Quando la Metro-Goldwyn-Mayer gliela mise al fianco per un numero di tip tap, di Eleanor Powell Fred Astaire disse: «Accidenti, questa è più brava di me!». A confermare la classe assoluta della ballerina attrice ci pensò Frank Sinatra nella sua partecipazione al film C’era una volta Hollywood, la storia dei musical della MGM, una vera, preziosa, profonda miniera. Sinatra si sofferma a lungo sulla Powell (1912-1982) presentando alcuni suoi numeri soprattutto della serie dei film Broadway Melody che dominò affiancata da partner come Robert Taylor e James Stewart. La Metro investì su di lei come non aveva mai fatto. Assunse scenografi e costumisti da tutto il mondo, soprattutto dall’Europa. Vennero create scenografie mobili che accompagnavano le movenze scatenate della ballerina. Che presentava tutti i registri della danza: classica, moderna, acrobatica. Intelligente, sicura di sé, forte di quella preparazione completa, poté permettersi, giovanissima, di dettare le proprie condizioni. Fu la prima a rifiutare il classico contratto hollywoodiano che per sette anni immobilizzava gli artisti e non prevedeva evoluzioni di compenso. Ma Irving Thalberg, il genio commerciale della Metro, ne intuì le possibilità le fece un contratto favorevole e diede ordine agli artisti della major di dedicarsi completamente a lei, di studiare tutte le opportunità, di farne una diva. Operazione riuscita.
Nel panorama della Metro, Eleanor attraversò gli anni Trenta e i primi Quaranta da dominatrice, era nei suoi vent’anni con tutto quel talento e quell’energia. Poi arrivarono i musical a colori, irruppe Gene Kelly e le nuove dive si chiamavano Cyd Charisse, Debbie Reynolds, che ho raccontato, e poi Ann Miller e Leslie Caron, che racconterò. La danza, nei talenti della diva, comandava, la recitazione era all’altezza, ma Eleanor non curò mai la voce. Certo cantava, era gradevole e credibile, ma non le appartenevano certi registri di vertice. Accettò, a volte, di farsi doppiare. Ma a Eleanor apparteneva un sex appeal che in quell’epoca era un precedente.
Era la diva più corteggiata di Hollywood. La spuntò un attore che si stava imponendo e che divenne poi divo a sua volta, Glenn Ford. I due si sposarono nel 1943, la loro unione durò sedici anni: tanti, per lo standard hollywoodiano. Ebbero un figlio, Peter, che fece l’attore, ma… non era all’altezza dei genitori. Ci sono, della Powell, performance impressionanti. Una la descrive il solito Sinatra: «Nel 1940, in Balla con me diretto da Norman Taurog, Eleanor danzò la stupenda canzone di Cole Porter Begin the Beguine, partner Fred Astaire. Quel numero di tip tap è un vero miracolo. Potete anche sperare, ma non vedrete mai più qualcosa di simile».
Una prerogativa dell’artista era l’inventiva. Certo ascoltava le indicazioni dei coreografi, ma poi ci metteva del suo, ed era sempre un’idea che migliorava il numero. La Metro le dedicò uno spazio importante nel 1950, quando Eleanor sfiorava i quarant’anni. Ma era ancora lei. Il film era La duchessa dell’Idaho, protagonisti Esther Williams e Van Johnson, che in un night vede la Powell, che fa se stessa, l’invita a ballare, e lei si scatena in un boogie-woogie, irresistibile come quando faceva il tip tap. Ma concludo indicando un numero che è un unicum, fa parte del film Lady Be Good del 1941: titolo Amazing Tap Dance With Trained Dog. Il partner di Eleanor non ballò mai più con nessun’altra, perché nessuna era all’altezza.