In C’era una volta Hollywood, il documentario per il 50esimo anniversario della Metro-Goldwyn-Mayer, James Stewart (1908-1997) parla di sé stesso in questi termini: «Con l’avvento del sonoro molte carriere cessarono dall’oggi al domani. Gli Studios, per adeguarsi, dovettero cominciare a cercare attori che sapessero parlare. È chiaro che il serbatoio doveva essere il teatro. Ecco, io ero uno dei tanti attori di teatro che arrivarono a Hollywood in cerca di fortuna». E l’ebbe.
James si era fatto le ossa in una celebre compagnia teatrale dell’epoca, siamo negli anni ’30, la University Players, diretta da Joshua Logan. Scritturato dalla Metro, si vide subito assegnare un ruolo di cantante, lui che era quasi stonato. Ma fu solo un errore di percorso. Ci pensa Frank Capra a mettere le cose a posto, dandogli la parte di protagonista nell’Eterna illusione. Stewart dichiara ancora: «Dopo quel film la gente cominciò a riconoscermi per strada». Capra lo vuole protagonista anche di Mr. Smith va a Washington. Tutte pietre miliari del cinema americano e del mondo.
Nel ’40 arriva addirittura l’Oscar, grazie a Scandalo a Filadelfia di Cukor. Ecco che ha preso corpo il suo personaggio. L’uomo onesto, anche a oltranza, che deve lottare con grinta, quasi con dolore, per fare la sua conquista. Assomiglia in questo senso a Gary Cooper (altro grande “capriano”), ma quest’ultimo ha maggiori doti e appeal, mentre James parte ad handicap, dunque deve lottare di più, essere anche più bravo.
Nel dopoguerra Capra gli offre la chance in quello che alcuni considerano il più famoso film americano: La vita è meravigliosa. L’utopia della bontà assoluta è in ottime mani. Nel ruolo di George Bailey, che può vedere sé stesso dal futuro, Stewart offre il massimo delle sue possibilità. Da qual momento è uno dei personaggi più amati d’America, e non solo. Non è davvero un caso che Hollywood gli offra le parti di alcuni dei maggiori eroi americani, eroi diversi, come Charles Lindbergh e Glenn Miller. Eroismo, patria, devozione.
Sono parole, e pratiche, che portano Stewart ad essere politicamente un falco, anche se meno perentorio di un John Wayne. Col valore aggiunto dell’azione: Stewart ha davvero fatto la guerra, è stato davvero decorato ed è rimasto per tutta la vita nella riserva raggiungendo il grado di generale. Un insieme di accrediti che si sono naturalmente riverberati sulla sua carriera. È stato un attore amato dai massimi registi: Hitchcock, Ford, Capra, Wilder, DeMille, Cukor. Facciamo dei titoli: La finestra sul cortile e L’uomo che sapeva troppo con Hitchcock. La donna che visse due volte (Vertigo), sempre di Hitchcock, merita una nota. Sight and Sound, testata inglese che fa testo e che ciclicamente compila una classifica dei più grandi film di tutti i Paesi e di tutte le epoche, lo pone al primo posto assoluto. Il protagonista è… James Stewart. Non è un dettaglio da poco. E poi Cavalcarono insieme e L’uomo che uccise Liberty Valance con Ford. Tutti film che sono nelle classifiche dei generi.
Ma forse lo Stewart più puro e completo è quello dei western di Anthony Mann: Là dove scende il fiume, Lo sperone nudo, Terra lontana, L’uomo di Laramie, Winchester 73. Tutti capolavori. È in quei titoli che l’attore perfeziona quel carattere tenace, forte, giusto e dolente. Nel ’76 c’è un ultimo, struggente confronto col suo omologo John Wayne, nel Pistolero. I due eroi vecchi, gloriosi, mai più riproducibili, finivano insieme. Stewart è stato personaggio enorme e attore grandissimo, buono per tutti i ruoli. Che fossero onesti, naturalmente.