Chi ha paura dell’Europa? Forse l’Europa stessa. Che agli Efa 2019 – gli Oscar europei, appunto – premia La favorita di Yorgos Lanthimos a dispetto di ogni pronostico, ché favorito non pareva per niente. È un gran bel film, sia chiaro. Ma pareva aver esaurito la sua corsa, cominciata a Venezia 2018 e culminata agli Oscar, quelli “veri”, dell’inverno scorso.
E invece eccolo qua, a battere tutti quelli che favoriti lo erano per davvero, L’ufficiale e la spia di Roman Polanski, e Dolor y Gloria di Pedro Almodóvar, e pure il nostro Traditore di Bellocchio, tutti a bocca asciutta (allo spagnolo solo il premio al meraviglioso protagonista Antonio Banderas).
L’Europa forse ha davvero paura di se stessa, di Polanski qua celebrato (vedi il premio della giuria all’ultima Mostra di Venezia) e altrove contestatissimo, di Almodóvar che è stato tra gli inventori del “cinema europeo” anni ‘80-‘90 e ora sembra un fenomeno rimasto local, di Bellocchio che firma un film bellissimo e giovanissimo a dispetto dei suoi ottant’anni, ma che porta all’estero una storia che pare troppo italiana, una delle tante di mafia già viste (e invece, almeno per noi italiani, non lo è affatto).
Dunque l’Academy europea premia La favorita, che parte dall’Europa (regista greco, capitali perlopiù inglesi e irlandesi) per conquistare il mondo, con cast di stelle globali (Olivia Colman, che ha vinto l’Oscar e ieri pure l’Efa, più Emma Stone e Rachel Weisz) e fan spalmati su tutti i continenti, mica solo il Vecchio.
Non è mica una critica, è un segno del tempo. E una conquista. Tra i premi speciali assegnati ieri sera a Berlino, centro dell’Accademia degli Efa (il presidente è Wim Wenders) come del resto è centro merkeliano d’Europa, ce n’era uno assegnato “per i risultati raggiunti in tutto il mondo”. È andato a Juliette Binoche, diva europeissima ma globale, vincitrice di un Oscar, capace di passare da Kieślowski a Godzilla. La favorita, in fondo, è un po’ questo: il prodotto di menti europee che si prende il mondo.
Gli Efa, a loro modo, riconoscono l’importanza di allargare i confini. Anche del cinema. Ieri sera per la prima volta in 32 anni di cerimonia un premio è andato a una serie tv: Babylon Berlin, pure questa tedesca, si parte giocando in casa. E sul palco sono saliti volti resi noti dalle serie: la nostra Benedetta Porcaroli (splendida) e il pischello di The End of the F***ing World.
Il cinema è più grande: per formati, per piattaforme, per tutto. Forse per questo un solo continente non basta più. Il premio alla carriera, dopotutto, è andato all’immenso Werner Herzog. Sono fiero di essere un regista non tedesco: bavarese. Ma vivo a Los Angeles. Sta tutto qui.