‘Immaculate – La prescelta’: la recensione dell’horror con Sydney Sweeney | Rolling Stone Italia
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‘Immaculate – La prescelta’: una grande Sydney Sweeney al servizio di un puro nun-sense

L’attrice di ‘Euphoria’ e ‘Tutti tranne te’ omaggia la “nunspoitation” e il giallo italiano anni ’70 in un horror che non riesce ad essere Polański come vorrebbe, ma a suo modo diverte. La recensione

‘Immaculate – La prescelta’: una grande Sydney Sweeney al servizio di un puro nun-sense

Sydney Sweeney in ‘Immaculate – La prescelta’

Foto: Neon

Forse è meglio cominciare dalla fine di Immaculate – La prescelta (nelle sale italiane dall’11 luglio, ndt), l’horror a sfondo religioso interpretato dalla neo-star del cinema, la Most Valuable Player dal pianto facile di Euphoria e attuale salvatrice della rom-com (leggi: Tutti tranne te) Sydney Sweeney. Probabilmente avrete sentito parlare degli ultimi dieci minuti, anche se non conoscete i colpi di scena della trama e gli spoiler sul chi, cosa e perché di tutto questo. Vi rimandiamo semplicemente alla foto qui sotto, in cui la Nostra Signora dell’Urlo Perpetuo, sporca di sangue, punta al massimo dei decibel. A questo punto, il personaggio di Sweeney – una giovane e casta donna americana che si trasferisce in un convento italiano – ha fatto il giro dell’inferno. Ha un ultimo compito da svolgere. La macchina da presa rimane bloccata in uno stretto primo piano sul suo viso, muovendosi con lei mentre fa ciò che deve fare. Tutto è concentrato sulle sue reazioni; anche gli sfondi sono sfocati.

Sydney Sweeney nella scena finale del film. Foto: Neon

E Sweeney… be’, diciamo che si impegna al 100%. La giovane attrice ha già dimostrato di avere tutte le carte in regola (vedi Reality) e che, molto prima di apparire sulle copertine delle riviste e di diventare oggetto di gossip, aveva affinato un certo stile di interpretazione low-key in una serie di film indipendenti. Quello che vediamo qui è un totale delirio che va da zero a cento all’ora. Non è al livello di Isabelle Adjani in Possession – ancora oggi il gold standard per i crolli isterici sul grande schermo – ma la sequenza girata in un solo take è una testimonianza di ciò che accade quando un’attrice si impegna a fondo per impazzire davanti alla macchina da presa.

Suor Cecilia, il personaggio di Sweeney ha trovato la sua vocazione grazie a un incidente su un lago ghiacciato nel Michigan, ed è convinta di essere stata salvata perché il Signore ha uno scopo speciale per lei (alla domanda sul perché abbia attraversato mezzo mondo per unirsi alla santa sorellanza, Cecilia risponde: “Be’, la parrocchia vicino alla nostra città natale stava chiudendo, quindi ….”. Oooook!). La sua convinzione di dover raggiungere al più presto un convento è salda. La nostra fiducia nel fatto che lì sarà al sicuro è in qualche modo mitigata dalla scena con cui si apre il film, in cui vediamo una giovane donna (Simona Tabasco, una delle “cortigiane” dell’hotel della seconda stagione di The White Lotus) che tenta di sfuggire alle grinfie di alcune Madri Superiore dall’aspetto malvagio e finisce per essere sepolta viva. È evidente che dietro quei sacri cancelli si nascondono cose sinistre.

