Dietro la genesi di ‘Black Barbie’ – e della bambola che ha cambiato la Storia | Rolling Stone Italia
Un’altra Barbieland

Dietro la genesi di ‘Black Barbie’ – e della bambola che ha cambiato la Storia

Il documentario Netflix diretto da Lagueria Davis racconta la nascita della prima bambola nera della Mattel, resa possibile grazie anche a sua zia. E a tutte le donne che, inconsapevolmente, hanno mutato il corso delle cose. Anche se oggi c’è ancora molta strada da fare

Dietro la genesi di ‘Black Barbie’ – e della bambola che ha cambiato la Storia

‘Black Barbie’ di Lagueria Davis

Foto: Netflix

Lagueria Davis le bambole. O almeno questo è ciò che la regista del documentario Black Barbie, appena arrivato su Netflix, afferma nei primi minuti del film. Da bambina, preferiva azionare auto telecomandate, ascoltare la radio, giocare a quiz al computer e tirare a canestro. Ma un clic interno è scattato nel 2011 quando, a 33 anni, si è trasferita dalla zia, le cui pareti troneggiavano di bambole con gli occhi di madreperla e Barbie ultra-accessoriate. Si scopre che quella zia, Beulah Mae Mitchell, è stata una delle prime impiegate nere della Mattel a partire dagli anni Cinquanta, nonché una leva fondamentale per la creazione della prima Barbie nera nel 1980. Quando Davis lo ha saputo, ha preso una videocamera DSLR e un registratore Zoom e ha iniziato a fare le interviste.

«Se mi aveste chiesto quando ero più giovane se avrei fatto un documentario sulle bambole, mi sarei messa a ridere», racconta Davis a Rolling Stone. «Quindi, penso sempre in termini di: mia zia mi ha introdotto nel suo mondo di bambole, e io l’ho introdotta nel mio mondo di regista».

Oltre a Mitchell, Davis ha parlato con dipendenti della Mattel passati e presenti, ricercatori e personaggi pubblici come l’attrice Gabourey Sidibe, la deputata della California Maxine Waters e la ballerina Misty Copeland a proposito dell’evoluzione e del significato di quella bambola nata quasi 45 anni fa.

Davis divide il suo documentario di 90 minuti in tre capitoli, inserendo il suo punto di vista personale sulle umili origini di Barbie e mettendo in luce tre figure nascoste della Mattel che per più di cinquant’anni hanno contribuito a spingere il marchio verso la creazione di giocattoli per un pubblico nero. Sebbene Davis sia una persona «dietro la macchina da presa», gli spettatori possono sentire nel corso del film la sua voce, che esprime la sua sorpresa per l’importanza di questa storia non raccontata. Come dice a un certo punto fuori campo, «pensavo che sarebbe stata una semplice storia di stupide bambole».

Mitchell, 86 anni, è entrata a far parte della Mattel nel 1955 come assemblatrice di scatole di cartone, quattro anni prima che l’azienda mettesse in commercio l’iconica Barbie dai capelli biondi. La co-fondatrice dell’azienda, Ruth Handler, faceva spesso visita a Mitchell e alle altre operaie della catena di montaggio chiedendo suggerimenti, come racconta Mitchell nel film, portando le due a sviluppare una stretta amicizia. Negli anni Sessanta, secondo il documentario, Mitchell e altre operaie chiesero a Handler di creare una Barbie nera.

Inizialmente, racconta Davis, Mitchell era titubante di fronte al suo ruolo di promotrice di quello che sarebbe diventato un capitolo storico della storia di di Barbie. «Da un lato diceva: “Io? Sono sono una manovale. Perché volete parlare con me? Non ho fatto nulla”. È quel tipo di persona», dice Davis a proposito della zia, che in seguito divenne receptionist alla Mattel prima di andare in pensione nel 1999. «Ma allo stesso tempo credo che fosse davvero curiosa [di far parte di quella storia]».

Beulah Mae Mitchell, una delle prime impiegate nere della Mattel, intervistata nel documentario. Foto: Netflix

Dopo l’incontro con Mitchell, gli spettatori vengono introdotti a Kitty Black Perkins – la prima designer nera della Mattel, che ha effettivamente creato la “Black Barbie” – e alla sua protetta e successora, Stacey McBride-Irby, che ha disegnato le Barbie dal 1996 al 2011. Davis ha riunito il trio per la prima volta in un Red Lobster nel 2019, e la conversazione è stata così vivace che ha ricreato l’esperienza con una nuova reunion fatta apposta per il documentario.

