Se ChatGPT dovesse scrivere una sceneggiatura per un lungometraggio, difficilmente il risultato potrebbe essere più “robotico” o senz’anima di Fast X, l’ultimo capitolo dell’ormai immortale franchise action. Questo è decisamente meno un film che una serie di, be’, incidenti automobilistici, molti dei quali scenografici in modo quasi meccanico ma, come il resto del baraccone, avulsi da qualsiasi contesto emotivo o logico. È un collage paralizzante di spettacoli esplosivi cuciti insieme. Potete sentire il vostro QI abbassarsi a ogni minuto che passa.
C’era una volta un film d’azione su un gruppo di piloti di strada. Era ridicolo, ma anche buono, sciocco e divertente, di dimensioni abbastanza modeste e piacevolmente dimenticabile. Che ci crediate o no, è successo 22 anni fa. Sì, Fast and Furious appartiene a un mondo precedente all’11 settembre, e i suoi creatori sicuramente non hanno mai pensato che ce ne sarebbero stati ben dieci capitoli (e altri ancora da realizzare). Ma è quello che succede quando le persone continuano ad acquistare accessori. L’industria continua a produrli.
Il nuovo film fa il giro del mondo – Rio, Roma, Napoli, Londra, Antartide (sì, Antartide) – e unisce il lavoro di stunt perpetuo e il caos reso digitalmente a una trama senza senso che esiste (nella misura in cui esiste) per mordersi la coda. Sembra che la squadra, che comprende ancora Vin Diesel, Michelle Rodriguez, Tyrese Gibson, Ludacris e Sung Kang, abbia ucciso un signore della droga, e il figlio del tizio (Jason Momoa) sia pronto a scatenare l’inferno alla ricerca di una vendetta sadica. E questo è più o meno tutto.
Soltanto che qualcuno si è dimenticato di dire a Momoa che “anche meno”, come al resto del cast. Invece il ragazzone saltella con addosso una serie di bluse sogghignando, urlando e divertendosi molto più di chiunque altro. Sembra nella modalità cazzeggio giusta per Fast X, al contrario – diciamo – di Diesel, che ha un paio di modalità di performance base, di nuovo nei panni dell’ancora del franchise, Dom. La più importante è lo sguardo torvo costante, a cui Diesel sembra ormai comodamente abituato. Ma di tanto in tanto, in un’esternazione di emozione, Dom arriccia le labbra e borbotta qualcosa sull’importanza della famiglia. E quei momenti sono sufficienti per farci desiderare altri incidenti automobilistici.
Ormai la saga dovrebbe gestire alla grande tutto ciò che riguarda le auto in scena; e certamente, di film in film, ha sempre cercato di superarsi. In Fast X le auto vengono catapultate e lanciate dagli elicotteri, fatte saltare in aria (più volte di quante se ne possano contare) e capovolte ripetutamente. Sono usate come armi tanto quanto come veicoli. Ma l’impresa più impressionante del film è che rende tutto questo mortalmente noioso. Quando vedi solo una babele di macchine, inizi a desiderare qualcosa di radicale come lo sviluppo dei personaggi. Qualunque fosse l’umanità riconoscibile della storia, da tempo ormai è andata fuori strada. Con i suoi svogliati richiami a vecchi personaggi e trame e una narrazione che non sembra nemmeno preoccuparsi di avere un senso, sembra davvero che Fast X sia stato scritto da un software.
Ma forse è tutto quello che i fan vogliono davvero. Forse sottigliezze come la storia, il pathos e il motore dell’azione sono fuori luogo qui, sono inutili. Andrebbe bene se Fast X fosse semplicemente chiassoso e stupido: tanto c’è da aspettarselo. Il problema è che è anche dolorosamente meccanico. È tutto macchine e nessun pilota. E sì, possiamo quasi certamente aspettarci che arrivi un altro capitolo da qui a un paio d’anni.