‘Deadpool & Wolverine’: la recensione del film Marvel con Ryan Reynolds e Hugh Jackman | Rolling Stone Italia
Du gust is megl che uan?

‘Deadpool & Wolverine’ è il superhero movie più autocitazionista di sempre (e anche una mezza delusione)

Il crossover starring Ryan Reynolds e Hugh Jackman fa godere solo a metà. E richiede da parte dei fan una profondissima conoscenza non solo dei cinecomic Marvel, ma anche di tutto ciò che hanno generato nella cultura pop. Altrimenti non si capisce niente

‘Deadpool & Wolverine’ è il superhero movie più autocitazionista di sempre (e anche una mezza delusione)

Ryan Reynolds e Hugh Jackman sono ‘Deadpool & Wolverine’

Foto: Jay Maidment/20th Century Studios

I superhero movie non sono iniziati con Robert Downey Jr. che dichiarava “Io sono Iron Man”: ci sono stati successi di massa, grandi fallimenti e universi cinematografici “a fumetti” molto prima che arrivasse il Marvel Cinematic Universe. La storia della Marvel al cinema è lunga, complicata e un multiverso virtuale a sé fatto di diritti d’autore e accordi di licenza poco chiari, tutti in competizione l’uno con l’altro, fino a quando l’unico vero Dio dell’intellectual property – alcuni lo chiamano “Kevin” (Feige, il boss della Marvel, ndt) – ha avuto abbastanza influenza divina sulla Disney per riunire tutto sotto un unico ombrello aziendale. L’accordo tra i Marvel Studios e la Sony per quanto riguarda Spider-Man è stato reciprocamente vantaggioso per entrambe le società. Soprattutto, è una manna per i fan che non vedevano l’ora di vedere l’Uomo Ragno mischiarsi con i most valuable players del MCU. Da quando la House of M(ouse) ha assorbito la 20th Century Fox, che è entrata in anticipo nel campionato dei film di supereroi, quegli stessi fan sfegatati hanno esultato all’idea che gli Avengers, e altri “colleghi”, potessero scambiare battute e colpi di scena con gli X-Men dall’altra parte dei binari della proprietà intellettuale.

Ryan Reynolds lo sa bene. E Deadpool, il personaggio Marvel che ha interpretato in tre film e in due diversi franchise, è felice di dire a te, spettatore, che lui sa che Ryan Reynolds lo sa, perché Dio non voglia che questo spocchioso fan-service lasci la quarta parete in sospeso per cinque secondi. Nei fumetti, il furbo alter ego dell’assassino professionista Wade Wilson, appartenente agli X-Men, era noto per essere orribilmente sfigurato, bravo con le armi, impossibile da uccidere e ancor più impossibile da zittire. Aveva un’incredibile capacità di guarire rapidamente, ma il suo vero superpotere era l’estrema irriverenza – verso i buoni, i cattivi, le persone che scrivevano e disegnavano le sue storie a fumetti, l’intero “medium” stesso).

Deadpool era già molto popolare tra gli appassionati di X-Men quando Reynolds ne ha creato una nuova versione per il grande schermo con un film da solista del 2016 (meno si parla della presenza del personaggio in X-Men le origini – Wolverine del 2009). È stato un perfetto connubio tra un attore autoironico, una figura di culto dei fumetti e un genere che ormai sfiorava l’auto-parodia. Il pubblico era esperto di film di supereroi, o affaticato dalla loro continua moltiplicazione, o una combinazione di entrambi. I film di Deadpool sono stati in grado di offrire la solita scarica di blockbuster e allo stesso tempo di commentare quanto prevedibili e ridicoli possano essere questi monoliti da multisala. Non hanno insultato l’intelligenza degli spettatori, ma anzi, li hanno coccolati. Reynolds ha assecondato il suo personaggio intriso di ironia che stava rapidamente diventando il suo marchio di fabbrica. Lo Studio aveva la licenza di vendere magliette e far soldi sul merchandising. Era tutto finito, tranne il crossover. E l’accoppiamento con un altro antieroe altrettanto amato.

Sì, Deadpool & Wolverine introduce entrambi questi ex outsider nel grande Marvel Cinematic Universe, segnando un nuovo coraggioso passo verso la totale sinergia supereroe-proprietà intellettuale. Il film è ancora intriso dell’ultraviolenza, l’umorismo e il nichilismo che ci si aspetta dal franchise starring Reynolds, ma ora Deadpool può citare “legalmente” Thor e Kevin Feige nelle sue battute. E resuscitare il Logan di Hugh Jackman, che forse conoscete come Wolverine, per un ultimo (?) round di quello che Deadpool definisce “il divertimento, il caos, e ciò che resta”. Da sempre considerato il mutante alfa nei film degli X-Men, lo scavezzacollo con gli artigli retrattili ha alzato l’asticella dei fumetti negli anni ’80 ed è diventato il manifesto dell’umorismo maschile dei superhero movie nei primi anni 2000. Jackman ha abbandonato il ruolo dopo il film Logan del 2017, ancora oggi il punto più alto per i film di supereroi che aspirano a essere più della somma dei loro zap e pow. Ma grazie al multiverso – insieme a ciò che l’attore ha definito “una questione in sospeso” e a quello che noi possiamo supporre essere un ottimo cacher – il mutante e l’uomo che lo interpreta sono tornati. Si sentono già i fanboy in estasi.

