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Date un Oscar a Brad Pitt

Quest'anno merita la statuetta per il capolavoro di Tarantino, in cui conferma quello che già sapevamo: Brad è un caratterista intrappolato nel corpo (e che corpo) di un divo

Chissenefrega se Brad Pitt e Jennifer Aniston sembrano la nuova fiammante versione degli ex-che-si-vogliono-bene alla ristretta festa di Natale di lei. Chissenefrega pure se Brad ha una nuova fidanzata (davvero non abbiamo imparato niente dall’affaire Keanu Reeves-Alexandra Grant?). E chissenefrega anche delle ormai noiosissime beghe della dinastia Pitt-Jolie. Qui parliamo di Brad attore, ché troppo spesso ce ne dimentichiamo. E del perché ormai non ci sono più scuse: quest’anno deve vincere l’Oscar come attore (ha già una statuetta a casa come produttore di 12 anni schiavo, ma chissenefrega anche di questo), non ci sono Al Pacino e Joe Pesci che tengano.

Lo dice benissimo Alison Fillmore di BuzzFeed, “Pitt è un caratterista intrappolato nel corpo di un divo del cinema”. Brad lo dimostra una volta di più nell’ultimo film di Tarantino, che gli ha scritto il ruolo della vita: quello di Cliff Booth, nuovo archetipo dell’über-maschio dal ciuffo biondo, gli occhi azzurrissimi, la mascella squadrata e il fisico scolpito, novello ideale della forma fisica perfetta (lo dicono i personal trainer eh, mica noi).

Cliff è cool senza sforzarsi di essere cool, con quei polacchini scamosciati che sono già un must have, i jeans slavati, gli occhiali da sole. Può spaccare la faccia a chiunque (Bruce Lee compreso), nella vita è il duro che il suo amico/datore di lavoro Rick Dalton si sforza di essere sullo schermo.

Il suo personaggio sulla carta è la spalla del protagonista interpretato da DiCaprio, ma sullo schermo FA il film. Non solo per la scena a petto nudo più clamorosa mai vista al cinema (Leo a 45 anni, 10 anni in meno di Brad, se la sogna). Il suo stunt man è il cuore della storia: Cliff è la chiave del revisionismo storico di Tarantino, ma anche la quintessenza della Hollywood disillusa di fine anni ’60, che ha abbandonato ogni velleità e speranza di gloria. Non sarà mai divo, ma tutti lo temono, lo ammirano, anche – sotto sotto – il Rick di DiCaprio. E, più di tutti, è la camera di Quentin ad amarlo.

Cliff è il punto di arrivo naturale, l’evoluzione di tutti gli splendidi non protagonisti interpretati da Pitt finora, una versione cresciuta e compiuta del suo personaggio più iconico, Tyler Durden, il profeta macho di Fight Club. In fin dei conti Brad aveva definito la sua strada dall’inizio con una parte minore, quella del cowboy che deruba Thelma e Louise, dimostrazione del vecchio adagio che “non ci sono grandi o piccoli ruoli, ma grandi o piccoli attori”. E poi sono arrivati il boxeur dall’accento incomprensibile di Snatch (sì, Brad ha anche una notevole verve comica), il rapinatore di treni superstar Jesse James, il luogotenente di Clooney in Ocean’s 11, il fratello di In mezzo scorre il fiume, il padre di Tree of Life, il personal trainer di Burn After Reading. Tutti ruoli cosiddetti supporting, termine che indica l’attore non protagonista, che spesso, spessissimo definisce il film quanto e più del suo lead. Ed è più bravo. Sorry, Leo, ma a ‘sto giro tifiamo Brad.

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