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‘It Ends with Us’ è più di un film sdolcinato: è un frappuccino di Starbucks

Il nuovo lavoro di Blake Lively è indeciso tra la commedia romantica e il dramma sugli abusi domestici, ed eccede in melassa. Peccato, perché lei è davvero bravissima

Foto: Nicole Rivelli/Sony Pictures

Se non sapevate già che It Ends with Us – Siamo noi a dire basta, il nuovo film con Blake Lively tratto dal bestseller di Colleen Hoover, parla di abusi domestici, potreste restare subito spiazzati. Al giorno d’oggi, un argomento così serio sembrerebbe meritare un film serio, in grado di far capire l’importanza del tema trattato.

Questo non lo fa. Il film è tanto spumeggiante quanto melodrammatico, tanto interessato al romanticismo quanto al trauma. Per tutte le oltre due ore di durata, It Ends with Us rimane incredibilmente fedele alle sue origini di “libro da ombrellone”. Il risultato è un mix di toni che non sempre funziona, ma che spesso sembra un ritorno a un’altra epoca cinematografica, quella in cui i film a medio budget disposti ad approfondire tematiche importanti erano un modello di business praticabile.

Lively interpreta la nostra eroina, il cui nome è Lily Blossom Bloom. La incontriamo mentre torna a casa nel Maine per il funerale del padre. Quando le viene chiesto di parlare di lui durante la cerimonia, non riesce a dire nulla, non tanto per il dolore quanto per il chiaro segno che non era un brav’uomo. Quando torna a casa a Boston, Lily incontra Ryle Kincaid (Justin Baldoni, anche regista del film), un neurochirurgo assurdamente bello. Il loro flirt viene bruscamente interrotto quando lui viene chiamato al lavoro, ma ben presto entra nel negozio di fiori di lei, appena aperto, perché si dà il caso che sia il fratello della sua impiegata nonché migliore amica Allysa (Jenny Slate).

Sì, se state pensando che It Ends with Us sia un film non didascalico, Lily Blossom Bloom ama i fiori e crea composizioni elaborate shabby chic del genere “matrimonio hipster in un fienile nel 2012”.

Mentre la nascente storia d’amore tra Lily e Ryle si sviluppa, ci vengono contemporaneamente mostrati i flashback di una relazione cruciale durante l’adolescenza di Lily. La ragazza – interpretata a quell’età da Isabela Ferrer, che assomiglia in modo inquietante a Lively, a partire dalla voce – diventa amica di Atlas Corrigan (Alex Neustaedter). È un ragazzo proveniente da una famiglia disagiata che Lily trova in una casa abusiva dopo che la madre lo ha cacciato di casa. Lily offre ad Atlas cibo e vestiti puliti. I due si consolano a vicenda e finiscono per fare sesso, la prima volta per lei. Presto la versione adulta di Atlas (Brandon Sklenar) riappare nella sua vita, accendendo la gelosia del suo fidanzato Ryle. Il quale, tra l’altro, si rivelerà avere una vena violenta non dissimile da quella del padre di Lily, che ha visto aggredire sua madre (Amy Morton).

A questo punto, Lily si trova di fronte a una scelta: restare con Ryle e continuare a subire gli abusi di cui è stata testimone durante l’infanzia o liberarsi, ponendo fine a quel ciclo. La scelta è chiara, ma la regia di Baldoni e la sceneggiatura di Christy Hall trovano continui trucchetti per mettere in scena i modi in cui Lily cerca di convincersi dell’innocenza di Ryle.

Probabilmente il più grande difetto di It Ends with Us, vista la direzione che prenderà alla fine, è che dà il meglio di sé quando gioca con i cliché della commedia romantica. Come regista, Baldoni si prende il suo tempo con l’incontro tra Lily e Ryle, lasciando che lo spettatore si rilassi vedendoli flirtare, grazie alle lunghe riprese sul volto suo e di Lively. Baldoni e Lively sono entrambi esperti nel fare gli occhi a cuore, visto il loro lavoro in televisione – lui in Jane the Virgin e lei in Gossip Girl – e lo fanno molto bene l’uno con l’altra. Le farfalle sono palpabili.

Lively, con un morso al labbro o con un tocco ai capelli, è in grado di creare una chimica senza sforzo con chiunque abbia di fronte sullo schermo, sia che si tratti di Baldoni che di Slate, quest’ultima in perfetta forma nel ruolo della BFF che aggiunge un tocco di humour ogni volta che è possibile. Slate e Hasan Minhaj, che interpreta il marito, a volte sembrano essere in un altro film, molto più leggero, poiché interpretano la coppia di imbranati e casinari che inizialmente spingono Lily e Ryle a stare insieme.

Baldoni si è dato il ruolo più succoso tra i due uomini della vita di Lily, ma se la cava molto meglio quando interpreta il fidanzatino perfetto piuttosto che l’abusatore. Il film è in qualche modo troppo comprensivo nei confronti di Ryle – che ha una sua storia traumatica che viene rivelata alla fine del film – e lo trasforma troppo rapidamente in un cattivo sprezzante. Nel frattempo, Sklenar rende Atlas una specie di tabula rasa. Non è mai abbastanza affascinante da conquistarvi completamente, anche se dovrebbe essere chiaramente il rifugio di Lily. Il film si basa quindi tutto sull’interpretazione di Lily da parte di Lively, la mette nel ruolo una convincente dose gioia e di sofferenza insieme.

It Ends with Us potrebbe essere il primo di una lunga serie di adattamenti dei romanzi di Hoover. L’autrice è diventata un vero e proprio fenomeno nel mondo dell’editoria e il film funge da proof-of-concept per Hollywood. Il risultato è un’opera elegante e sorretto da una performance stellare. Questa ricetta fa quasi venire nostalgia del cinema di una volta: i drammi strappalacrime old school, anche se questo sembra più un frappuccino di Starbucks. Non vi farà impazzire, a volte potrebbe avere un sapore un po’ troppo stucchevole, ma qua e là si difende.

Da Rolling Stone US

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