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Per intenderci: Wolverine non è ancora altro che un sacco di ossa ricoperte di ammantio, il che rappresenta un piccolo ostacolo poiché Deadpool ha bisogno di questo X-Man vivo. Una volta, Wilson aveva fatto un “provino” per entrare negli Avengers. Non importa quale personaggio periferico del MCU gli abbia fatto quel colloquio: non ha ottenuto il posto. Sei anni dopo, Wilson ha appeso al chiodo il costume del suo alter ego e vende automobili per campare. Finché un burocrate della TVA – l’Autorità per le Variazioni Temporali, quella della serie Loki – di nome Paradox (Matthew Macfadyen) convoca Wade. Stanno sistemando alcune questioni in sospeso e, poiché l’“essere di riferimento” del suo mondo, Logan, si è sacrificato, stanno staccando la spina a quella realtà. Quando è troppo è troppo. “Il multiverso non ha bisogno di una babysitter”, dice. “Ha bisogno di un killer”.

Ma se Wilson vuole tornare a vestire i panni di Deadpool e insultare e/o uccidere persone nella “Sacra Linea Temporale”, ovvero Terra-616, ovvero il Feigeverse, ben venga! Gli piace l’idea di poter finalmente lottare con gli Avengers, ma non può lasciare che i suoi amici e i suoi cari muoiano. Armato di un dispositivo che gli permette di saltare da un mondo all’altro, si mette alla ricerca di un Logan – qualsiasi Logan – che sia ancora vivo e vegeto. Alla fine, ne trova uno che assomiglia molto a quello che incontriamo all’inizio di X-Men (2000), solo più ubriaco e depresso. A quanto pare, questa versione è il “peggior Logan” possibile, ma questo dovrebbe evitare che la linea temporale di Deadpool venga cancellata. Tuttavia, Paradox ha ancora intenzione di fare tabula rasa, e spedisce entrambi gli eroi nella “spazzatura”, una terra di nessuno dove, a giudicare dal logo della 20th Century Fox semisepolto nella sabbia, vanno a morire i franchise falliti.

A questo punto, abbiamo già visto Deadpool massacrare la gente mentre ballava Bye Bye Bye degli N’Sync, e abbiamo visto Reynolds fare il suo numero “non sono un fetente?!” fino alla nausea. Un montaggio di figure “alternative” offre una panoramica della storia di un personaggio la cui notorietà nel mondo reale è eguagliata solo da Batman e Spider-Man. Deadpool non è solo un’occasione per la Marvel di prendersi in giro o per Reynolds di sputare sull’azienda in cui mangia; il personaggio è in realtà la summa dei film sui supereroi nel loro complesso, che si scaglia senza tregua contro i cliché e alza gli occhi sul revisionismo dark che ha trasformato antieroi come Wolverine in idoli adolescenziali. Il fatto che “il Mercenario” faccia tutto questo all’interno di un “tipico” film di supereroi è impressionante, ma non così impressionante come pensano i creatori del franchise. È una atto sovversivo ma prefabbricato.

Una volta che Deadpool & Wolverine entra nella zona del trash-heap, tuttavia, abbraccia gli aspetti già “meta” del franchise in modo assurdo,,e non si guarda più indietro. Reynolds, il regista Shawn Levy e gli sceneggiatori Rhett Reese, Zeb Wells e Paul Wernick hanno concepito questo crossover sia come una buddy comedy vietata ai minori che come un road movie, con i personaggi del titolo che di tanto in tanto si fermano per colpire, accoltellare, sparare e picchiare a sangue. Ma in realtà si tratta solo della più elaborata forma di autocitazionismo in un superhero movie mai concepita, così dedita a trasformare la narrazione in un pretesto per gag intertestuali e cammei a sorpresa (alcuni li conoscete, altri non ve li sveliamo). Persino il supercattivo di turno, interpretato da Emma Corrin, esiste solo in relazione a una costruzione del mondo precedentemente stabilita. Il tutto richiede una profonda conoscenza non solo dei film di supereroi, ma anche della cultura che hanno generato e servito per anni. O ci si entusiasma per il fatto che un progetto vecchio di decenni e abbandonato in fase di sviluppo riceva una citazione importante, oppure non si capisce nulla.

Altri film basati sul multiverso come Spider-Man: No Way Home e The Flash hanno sfruttato la mentalità “anything-goes” mescolando e accostando incarnazioni passate e presenti dei personaggi, linee temporali, reboot e reset. Deadpool & Wolverine raddoppia quest’idea in un modo che elimina tutto, tranne la nostalgia. Dato che Levy e Reynolds hanno realizzato anche Free Guy (2021), una commedia altrettanto ossessionata dalla proprietà intellettuale, non dovrebbe essere una sorpresa. Tuttavia, si tratta di una mezza delusione, e nessuna emozione nel vedere Jackman sfoderare di nuovo gli artigli può lavare via la sensazione di essere stati imbrogliati. I film di Deadpool sono stati un tempo un necessario contrappunto a tutte le saghe del MCU, che si sono rivelate nel tempo molto seriose. Questo film si comporta ancora come il pagliaccio sboccato della classe seduto in ultima fila, ma ora è solo un rumore di fondo.

A proposito di sentimentalismo: c’è una scena post-credit, come di consueto, ma mentre scorre l’elenco del cast e della troupe, si assiste anche a un montaggio di outtake della produzione supereroistica della Fox, che va dal primo film degli X-Men ai fallimentari Fantastici Quattro. Il tutto è accompagnato da Good Riddance (Time of Your Life) dei Green Day, per ottenere il massimo della malinconia, e dopo due ore di sberleffi, slapstick sanguinolento e battute sui maestri scout pedofili, il film si rivela piuttosto scadente, ma anche rivelatore. Abbiamo già visto un’organizzazione cercare di spegnere una linea temporale e fallire. Guardate l’elogio d’addio alla vecchia scuderia di supereroi della Fox mentre viene assorbita da una major più grande, e vedrete un’altra organizzazione fare la stessa cosa e avere successo.

Da Rolling Stone US