillante, ma alla fine è sempre formaggio e va gustato come tale. Non venite al Conclave in cerca di messaggi divini sul potere, la corruzione e le menzogne che si annidano in uno spazio sacro. Accoglietelo semplicemente perché è il tipo di intrattenimento che vi farà genuflettere con gratitudine per la sua ridicolaggine eccessiva.

Da Rolling Stone US

Iscriviti