Rolling Stone Italia

‘Inside Out 2’ racchiude tutte le emozioni di un buon sequel (con un bella dose di Ansia)

Il sequel di uno dei migliori film della Pixar alza la posta emotiva affrontando l'adolescenza, comprese le parti negative. Ehm, soprattutto le parti negative. La recensione

Tristezza, Gioia, Disgusto, Paura e Rabbia in una scena del film. Foto: Disney/Pixar

Pensavate che la mente di una bambina fosse un rollercoaster emotivo? Provate con quella di un’adolescente.

Quando Inside Out è uscito al cinema nel 2015, l’immersione della Pixar nel cervello di una ragazzina undicenne è diventata subito un titolo di altissimo livello: lo stile da cartone animato vecchia scuola, la palette di colori che non lasciava da parte nessuna tonalità, un cast vocale di celebrità con notevoli doti comiche e una combinazione perfetta di immaginazione infantile e visione matura del momento in cui inizi a lasciarti l’infanzia alle spalle hanno reso il film uno dei migliori lavori dello Studio. Insomma, il seguito era inevitabile, ma il fatto che il secondo lungometraggio sarebbe stato intelligente, divertente e commovente anche soltanto un decimo dell’originale invece non lo era affatto. I sequel della Pixar vanno dallo spaziale (Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa) al più che decente (Gli Incredibili 2) fino ai buchi neri (non parliamo mai più del franchise di Cars). Chi sapeva dove si sarebbe piazzato un potenziale Inside Out 2 su quella scala?

Nove anni dopo abbiamo una risposta e, ancora una volta, la Pixar mette sul piatto tutte le emozioni, tutte nello stesso momento. Inside Out 2 ci riporta nella psiche di Riley proprio mentre sta per compiere 13 anni, un’età che non fa sconti e un bel problema quando si tratta di coerenza e stabilità emotiva. La buona notizia è che questo sequel è abbastanza saggio da sapere dove e come costruire sulla premessa iniziale del primo film, senza sforzarsi di superarlo – una maledizione che ha affossato troppi film numero 2. Né questo capitolo dimentica che non sono state solo le emozioni antropomorfizzate ma anche l’investimento emotivo a rendere il film originale dello sceneggiatore e regista Pete Docter un’esperienza così indimenticabile, e non solo per gli standard dei film d’animazione. Questo nuovo fantastico viaggio nella mente di un’adolescente potrebbe non avere l’inventiva e la verve del primo. Ma potete dire a Delusione che può prendersi la serata libera e lasciare che Sollievo prenda il comando.

Il gruppo è (quasi) tutto riunito: Amy Poehler è tornata nel ruolo per cui sembra essere nata, Gioia (la voce italiana è Stella Musy, ndt). Phyllis Smith e Lewis Black riprendono le loro versioni di Tristezza e Rabbia (da noi rispettivamente Melina Martello e Paolo Marchesi); Tony Hale e Liza Lapira sostituiscono Bill Hader e Mindy Kaling rispettivamente nei panni di Paura e Disgusto (Daniele Giuliani e Veronica Puccio). Gestiscono la console per una Riley leggermente più grande, ora doppiata da Kensington Tallman (Sara Ciocca), che è ossessionata dall’hockey e esce con le sue due migliori amiche, Grace e Bree. Tutte e tre hanno attirato l’attenzione dell’allenatrice Roberts (la Yvette Nicole Brown di Community), il pezzo grosso dietro la squadra del liceo locale. Ha visto cosa possono fare insieme sul ghiaccio e le invita a un campo di addestramento nel fine settimana. Se Riley impressiona la coach, potrebbe riuscire a conquistare un posto nella squadra come matricola.

Gioia è ovviamente felicissima della prospettiva. Tristezza teme che alcune devastanti notizie dell’ultimo minuto sulle amiche di Riley rovinino tutto: ha paura di quello che potrebbe andare storto. Rabbia vuole rompere tutto. Disgusto è schifata dall’inspiegabile odore che arriva dalle ascelle di Riley. E poi, dal nulla, qualcosa inizia a lampeggiare sulla console di controllo, un pulsante contrassegnato con una sola parola: PUBERTÀ. Qualcuno lo schiaccia. E inizia a regnare il caos.

