Barbra Streisand: talentuosa, intelligente, ebrea, potente. Primatista. Forse non esiste nel campo dello spettacolo una donna che si sia affermata attraverso tanti talenti. Una vera regina. L’affermazione non è discrezionale, c’è un elemento esatto ad avallare. I numeri: la Streisand ha venduto oltre 72,5 milioni di album negli Stati Uniti e 145 milioni di dischi in tutto il mondo, che hanno fatto di lei la donna primatista assoluta riconosciuta dalla Recording Industry Association of America, l’unica artista femminile nella top ten, e l’unico artista estraneo al genere rock.
E poi i riconoscimenti che ha ottenuto nel cinema e nella musica: due premi Oscar, dieci Grammy Award, cinque premi Emmy, undici Golden Globe. È tra un gruppo selezionato di artisti (chiamati EGOT, dalle iniziali dei premi) che sono stati onorati con tutti i riconoscimenti principali dei settori. Il tutto derivato da un primo valore fondamentale: la voce. Intorno alla quale ha costruito tutto. Riuscendo a valorizzare, persino a ostentare alcune imperfezioni, come il profilo certo poco classico, e il leggero strabismo visibile. Un altro valore è New York: Barbra è nata a Brooklyn e dichiarava di sentirsi a disagio ogni volta che se ne allontanava.
Ha diciotto anni quando dà il suo primo spettacolo in un ritrovo gay al Greenwich Village di Manhattan. Viene notata da un talent scout della Columbia Records, che investe sul suo primo album. È l’inizio di una leggenda. Il traguardo successivo non può che essere Broadway, dove Barbra, ventenne, debutta nel musical Funny Girl, nella parte di Fanny Brice, cantante soubrette dei primi anni del novecento. Quattro anni dopo, la Streisand irrompe nel cinema nello stesso ruolo. “Irrompere” è il termine appropriato, perché in Funny Girl, del 1968, firmato dal grande William Wyler primatista di Oscar (La signora Miniver, Vacanze romane, Ben-Hur), al primo colpo, Barbra si porta a casa l’Oscar come attrice protagonista. Dunque, a soli 26 anni si accredita già come grande artista completa e riconosciuta. Da quel momento la carriera procederà inarrestabile.
Un altro segnale del talento e dell’eccellenza della cantante sta nel suo stile musicale tradizionale, classico melodico, che riesce a contrastare la musica e l’impatto travolgente di complessi come quello dei Beatles. Occorre, a questo punto, procedere a momenti decisivi. La Streisand è ormai cantante e attrice di vertice. Le strade saranno quelle, parallele. Gene Kelly la vuole, nel 1969, nella superproduzione Hello, Dolly!, che porta la Fox sull’orlo del fallimento, ma consente a Barbra di esprimersi in un’altra grande performance in entrambi i registri. E di imporre la canzone regina del film.
Nel 1973 è nella parte dell’ebrea comunista che si confronta col suo compagno, talentuoso borghese (Robert Redford), in Come eravamo di Sydney Pollack. Film che coniuga contenuti importanti – il maccartismo – con grande qualità spettacolare. Soprattutto contiene quella che forse è la canzone che più identifica la Streisand, The Way We Were, composta da Marvin Hamlisch, vincitrice di Oscar.
Nel 1976 offre corpo e volto alla protagonista della terza edizione di È nata una stella, di Frank Pierson, raccogliendo il testimone di dive come Janet Gaynor e Judy Garland. L’erede di Barbra sarebbe poi stata Lady Gaga, nello stesso titolo del 2018. La canzone Evergreen consegna alla diva il secondo Oscar.
Yentl, del 1983, scritto, diretto e prodotto dalla Streisand, è un suo manifesto personale, del tutto riconoscibile. La protagonista è una ragazza ebrea forte, indipendente, che si finge uomo per studiare il Talmud, opponendosi ai pregiudizi maschilisti. Nel 1991 l’attrice-regista acquista i diritti del bestseller di Pat Conroy, Il principe delle maree, e ne fa un film di grande qualità. Il ruolo è quello di una psicanalista che si innamora di un suo paziente (Nick Nolte). Barbra ha quasi cinquant’anni, ma non è mai stata così affascinante.