Elemental è il 27esimo film della Pixar – e pure il primo starring due amanti sfortunati tra i quali la temperatura sale davvero quando si baciano – vi costringerà a rispondere a molte domande fin dall’inizio. Può un ragazzo fisicamente fatto di liquido avere una storia d’amore con una giovane donna focosa (e pure qui, sul serio)? Una metropoli con una popolazione composta dai quattro elementi potrebbe diventare un melting pot, con parti eterogenee e che si potrebbero distruggere a vicenda e invece trovano un modo per convivere in perfetta armonia? I figli degli immigrati di prima generazione dovranno sentire sempre il peso di fare da ponte tra il vecchio mondo e il nuovo? Addirittura: è legale fare un film che ruota intorno a terra, vento e fuoco senza mettere una canzone degli Earth, Wind & Fire da qualche parte nella colonna sonora?!
Tutto alla fine troverà una risposta in questa rom-com animata “alta”, in un modo o nell’altro. Ma molti spettatori continueranno a chiedersi: è possibile fare un film pensando a una metafora, ok, ma cosa succede quando ti ritrovi bloccato con una metafora di 103 minuti che cerca faticosamente di diventare un film? Alla Pixar sanno bene che messaggio vogliono comunicare: tolleranza, tradizione, rispetto tra culture, aspettative generazionali, guardare a ciò che ci unisce anziché a quello che ci divide. Hanno cercato di rigirare la frittata per trasmetterlo, ma non è mai una storia che s’accende davvero, né una boccata d’aria fresca.
Ember (Leah Lewis nella versione originale e Valentina Romani in quella italiana) è cresciuta dietro il bancone del negozio gestito da suo padre, Bernie. Molto tempo prima, lui e sua moglie Cinder erano fuggiti dal loro paese natale, Fire Town, dopo che una tempesta l’aveva devastato. Arrivati a Element City alla ricerca di una vita migliore, avevano trovato un edificio in rovina in una parte decadente della città e l’avevano risistemato. Ben presto The Fireplace era diventato un vivace negozietto e un punto di riferimento per la diaspora di fiamme che ora chiamava quel quartiere casa. Ora però Bernie sta invecchiando – vedi quella tosse da fumo – e spetta a Ember tenere in piedi l’attività dopo che il padre se ne andrà in pensione. Deve solo imparare a gestire il suo temperamento. Non l’hanno chiamata testa calda solo perché, in effetti, la sua testa è in fiamme per davvero.
Durante uno scatto d’ira, la rabbia di Ember fa scoppiare un tubo. Ed ecco che spunta Wade (Mamoudou Athie nella versione originale e Stefano De Martino in quella italiana), un ispettore municipale parecchio incline a piangere. (Che c’è, pensavate che non ci sarebbero state battute sull’acqua?!) Stava indagando su una perdita nelle vicinanze e, avanti veloce, si trova nel seminterrato allagato di Ember. Wade nota anche che il posto non ha tutti i requisiti imposti dal regolamento, quindi piazza un sacco di multe, che probabilmente causeranno la chiusura del negozio del padre di lei. Ember lo insegue fino al palazzo municipale e, per farla breve, hanno quattro giorni per scoprire cosa sta causando questi misteriosi mini-tsunami nel distretto del fuoco. I due scoprono che si tratta semplicemente di una porta rotta in un serbatoio che nessuno si è preso la briga di riparare. Non si tratta di una cospirazione in stile Chinatown attorno all’accaparramento di risorse, o di qualche palazzinaro à la Trump che vuole soffocare la gente del posto per costruire condomini. Insomma, in pratica parliamo soltanto di un’infrastruttura civica problematica.
La questione del whodunnit in Elemental è semplicemente un MacGuffin, è solo una scusa per far innamorare i due personaggi. Cosa che, ovviamente, succede. Niente spoiler, soltanto l’inevitabile disapprovazione del padre tradizionalista di Ember, i pregiudizi di gente sia buona che cattiva e una manciata di gag su cosa succede quando H20 si avvicina alla giusta combinazione di ossigeno, anidride carbonica e azoto. Per quanto riguarda terra e vento, ci sono alcuni spunti simbolici: una nuvola funzionario pubblico e amante dello sport doppiata da Wendi McLendon-Covey, un pezzo di terra minorenne di nome Clod che è una sorta di diavolo del sesso in training (ma il film li tratta entrambi maluccio). Anche l’idea “alta” e concettuale di un mondo filtrato attraverso i Fab Four della natura sembra nella migliore delle ipotesi un’aggiunta successiva; il film non arriva al livello di Zootropolis nei doppi sensi visivi e nei giochi di parole, né sfrutta il potenziale comico della sceneggiatura dopo alcuni “Baciami, sto andando a fuoco!”. Per un film d’animazione così ossessionato dal calore, la maggior parte, incredibilmente, pare cotta a metà.
Sono i dettagli marginali e gli aspetti più personali, che spuntano continuamente tra i paesaggi urbani color caramella e il business frenetico, che impediscono al nostro interesse di mollare. (Questo, e la presenza di Catherine O’Hara, che dà la voce all’altrettanto sentimentale mamma di Wade, che vede perennemente il bicchiere mezzo pieno.) Il regista e veterano della Pixar Peter Sohn (Il viaggio di Arlo) ha detto che Elemental è pieno delle sue turbolenze giovanili sullo sfondo del blues di seconda generazione, e hai la sensazione che il trio di scrittori accreditati – John Hoberg, Kat Likkel e Brenda Hsueh – abbia messo anche le proprie esperienze nel mix. L’occasionale esclamazione non in inglese e la più raffinata sfumatura di accenti non legano mai la famiglia di Ember a nessuna provenienza, danno loro solo un’etnia in forma libera che parla di un’esperienza di immigrazione più universale. Quasi tutti approdano a questo esperimento americano da qualche altro luogo. Quasi tutti probabilmente si sono sentiti o sono stati fatti sentire indesiderati, come uno straniero in una terra estranea.
Ma un conto è che il tuo cuore stia dalla parte giusta e che il tuo messaggio sia puntuale, e un altro costruirsi un impianto tra il dimenticabile e il traballante. La Pixar ha innalzato gli standard per la realizzazione di cartoon che alimentino l’immaginazione, parlino all’esperienza umana e usino i personaggi come qualcosa di più di semplici giocattoli e distrazioni per bambini. Se lo Studio occasionalmente non riesce a superare l’asticella altissima che ha fissato, non c’è da sorprendersi. Il fatto che Elemental non riesca a superare la sua stessa premessa da presentazione in Power Point o evitare di inciampare nelle sue stesse lezioncine, tanto meno strappare risate e lacrime da una storia d’amore tra opposti che si attraggono, è un po’ uno shock. È così impegnato a scrivere un manifesto che si dimentica di dargli una struttura narrativa e di farlo risuonare dal punto di vista emotivo. È elementare.