Spade. Stregoneria. Dadi multifaccia. Il titolo di “Dungeon Master”. Piccole miniature in peltro di guerrieri, maghi e creature mitologiche in quantità. Stanze ricreative nel seminterrato. Gruppi di ragazzi adolescenti – non esclusivamente maschi, ma quasi sempre – rannicchiati attorno a mappe di battaglia e libri di carta a quadretti. Queste sono le cose a cui la maggior parte delle persone pensa immediatamente quando sente Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo che ha trasformato generazioni su generazioni in fanatici del fantasy. Ma D&D ha anche una cattiva reputazione, perché è diventato una sorta di metafora per indicare ragazzotti un po’ sfigati, con scarse capacità sociali e la fiatella. Non importa quante celebrità raccontino meraviglie delle loro campagne di D&D con amici famosi, molti lo associano ancora a freak, geek e al cast di Stranger Things. Per parafrasare uno dei grandi intellettuali del XXI secolo: quando il gioco si fa duro, i nerd iniziano a giocare.
“Abbiamo fatto questo film per tutti”, ha detto Jonathan Goldstein, metà del duo dietro Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, alla folla della première del film al SXSW Film and TV Festival di quest’anno. Anche il suo co-regista, John Francis Daley, lo ha ripetuto diverse volte. Al punto da sembrare una supplica: ragazzi, sappiamo che pensate ci saranno solo strizzatine d’occhio a coloro che capiscono la differenza tra un Beholder e un Basilisco. Seriamente, però, potete vedere il film anche se non ne sapete nulla. Certo, ci sono degli Easter Eggs, e ovviamente la quota di fan service non manca. Ma pensate all’operazione come a un mash-up di Signore degli Anelli, Harry Potter, Game of Thrones, un po’ di resti del MCU e tutte quelle commedie d’azione degli anni ’80 che abbiamo visto più e più volte su DVD. Tutti amiamo quella roba, giusto?
Ci sono due ladri di nome Edgin (Chris Pine) e Holga (Michelle Rodriguez) che sono stati imprigionati per aver tentato di rubare questo totem noto come Tablet of Reawakening, insieme al loro amico stregone Simon (Justice Smith) e a un truffatore, Forge (Hugh Grant). Era una trappola in una trama di vendetta che coinvolge Edgin, sua figlia, la moglie morta, una gilda di spie conosciute come “Harpers” e alcuni cattivi detentori di magia oscura noti come Red Wizards.
Quando i due compagni di cella riescono a evadere, scoprono che “Uncle” Forge ha ingannato la figlia di Edgin, Kira (Chloe Coleman), facendole credere di essere stata tradita e abbandonata. Peggio ancora, una weirdo soprannaturale di nome Sofina (Daisy Head) ha i suoi piani riguardo al tablet e – spoiler – ovviamente quei piani non promettono nulla di buono. Una volta riuniti con Simon, il trio va alla ricerca di alcuni artefatti che contribuiranno a sconfiggere l’alleanza Sofina/Forge e salvare Kira. Ad aiutarli nella loro ricerca c’è Doric (Sophia Lillis), una mutaforma, e il potente paladino Xenk Yendar (Regé-Jean Page). Inoltre ci sono draghi in sovrappeso, e cadaveri parlanti, e scettri fiammeggianti, e cubi gelatinosi che vi aiuteranno a sfuggire a una pantera con tentacoli assassini, se resterete bloccati in un labirinto.
Parecchia carne al fuoco, eh? Sì, e no: Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è, in sostanza, il classico viaggio dell’eroe, che però ha un sacco di tradizioni specifiche sovrapposte a un racconto di cappa e spada. È anche pensato per essere l’inizio di un nuovo franchise basato su una proprietà intellettuale riconoscibile, anche se per pochi. Questa non è la prima volta che qualcuno usa D&D in nome del grande intrattenimento: ci sono stati una serie di cartoni animati del sabato mattina nei primi anni ’80 e un tentativo-spazzatura di film su Dungeons & Dragons nel 2000, che ha avuto la sfortuna di uscire un anno prima che la trilogia del Signore degli Anelli cambiasse tutto. (L’unica eredità è la risposta alla domanda: in quali film sono protagonisti Thora Birch, Jeremy Irons e Marlon Wayans?) Il brand può vantare diversi personaggi e un intero manuale di mostri, senza però avere un canone letterario, fumettistico o cinematografico in termini di narrazione. Insomma, ormai era ora.
Eppure, l’unico vero elemento a favore dell’operazione non ha, stranamente, nulla a che vedere con quella stessa proprietà intellettuale. È il vecchio fattore “star del cinema”, in particolare l’x factor del migliore dei Chris in circolazione a Hollywood: Chris Pine. Il nostro ha interpretato buoni e cattivi, ha recitato in cinecomic (nei panni dell’interesse romantico), si è assunto il rischio di impersonare l’iconico Captain Kirk nel reboot di Star Trek e ha dimostrato di essere il tipo di attore che può aiutare a trasformare un film come Hell or High Water in un instant classic. Ma qui Pine è chiamato a essere sia un tradizionale eroe dalla mascella squadrata pronto a salvare il mondo sia il comic relief brillante. In altre parole, dev’essere sia Harrison Ford che Bill Murray.
E cavoli se se la gioca bene Pine. D&D ci ricorda che può essere un idolo delle matinée dalla battuta facile, uno che sa far fuori i colleghi attori e riempire lo schermo con la sua presenza e il suo fascino ogni volta che ne ha bisogno. Il resto del cast sa quello che fa: Grant si diverte a intepretare di nuovo qualcuno di spregevole dopo Paddington 2, Rodriguez fa la sua parte da dura fuori e tenera dentro e, a giudicare dal modo in cui Page interpreta il rubacuori (un buono che non capisce il sarcasmo o le espressioni colloquiali), si spera che ottenga presto ruoli da protagonista a dozzine. Più che effetti speciali e grand-gesture, anche quando la trama inizia a complicarsi, è Pine l’ingrediente segreto che rende vivace e guardabile il film, come un divertimento da blockbuster estivo vintage. Riesce sempre a brillare di luce propria ma non eclissa mai tutti gli altri.
Se il film si fosse intitolato L’onore dei ladri, un titolo che racchiude perfettamente il suo mix di avventura travolgente e piaceri da multiplex, probabilmente non sarebbe mai stato realizzato. Lo possiamo vedere proprio grazie a quel Dungeons & Dragons nella prima metà. Eppure non importa quanto i creatori confessino il loro amore per il gioco e ringrazino creature, personaggi, dettagli della campagna, ecc. Sono tutte fastidiose distrazioni, perché non hanno il potere sacro che pensavano. Basta Chris Pine.