Una volta stabilitasi nella sua nuova casa italiana, Cecilia si scontra rapidamente con Isabelle (Giulia Heathfield Di Renzi), la “boss” dell’istituto. Legherà invece con la sua compagna di stanza, Suor Gwen (Benedetta Porcaroli), che non si fa problemi a lanciare doppi sensi o a rispondere a tono alle suore più anziane. E poi c’è Padre Sal (Álvaro Morte, alias il Professore della Casa di carta), il gentile prete maschio del convento che le offre consigli mentre lei si adatta alla sua nuova vita da novizia. Cecilia, però, inizia a fare degli strani sogni. Crede anche di vedere un gruppo di suore con inquietanti maschere rosse sempre in agguato. Ogni tanto, inspiegabilmente, vomita. “Troppo sangue di Cristo?”, chiede Suor Gwen.

Benedetta Porcaroli è Suor Gwen. Foto: Neon

Poi, dopo un incubo particolarmente intenso in cui appaiono confessionali, corridoi interminabili e mani che la afferrano, Cecilia va in infermeria. Viene chiamata nell’ufficio della Madre Superiora, dove Padre Sal e diverse altre autorità vogliono parlarle. Si chiedono se sia stata con un uomo, prima o dopo essere arrivata in convento. Certo che no, risponde Cecilia. Perché, le rispondono, al momento sei incinta. È un miracolo! Ecco la seconda venuta della Madonna!

A questo punto, Immaculate inizia a rendere omaggio a molti dei suoi predecessori grindhouse, dai film di nunspoitation degli anni ’70 all’Italia del giallo cruento ma con un taglio più soprannaturale. In effetti, non si potrebbe essere biasimati se si pensasse che il regista Michael Mohan abbia aspettato l’ora delle streghe, abbia guardato il Suspiria originale per tre volte di fila e poi abbia detto: “Bene, ora ci penso io”. E per quanto riguarda la colonna sonora gloriosamente eurotrash che si sente in ogni sequenza di attacchi di suore contro altre suore e di passeggiate spaventosamente lente lungo passaggi oscuri, i Goblin potrebbero voler contattare i loro avvocati.

Quando Suor Cecilia riceve la buona notizia della sua Immacolata Concezione e diventa oggetto di culto (comprensibile) e di invidia (ancora un peccato capitale), il film vira verso il polanskiano, con Rosemary’s Baby come influenza chiave… anche se non nel modo in cui potreste pensare. Anche in questo caso, non vogliamo dire troppo; vi diremo solo che la spiegazione di quello che sta succedendo vi farà probabilmente gridare “porca puttana!”, e non necessariamente in senso positivo.

IMMACULATE - LA PRESCELTA (2024) Trailer Italiano Ufficiale | Sydney Sweeney | Al Cinema

È possibile leggere Immaculate alla luce della recente legislazione americana sull’autonomia delle donne rispetto al proprio corpo e di come la religione sia stata usata e abusata per giustificare la sottrazione di diritti umani in tal senso. È anche del tutto comprensibile se uno spettatore si vuole semplicemente crogiolare nel brivido a buon mercato, mentre osserva l’iconografia cattolica fatta a pazzi e la carica erotica di una ragazza che indossa un velo, se questo è ciò che gli piace. Immaculate è un film dell’orrore che vuole far contenti entrambi i tipi di spettatori: vuole ricevere la sua ostia per la comunione e poi mangiarla.

L’unica cosa che questa specie di B-movie old school riesce davvero a fare, tuttavia, è dare a Sydney Sweeney un’ottima vetrina. È già diventato parte della leggenda del film il fatto che Sweeney abbia fatto un provino per questo ruolo una decina di anni fa, che il progetto sia poi finito nel Purgatorio e che l’attrice, nel frattempo diventata star, lo abbia ripreso in mano stavolta anche in qualità di produttrice. Probabilmente ha visto in questo copione la possibilità di ampliare il suo raggio d’azione e/o di aprirsi una strada verso il cinema di genere. Per Immaculate è certamente una fortuna poter contare su un’interprete come lei. E quando l’ultimo colpo di scena arriverà, lasciandovi pieni d’ansia e terrore, ringrazierete le vostre rispettive divinità per il fatto che Sweeney abbia sacrificato tutto in nome dei vostri guilty pleasure.

Da Rolling Stone US