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Il bruttissimo ‘Uglies’ dimostra che solo l’animazione potrà salvare gli adattamenti Young Adult

Dopo il boom di ‘Hunger Games’, tantissimi franchise letterari di successo sono diventati live-action per il grande schermo, e quasi sempre con risultati pessimi. L’ultimo è il film Netflix starring Joey King tratto dalla saga di Scott Westerfeld. Ma una soluzione per creare prodotti migliori ci sarebbe…

Foto: Brian Douglas/Netflix

Tutto ha inizio in un mondo immerso nel grigio cemento. C’è un governo potente, un sistema di classi postapocalittico dal nome eloquente e un’adolescente pronta a guidare una rivoluzione mondiale. Vi suona familiare? Già, perché è la base della maggior parte dei franchise distopici Young Adult, tra cui Brutti, una serie di romanzi di Scott Westerfeld della metà degli anni ’80 che è stata finalmente adattata al cinema (il primo film è ora in streaming su Netflix). Sfortunatamente, mentre i libri di Westerfeld hanno fatto tendenza nel genere, il film tanto atteso sembra un insieme di cliché YA. E non si tratta solo di una riproposizione fotogramma per fotogramma di alcuni degli aspetti più deludenti della categoria. È la prova che opere e mondi così ampi meritano un trattamento altrettanto ampio sullo schermo, approcci che le versioni live-action semplicemente non possono sostenere.

La storia segue Tally Youngblood (Joey King), una ragazza che sta per compiere 16 anni. Si sente brutta, ma non è colpa sua. Vive in una società in cui ogni persona, al compimento del sedicesimo compleanno, viene sottoposta a un intervento estetico aggressivo che le cambia la vita e la trasforma in una bellezza perfettamente simmetrica. I ragazzi dell’età di Tally e anche più giovani sono chiamati Brutti; dopo l’intervento, sono autorizzati a vivere e giocare tra i bellissimi abitanti della città. Dopo un tentativo fallito di intrufolarsi nella zona della città abitata dai “belli” per vedere il suo migliore amico Peris (Chase Stokes), che ha già subìto l’intervento, Tally incontra un’altra quindicenne, Shay (Brianne Tju), che compie gli anni il suo stesso giorno. Le due sviluppano rapidamente un legame intenso, guidando i loro hoverboard e fantasticando sull’aspetto che vorrebbero avere in futuro. Ma quando Shay decide di saltare l’intervento e scappa in una comunità segreta di negazionisti chiamata Fumo, il governo invia Tally in missione per infiltrarsi nel campo. Tutto ciò che deve fare è denunciare i fuorilegge, e finalmente sarà bella. Il tempo trascorso con i Fumo, tuttavia, e la storia d’amore che sta nascendo con il loro leader, David (Keith Powers), le aprono gli occhi su verità crudeli riguardanti i Belli. Presto sarà costretta a scegliere tra la vita che ha sempre pensato di volere e un nuovo scenario che non ha mai preso in considerazione.

Uglies è un prevedibilissimo adattamento YA di Netflix. La tavolozza dei colori tenui è accompagnata da interpretazioni poco brillanti da parte del cast, e la copiosa quantità di effetti digitali riesce a far sembrare il progetto decisamente datato. (L’unica nota positiva è l’ispirata interpretazione di Tju nel ruolo della ribelle Shay.) Ma l’evidente mancanza di immaginazione del film non risiede nel materiale di partenza. La distopia di Westerfeld mette in scena una delle riflessioni più indimenticabili della storia degli YA, per il modo in cui gioca con il nostro concetto di bellezza. Nel libro, Tally guarda le riviste accuratamente conservate di un’epoca precedente, che sono facilmente riconoscibili per i lettori come un insieme di tabloid pieni di celebrità. Ma ai suoi occhi, ogni singola persona famosa non è bella. Sono brutte. È un colpo di scena inaspettato: in questa nuova cultura, la bellezza non riguarda solo la pelle senza pori e i lineamenti tesi. Essere belli in questa distopia significa diventare mostruosi.

