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Il manager “maledetto” dei Beatles meritava un grande biopic. ‘Midas Man’ non lo è

La parabola di Brian Epstein era fatta, nel bene e nel male, per diventare un film. Ma il risultato non rende giustizia alla sua storia. E poi non ci sono le canzoni dei Fab Four…

Foto: Signature Entertainment

Se c’è un’istituzione del dietro le quinte del pop che merita un biopic tutto suo, quella è Brian Epstein, il manager maledetto, ma anche mentore e sostenitore dei Beatles nei momenti più o meno difficili. Epstein è già stato ritratto qua e là nei diversi film dedicati alla band, ma Midas Man (uscito ora negli Stati Uniti e prossimamente in Italia, ndt) è il primo lungometraggio completamente dedicato a lui. Secondo quanto riportato da Variety, la realizzazione del film è stata travagliata, con più registi che si sono succeduti, problemi di distribuzione e un budget cresciuto a dismisura rispetto a quanto previsto. Ma alla luce della mania per i biopic musicali e della continua fascinazione per gli ex clienti di Epstein, il tempismo tardivo non poteva essere migliore, il che rende un peccato che il film sia in gran parte un racconto esaustivo, sì, ma ben poco interessante della sua storia.

Per quanto riguarda i soggetti da trattare nei biopic, la vita di Epstein è, ovviamente, una tappa obbligata. La storia del gestore di un negozio di dischi gay ed ebreo che si imbatte nei giovani Beatles al Cavern Club e diventa presto il loro manager, mentre combatte le proprie insicurezze e i propri demoni prima di morire di overdose a 32 anni, era nata per essere un film. Con Jacob Fortune-Lloyd nel ruolo del protagonista, Midas Man ha tutte le carte in regola per ricreare fedelmente la vita di Epstein. Vediamo il suo stupore durante il primo incontro al Cavern Club, il suo imbarazzato incontro iniziale con la band nel camerino del locale e quelli in successione in cui gli sprovveduti capi delle case discografiche britanniche rifiutarono i Beatles, fino alle innumerevoli manovre di Epstein per imporli, tra cui la ricostruzione del suo incontro con Ed Sullivan (interpretato da Jay Leno, che fa sembrare il suo predecessore un burbero mafioso).

Per i neofiti dei Beatles, la storia – in particolare il modo in cui Epstein visse nel timore della disapprovazione della società (e della sua famiglia) per il suo stile di vita gay – aprirà sicuramente gli occhi in questi tempi così diversi e più illuminati. Sebbene assomigli più a un Harry Styles di mezza età che a Epstein, Fortune-Lloyd cattura il mix di determinazione e dolore represso nel comportamento di Epstein. Il film non parla del viaggio che Epstein e John Lennon fecero in Spagna nel 1963, che generò voci su una presunta relazione sessuale tra i due. Ma Midas Man accenna alle tensioni tra i due e non si sottrae dal mettere in scena la crescente dipendenza di Epstein dalle pillole, i suoi incontri sessuali clandestini e almeno un caso di ricatto che ne è derivato.

Per i Beatlesmaniaci, tuttavia, poco o nulla di tutto ciò sarà una notizia dirompente, e l’aspetto spesso tetro del film (e l’assenza della musica dei Beatles, dato che i produttori non sono stati in grado di ottenere i diritti per la loro riproduzione) penalizzano Midas Man tanto quanto la sua narrazione in anti-climax. Gli attori che ritraggono i Beatles non hanno molto da fare in scena, se non rivolgere commenti sfacciati a Epstein (è divertente il fatto che il padre di Epstein sia interpretato da Eddie Marsan, che in Back to Black ha vestito i panni del padre di Amy Winehouse: a proposito di typecasting…). Alcuni momenti riusciti – come i momenti in cui Epstein rompe la quarta parete e si rivolge direttamente agli spettatori – non riescono a compensare la convenzionalità del film. Midas Man è un tributo a Epstein tenero e corretto, ma non permette alla sua storia di volare.

Da Rolling Stone US

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