‘In the Fire’, Amber Heard e il piccolo Diavolo
L’attrice torna in un supernatural thriller in costume, presentato al Taormina Film Fest e al cinema dal 14 settembre distribuito da RS Productions, che indaga tra spiritualità e mistero. E che punta sul ‘made in Italy’
Amber Heard è la star di 'In The Fire'. Foto: ILBE/RS Productions
Dopo la calorosa accoglienza del pubblico lo scorso giugno al Taormina Film Fest, dove è stato presentato in anteprima mondiale alla presenza del regista e del cast, arriva finalmente nelle sale In the Fire, il film di Conor Allyn prodotto da Iervolino & Lady Bacardi Entertainment con Paradox Studios e Angel Oak Films, che sarà distribuito da RS Productions in collaborazione con Mirari Vos e che segna il ritorno sul grande schermo di Amber Heard.
Un supernatural period thriller
Una psichiatra americana vedova e senza figli viene chiamata in una ricca fattoria in Colombia a risolvere il caso di un bambino disturbato, quando la psicanalisi non era ancora considerata una scienza – specie se praticata da una donna – ma tutti preferivano credere nella superstizione e nel maligno. A contattarla era stata la madre del piccolo, preoccupata anche dalle sempre più insistenti accuse da parte del prete locale e dai contadini – tormentati da misteriosi eventi avversi – che il piccolo fosse il Diavolo. Quando la dottoressa arriva, scopre che la madre del ragazzino è morta e che il padre stesso ha iniziato a credere alla possibile possessione del bambino. Mentre la donna tenta una psicoanalisi del giovanissimo paziente, gli eventi nefasti si intensificano e la sua “cura” diventa una corsa per salvare il piccolo dalla furia dei concittadini… e forse anche da sé stessa, quando lei stessa inizia a temere che quel che sta succedendo nella hacienda abbia a che fare con qualcosa di orribile e soprannaturale, sullo sfondo della lotta eterna tra scienza e fede. Questa la trama di In the Fire, che ci porta fin da subito nei territori del thriller soprannaturale, in chiave period drama. Un mix di elementi tenuti insieme dal copione scritto dallo stesso regista Conor Allyn insieme a Pascal Borno e Silvio Muraglia, che ha anche ideato il soggetto.
Un cast internazionale
A vestire i panni della psichiatra chiamata a indagare sul “mistero” c’è Amber Heard, anche produttrice esecutiva del film, che torna in un ruolo da protagonista dopo le vicende private che hanno tenuto banco sulla stampa globale (leggi: il processo contro l’ex marito Johnny Depp). La sua interpretazione dolente nei panni della dottoressa ha come contraltare le belle prove degli altri membri del cast internazionale: da Eduardo Noriega, l’attore spagnolo lanciato da Tesis e Apri gli occhi di Alejandro Amenábar e visto di recente nell’italiano Sposa in rosso di Gianni Costantino, al piccolo Lorenzo McGovern Zaini, volto di molti film “made in ILBE” (Dakota, American Night, Aiuto! È Natale!); fino agli italianissimi Luca Calvani e Yari Gugliucci, due sacerdoti molto diversi ma ugualmente enigmatici.
Il bello del Made in Italy
La Colombia dark di fine Ottocento di In the Fire è stata “ricostruita” nella nostra Puglia. «Siamo felici che tra pochi giorni cominceremo a girare in Puglia questo thriller», aveva dichiarato il produttore Andrea Iervolino, presidente e fondatore di ILBE, all’inizio delle riprese. «In the Fire sintetizza bene il nostro business model e ci conferma la validità della strada intrapresa in questi anni: produzioni 100% italiane e di qualità rivolte al mercato globale, che vedono la partecipazione di star hollywoodiane e l’impiego di maestranze nostrane». Come, in questo caso, Simone Mogliè alla fotografia (firmata insieme a Matt Bendo), Francesco Scandale alla scenografia, Sabrina Beretta ai costumi e il grande Teho Teardo alle musiche.
Le dichiarazioni del regista Conor Allyn e di Amber Heard
«Penso che sia fantastica nel film e sono sicuro che sia stato molto difficile per lei, con tutto quello che aveva in ballo», ha sottolineato il regista Conor Allyn. «Ogni volta che giri un film in location, sei lontano dal mondo e noi siamo stati in peasini remoti nel sud dell’Italia e in Guatemala. Era totalmente sintonizzata su quello che stavamo facendo, profondamente immersa nel suo personaggio, Grace. L’intero film si basa sul legame tra lei e questo ragazzo disturbato (Lorenzo McGovern Zaini). All’inizio è la sua psicologa, ma piano piano diventa una figura materna che è disposta a morire per lui perché riesce a capirlo davvero. Ho percepito subito che avevano quella connessione, la chiave della storia. E lei è proprio una star. Le metti la telecamera addosso e, anche quando non dice niente, sembra un grande giocatore di basket che non ha bisogno della palla per fare grandi cose».
Heard ha spiegato in un’intervista a Deadline, che per lei, più che di scontro tra scienza e religione, «il film in fondo parla di amore. Mi è piaciuto che giochi con questo dibattito tra superstizione e scienza, religiosità e oggettivismo. E il modo in cui Connor unisce brillantemente le due parti, arrivano al cuore». E ha continuato: «La sua scrittura è molto ancorata e trova un modo naturale per collegare questi elementi che sembrano in netto contrasto tra loro. Grace si ritrova ad avere a che fare con una forza quasi soprannaturale. È una donna obiettiva, razionale e scientifica, che è orgogliosa di avere una mentalità indipendente, ma è in grado di vedere la magia e come qualcosa che è stato etichettato come malvagio o demoniaco riesca in qualche modo ad avere un arco narrativo che termina con l’amore. Cosa c’è di più riconoscibile dell’amore che dai a un bambino, che sia un figlio biologico o meno? C’è qualcosa di veramente potente in tutto ciò, e mi è piaciuto che sembrasse soprannaturale e avesse un elemento surrealista e – nello stesso tempo – fosse molto radicato».