Tuttavia, l’adattamento non riesce nemmeno a cogliere questa sfumatura essenziale, accontentandosi di sottoporre il cast a un pesantissimo effetto Facetune. Anche la critica del libro ai governi che offrono panem et circenses per placare le masse viene neutralizzata, mentre il film ironicamente infila cammei di altre star di Netflix in ogni minuto disponibile, come se volesse ricordare agli spettatori che c’è molto altro da guardare sulla piattaforma, una volta terminato il film. (Stokes e King hanno ciascuna la propria serie Netflix. E ci sono anche Laverne Cox di Orange Is the New Black, Luke Eisner di Tall Girl 2, la star di Selling Sunset Breana Tiesi e il modello Lucky Blue Smith – o qualcuno che gli somiglia molto.)

Ma questi difetti non sono unici. C’è una lunga serie di flop cinematografici YA nati sulla base di opere molto amate – Beautiful Creatures, Eragon, The Giver – Il mondo di Jonas, City of Ember, Divergent e Darkest Minds – che soffrono dello stesso problema principale: i film live-action non riescono a ricreare le dimensioni e la portata delle loro ambientazioni immaginarie. Dopo l’enorme successo di Hunger Games, è chiaro che i dirigenti degli Studios non smetteranno mai di dare il via libera ad adattamenti YA con protagoniste le star preferite dai più giovani, nella remota possibilità che uno di essi generi il prossimo franchise di successo. In effetti, ne sono già in cantiere alcuni, tra cui una versione televisiva di Harry Potter e una trasposizione per il grande schermo della serie fantasy di successo Figli di sangue e ossa di Tomi Adeymi. Nel frattempo, i creatori di cinema e televisione ignorano l’opzione migliore per gli adattamenti che hanno di fronte: l’animazione.

In quest’epoca di remake, il live-action è stato sempre considerato il fine ultimo, anche nel caso dei classici dell’animazione. Sono stati realizzati reboot in live-action di celebri film per bambini come Il re leone, La bella e la bestia, Il libro della giungla, Dumbo, Mulan e La sirenetta. Ognuno di essi è stato criticato per non essere all’altezza del mondo immaginato del suo predecessore. Ma l’animazione può operare negli spazi vuoti in cui l’azione dal vivo fallisce. Gli artisti possono dare una resa migliore di una storia non vincolata dalle leggi della ripresa di persone reali nel mondo reale. Sì, con tempo e denaro sufficienti, gli effetti visivi possono creare risultati incredibili. Ma siamo onesti, nessuno Studio darà a un film YA lo stesso budget del capolavoro di James Cameron, Avatar – La via dell’acqua.

Uno dei maggiori punti di forza dell’animazione risiede anche nel modo in cui può trasmettere emozioni come presenza “fisica”. Gli stili artistici e le scelte creative che si possono fare nel processo di animazione sono infiniti, come la capacità del film vincitore dell’Oscar Spider-Man – Un nuovo universo di trasformare il salto di Miles Morale da un alto edificio nella parabola di un ragazzo spaventato che si alza letteralmente per andare incontro al suo destino; o come il film del maestro giapponese Hayao Miyazaki, La città incantata (2001), che ha dato a un drago mistico occhi pieni di dolore durante una battaglia in volo. È evidente che un adattamento animato di Uglies avrebbe potuto rappresentare la sua città alimentata da campi di fiori, macchine multi-tentacolari che vagano per le strade rilasciando fuochi d’artificio o musica, e hoverboard guidati da levitazione magnetica e propulsori.

I migliori libri YA diventano – e rimangono – popolari grazie allo spazio di immaginazione che lasciano ai lettori. Sono storie senza limiti, con sistemi sociali impegnativi e universi accattivanti. E con ogni nuova generazione, i libri per giovani adulti che la definiscono diventano sempre più inventivi. Quando si tratta di tradurre sullo schermo i mondi che queste storie creano nella nostra mente, questi libri meritano di meglio. E lo stesso vale per gli spettatori.

Da Rolling Stone US

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