«Quando ho visto loro tre insieme, mi sono detta: oddio, questa energia devo inserirla nel film in qualche modo», racconta Davis. «Devo riunirle di nuovo, davanti alla macchina da presa, in modo da catturare questa magia».

Quando Black Perkins ha visto sul giornale l’annuncio che l’avrebbe portata a lavorare alla Mattel, dice che non sapeva nemmeno che fosse per il colosso dei giocattoli. Chiamò il numero “al buio” e ben presto, dopo aver acquistato la sua prima Barbie, presentò al vicepresidente del design della Mattel sei modelli di abbigliamento per la bambola (invece dell’unico richiesto). Nell’agosto del 1976 ottenne il posto. Poiché all’epoca i dipendenti neri erano pochi, Mitchell la cercò al reparto progettazione per darle il benvenuto nel team.

Nel giro di quattro anni nacque Black Barbie. Mellie Phillips, una donna nera che disegnava i capelli per le bambole Mattel, propose un’acconciatura corta e riccia. Un’altra stilista nera diede alla Barbie nera labbra più carnose, un naso più largo e fianchi leggermente più larghi rispetto alla sua predecessora bianca. Black Perkins, che ha disegnato il vestito rosso rubino a spacco alto della Barbie nera, dice di essersi ispirata ai look da urlo di Diana Ross.

«Non volevo che fosse troppo “in costume”, ma allo stesso tempo non volevo che fosse troppo immaginifica», racconta Black Perkins a Rolling Stone. «Volevo che fosse basata sulla realtà, e credo che ci siamo riusciti».

Prima del lancio di Black Barbie, esistevano giocattoli Mattel di etnia non caucasica come l’affascinante Christie, che diceva “Andiamo a fare shopping con Barbie!” se si tirava una corda sulla schiena; ma erano semplici amiche della bambola di punta dell’azienda. Negli anni ’60 e ’70, i più critici ritenevano che il corpo di Christie riflettesse gli “standard di bellezza” dei bianchi, secondo la Anti-Defamation League, e non rappresentasse le caratteristiche culturali africane. Tuttavia, Black Perkins sostiene che se la Mattel avesse apportato modifiche «drastiche» al prototipo di Barbie Malibu, la bambola non sarebbe stata accolta bene.

«Quando si parla di caratteristiche specifiche, si tratta di cose a cui pensano gli adulti», afferma Black Perkins, sottolineando che l’azienda ha condotto dei focus group con le bambine durante la fase di progettazione. «Alle bambine non importa. Finché il colore della pelle è giusto e i capelli sono del colore giusto, è a questo che rispondono. Non si trattava del fatto che non avesse i fianchi più larghi o che non avesse un naso più largo o un labbro molto carnoso. Se ci pensate, si sta lavorando in miniatura, cioè su una scala di meno di 30 centimetri. Quanto si possono rendere grandi le labbra di una bambola di 30 centimetri?».

Dopo le dimissioni di Black Perkins nel 2003, McBride-Irby ha ricoperto un ruolo importante nel team di progettazione, creando un abito da ballo rosa per la storica bambola della confraternita nera Alpha Kappa Alpha nel 2008, guidando la linea Black Barbie “So-In-Style” l’anno successivo e reimmaginando Black Barbie per il 30esimo anniversario della bambola. Nel film, punti chiave come questi nello sviluppo di Black Barbie sono collocati in una linea temporale di eventi storici e momenti cruciali per la cultura pop, come la decisione del Brown V. Board of Education del 1954 e l’insediamento di Barack Obama nel 2009. La produttrice esecutiva di Black Barbie Aaliyah Williams, che si è unita al progetto nel 2021, afferma che questa linea temporale ha fornito un tessuto connettivo essenziale.

«È qui che Janet Jackson ha lanciato Rhythm Nation o è qui che Daisy Bates e i Little Rock Nine hanno lavorato per l’integrazione nelle scuole?», dice Williams. «Così si fornisce uno spettro completo di tutte le cose che stavano accadendo nel mondo mentre alla Mattel, grazie a queste tre donne nere, stavano avvenendo queste incredibili innovazioni».