Gli umori all’improvviso cambiano, gli ormoni accelerano, una squadra di costruttori trasforma l’amigdala in un disastro da un giorno all’altro, e il quartier generale emotivo di Riley diventa due volte più affollato. Un’intera nuova generazione di emozioni entra in scena. Imbarazzo (Paul Walter Hauser, da noi Federico Cesari) è una figura massiccia con una felpa con cappuccio che tace e odia il contatto visivo. Ennui (Adèle Exarchopoulos, nella versione italiana Deva Cassel) si rilassa pigramente su un divano e offre commenti occasionali con uno stanco accento francese; ma, soprattutto, non può essere disturbata. Invidia (Ayo Edebiri, in italiano Marta Filippi) ha gli occhi grandi quasi quanto la sua testa e francamente vorrebbe essere alta quanto gli altri sentimenti. Nostalgia (June Squibb) è in attesa dietro le quinte, pronta a diventare sentimentale su quanto fossero belle le cose una volta.

Imbarazzo, Ansia, Invidia ed Ennui. Foto: Pixar

E poi c’è Ansia (Maya Hawke, da noi Pilar Fogliati). Astuta, arancione e maniacale, inizia immediatamente a riorganizzare il locale e a lottare per la pole position, con grande sgomento di Gioia. Sono come due pistolere che si affrontano in un cervello non abbastanza grande per entrambe. Poi il giocatore senior e figo della squadra di hockey prende in simpatia Riley, che già adora questo MVP da lontano. Ansia decide di inscenare un colpo di stato, “reprimere” tutte le vecchie emozioni – vengono letteralmente imbottigliate – e spingerle in profondità nei recessi della mente di Riley. Quindi inizia a prendere tutte le decisioni. Potete indovinare come va.

Da qui, Inside Out 2 inizia a replicare la parabola narrativa del primo film, con Gioia & C. bloccati nella terra desolata del subconscio che lottano per tornare indietro prima che il senso di sé di Riley si sgretoli a causa del cambio di regime di Ansia. Non c’è Bing Bong, l’amico immaginario che ha spezzato centinaia di cuori nell’originale. Ma c’è un residuo d’infanzia sotto forma di Bloofy, un cane cartoon con un marsupio pieno di risorse di nome  Pouchy (Dio benedica Ron Funches e James Austin Johnson di SNL, le cui voci qui elevano questa parodia di Dora al sublime). All’esterno, Riley cerca di cavarsela in un nuovo mondo fatto di cricche, pressioni esterne e la sensazione sempre crescente che qualsiasi non-vittoria totale sia un annientamento della sua autostima. All’interno, Ansia stessa sta perdendo il controllo, Gioia è rimasta senza speranza e ogni altra emozione viene lasciata in stand-by. Essere un adolescente è un’esperienza davvero universale.

Ed è un’esperienza che Inside Out 2 comprende fin troppo bene, in termini di quanto le cose possano diventare complicate e straordinariamente intense per le giovani donne a quell’età. (Se questo sequel fosse ambientato nella mente di un ragazzino, sarebbe essenzialmente uno spin-off solista con protagonista Rabbia.) Sì, rispetto al sottovalutato lungometraggio della Pixar del 2022, Red, la visione di questo film della pubertà come punto di svolta è piuttosto mite. Per non parlare del fatto che il mondo “reale” immaginato dagli sceneggiatori Meg LaFauve e Dave Holstein e dal regista Kelsey Mann è il tipo di luogo in cui i telefoni cellulari e i selfie sono prevalenti, ma i social media sono praticamente scomparsi – una visione utopica che però fa un po’ strano in un film il cui cattivo è Ansia versione teen

Eppure il paesaggio interiore è così meravigliosamente delineato e così convincente e complesso da ispirare euforia e allo stesso tempo ferire esattamente dove è necessario per funzionare. Per ogni battuta e/o gag sulla pop culture che manca (quella su un personaggio di un videogioco con una mossa purtroppo debole per il colpo di grazia fallisce non appena viene fatta), c’è un attacco di panico reso con dettagli così autentici che ti sembra di iperventilare mentre ne sei testimone.

La Pixar è stata brava ad affrontare terreni emotivi spinosi in un modo accessibile e traducibile per tutte le età da quando Buzz ha incontrato Woody per la prima volta. Poi Inside Out ha fatto il passo in più, fornendoci un terreno emotivo letterale e rendendo tutto così straziante da alzare l’asticella molto più in alto. Inside Out 2 mantiene la promessa di quel film mantenendo la premessa del passaggio successivo. Il primo considerava la tristezza come necessaria per la mentalità a tutto tondo di un bambino. Gli anni dell’adolescenza però richiedono l’integrazione di un’ampia varietà di emozioni negative, che lavorano con quelle positive e tentano il più precario degli equilibri. Questo sequel sa che quando ti lasci alle spalle l’infanzia rischi di lasciare anche parti fondamentali della personalità del bambino che eri e della sua crescita personale. E riconosce che la giovane età adulta è un gioco completamente diverso. Ansia sarà presto una realtà della vita. Ma, come ricorda Inside Out 2, può anche essere domata.

Da Rolling Stone US

Iscriviti