Argylle – La super spia
Matthew Vaughn
200 milioni di dollari di budget e un cast di superstar: fra gli altri, Henry Cavill, Bryce Dallas Howard, Sam Rockwell, Bryan Cranston, Samuel L. Jackson, John Cena, Ariana DeBose e Dua Lipa (in una sequenza di action/danza übersexy). Cosa poteva andare storto? Tutto. Matthew Vaughn, già al timone di Kick-Ass e della saga Kingsman, confeziona un “finto” Bond chiassoso e venato di commedia. Ma è troppo lungo (2 ore e 19 minuti) e soprattutto decisamente fiacco, tanto che il pubblico ha praticamente disertato le sale: solo 96 milioni di dollari l’incasso globale finale.
Back to Black
Sam Taylor-Johnson
Dopo biopic musicali fortunatissimi (su tutti Bohemian Rhapsody, 4 Oscar e 910 milioni al box office internazionale), la storia di Amy Winehouse era confezionata apposta per sbancare ovunque. Ma Sam Taylor-Johnson, che pure aveva esordito con la sensibile origin story di John Lennon (Nowhere Boy, 2009), sbaglia pressoché tutto (a parte la protagonista Marisa Abela). E il punto di vista sulla tragica parabola della cantautrice inglese resta troppo ambiguo: non si discute mai il ruolo in realtà molto controverso del padre, che ha concesso i diritti di canzoni e immagine. Ah, alla fine non ha sbancato affatto: solo 50 milioni di dollari di incasso globale su 30 di budget.
Borderlands
Eli Roth
La versione cinematografica del videogame di culto ottiene la cosiddetta greenlight nel 2015. Nel 2020 Eric Roth viene scelto come regista. E poi… una serie di sfortunati eventi porta al risultato che abbiamo visto (anzi: chi l’ha visto?) l’estate scorsa. Nonostante il super cast – Cate Blanchett, Kevin Hart, Jack Black, Édgar Ramírez, Gina Gershon e Jamie Lee Curtis – Borderlands resta uno degli adattamenti di videogiochi più detestati dal pubblico. E, cosa ancor più grave, dai fan. Non funziona niente: il tono indeciso tra action e comedy, il décor che saccheggia a piene mane gli ultimi Mad Max, il ritmo (anche se – incredibile ma vero – dura poco più di un’ora e mezza). E quella che era pensata come una saga pare costretta a fermarsi qui.
The Crow – Il corvo
Rupert Sanders
Lo abbiamo detto e ripetuto tantissime volte: i cult non si toccano. Ma ce ne sono alcuni in particolare che andrebbero lasciati in pace. Il corvo originale è passato alla storia, lo sappiamo tutti, per la morte sul set di Brandon Lee. Ma anche per aver saputo diventare un’opera davvero dark, capace di caratterizzare gli anni ’90 come poche altre. Trent’anni dopo, l’infamous Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore, chiacchierato più per la storia del regista con Kristen Stewart che per altro, e il disastroso live-action di Ghost in the Shell con Scarlett Johansson) cerca di riportare in vita il mito. Ma il cast pur azzeccato (Bill Skarsgård e FKA twigs) non produce il miracolo sperato. E anche il pubblico se n’è tenuto piuttosto alla larga.
Damsel
Juan Carlos Fresnadillo
Dopo la doppietta sherlockholmesiana di Enola Holmes, Millie Bobby Brown resta la pulzella preferita di casa Netflix. E la damsel in distress del titolo è il ruolo che le serve ora come ennesimo star vehicle dopo il boom di Stranger Things. Ne esce un period action che non appassiona, non diverte, zeppo di lungaggini e con un messaggio femminista fin troppo manicheo. Anche qui, un cast di contorno del tutto sprecato: Robin Wright, Angela Bassett e Ray Winstone hanno tutti l’aria “prendi i soldi e scappa”. Come biasimarli.
Fabbricante di lacrime
Alessandro Genovesi
Altro giro, altra (mancata) hit per adolescenti by Netflix. Non che le visualizzazioni non ci siano state, ma sono stati in proporzione di più i meme dedicati all’adattamento del bestseller di Erin Doom. Alessandro Genovesi, solitamente al timone di commedie corali (La peggior settimana della mia vita, Soap opera, 10 giorni senza mamma, 7 donne e un mistero) non ha la mano giusta per governare questa storia “emo” su sfondo di orfanotrofio e con un copione fatto di bigliettini dei Baci Perugina. E i giovani protagonisti non sembrano esattamente usciti dall’Actors Studio.
Killer Heat
Philippe Lacôte
Un intrigo giallo tra Hitchcock e Mr. Ripley (ma based on Jo Nesbø), però alla fine siamo più dalle parti di certi film Tv con Gabriel Garko (anzi: magari). Abbiamo già detto “cast sprecati”? Ecco, qua ci sono Joseph Gordon-Levitt, Shailene Woodley e Richard Madden (uno dei tre addirittura in versione gemellare) completamente spaesati su un’isola greca dove ci scappa – ma dai – il morto. L’ivoriano Philippe Lacôte si era segnalato ai festival con due titoli interessanti (Run e La nuit des rois), ma il salto al cinema “big scale” (però senza troppi soldi: e si vede) non gli giova affatto.
Madame Web
S.J. Clarkson
Ed eccoci a quello che è forse IL flop dell’anno, senza se e senza ma. Praticamente disconosciuto dalla sua stessa protagonista, cioè Dakota Johnson: “Non sono sorpresa che sia andata così. Credo che il pubblico sia estremamente intelligente, e invece i produttori hanno cominciato a pensare che non lo sia. Gli spettatori sanno riconoscere le stronzate”. Si candidava ad essere un nuovo Wonder Woman, invece per il cinecomic di casa Sony nessuna meraviglia, ma solo tanti sfottò. E incassi vertiginosamente bassi. Più un misero 11% (!) di critiche positive su Rotten Tomatoes. Hanno ucciso la donna ragno.
This Is Me… Now: A Love Story
Dave Meyers
Innanzitutto è giusto chiedersi: possiamo davvero definirlo “film”? Quest’anno Jennifer Lopez ha fatto un album, ha cancellato parecchie date di un tour, e ha accompagnato tutto questo (quando ancora sperava di spaccare) con non uno ma due progetti audiovisivi: questo, che è più – diciamo così – di fiction, e il doc La più grande storia d’amore mai raccontata (spoiler: J.Lo e Ben Affleck avrebbero finito col separarsi per la seconda volta). Diretto dal regista di videoclip Dave Meyers, This Is Me… Now: A Love Story vorrebbe essere una grande opera-pop. Se l’avete visto, sapete invece com’è andata.
Uglies
McG
Siamo dalle parti di Divergent e The Giver – Il mondo di Jonas, che già non erano esattamente Blade Runner. Ma la distopia stavolta mira ad essere ancora più spietata. In un futuro imprecisato, una legge impone a tutti i sedicenni di sottoporsi a degli interventi chirurgici che potranno renderli bellissimi. Tally Youngblood non vede l’ora che arrivi quella data fatidica, ma… La prezzemolina Joey King (cfr. un altro titolo di quest’anno che non sfigurerebbe in questa lista: A Family Affair con Nicole Kidman e Zac Efron) è pure brava, ma non riesce a diventare grande in termini di filmografia. E affoga in una sci-fi dozzinale, piena di brutti effetti visivi e dal dubbio messaggio.