Black Barbie | Official Trailer | Netflix

Dopo l’anteprima di Black Barbie al South by Southwest del 2023, Shonda Rhimes s’è accaparrata il film, e Shondaland e Netflix ne hanno acquisito i diritti. Con il peso di questi produttori alle spalle, Davis ha poi impiegato quattro giorni per registrare altre interviste con la stessa Rhimes, Copeland e la schermitrice Ibtihaj Muhammad, tutte dotate di Barbie fatte a loro immagine e somiglianza. Rhimes ha elogiato la sua bambola per l’accurata rappresentazione della donna nera, mentre Muhammad ha descritto le gambe forti della sua Barbie, che hanno aiutato la schermitrice a vincere una medaglia olimpica.

Nonostante i passi avanti fatti dall’azienda nella rappresentazione di donne sempre più vicine alla realtà, nella terza parte del documentario – intitolata Future of Black Barbie, Center of Her Own Story (“Il futuro della Barbie nera, al centro della sua storia”, ndt) – Davis si chiede quanta strada debba ancora fare la Mattel per cambiare l’opinione pubblica sulle bambole nere. Davis pone un occhio critico su Barbie, analizzando altri media dell’universo Barbie. Il professore di sociologia dell’UCLA Antwann Michael Simpkins parla del film d’animazione Barbie – Grande città, grandi sogni (2021), in cui una Barbie “Brooklyn”, «iper-qualificata», contro una Barbie “Malibu”, che invece è «del tutto impreparata», in un concorso musicale. Invece di far vincere a Brooklyn, che è nera, il meritato primo premio, va a finire che le concorrenti pareggiano.

«Brooklyn è in competizione con qualcuno che è del tutto inadeguato a stare sul palco con lei, giusto? Ma nonostante ciò non vince», dice Simpkins nel documentario. «E questa è l’esperienza che molte donne nere vivono ogni giorno. Oggi è visto come un progresso il semplice fatto che “ti abbiamo assunta”».

Sempre nel segmento finale, Black Barbie reimmagina il Clark Doll Test degli anni ’40, in cui le bambine nere a cui venivano mostrate bambole bianche e nere identificavano abitualmente le bambole bianche come quelle che preferivano. La nuova versione del test, condotta dalla professoressa di studi sull’infanzia e l’adolescenza Amirah Saafir, rivela che molte bambine definiscono la bambola bianca come la “vera Barbie”.

«Le bambine sono state molto sincere su chi pensavano che Barbie fosse ed è, e non era nessuna delle Barbie [non bianche]», dice Davis. «Inoltre, ascoltando mia nipote parlare del fatto che il mondo è prevalentemente bianco, sulla base di questo e delle mie esperienze personali direi che la percezione non è cambiata».

Naturalmente, la Barbie a grandezza d’elefante nella stanza è Barbie, il kolossal rosa di Greta Gerwig che ha dominato l’immaginario collettivo l’anno scorso. Black Barbie è stato realizzato prima dell’uscita del film di Gerwig, quindi, dice Davis, «non ci è venuto in mente di parlare di quel film in particolare». Ma i due film offrono un interessante confronto. Nonostante la presenza di un gruppo di Barbie “diverse” – Issa Rae nel ruolo di Barbie Presidente, Alexandra Shipp in quello di Barbie Scrittrice, la modella trans Hari Nef in quello di Barbie Dottoressa, le attrici più curvy Nicola Coughlin e Sharon Rooney rispettivamente nei ruoli di Barbie Diplomatica e Barbie Avvocata – il film di Gerwig era ancora incentrato sulla Barbie Malibu originale dalle dimensioni impossibili, i capelli biondi e gli occhi azzurri interpretata da Margot Robbie. Il film è stato un fenomeno, e ha finito per incassare 1,4 miliardi di dollari al box office globale.

È impossibile dire come il pubblico avrebbe reagito a un film incentrato su una Barbie nera. Ma nel frattempo, Davis è felice di fare la sua parte per dare risalto alle donne che hanno piantato il seme delle Barbie nere alla Mattel. «Stiamo dando a Black Barbie, a mia zia Beulah, a Kitty Perkins, a Stacey il loro credito», dice. «E, come ho detto alla fine del film, stiamo facendo di Barbie nera l’eroina della sua storia».

Da Rolling Stone US

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