Crash-Pow-Splash-Boom! Quasi dieci minuti di titoli di testa (diciotto prima di una scena davvero action), sei protagonisti in calzamaglia o cyborg-corazza di cui scopriamo origini, forza e varie umanissime fragilità. Combattimenti anche di un quarto d’ora senza dialoghi, le musiche originali di Junkie XL – aka Tom Holkenborg – ad accompagnare l’azione. Un senso di dolore, lutto e impotenza pervade molte sequenze impastate di buio, grigio e pioggia pressoché costante. Sei capitoli più un epilogo per un totale di 4 ore e 2 minuti. Se non vi piace per niente il cinema di Zack Snyder, lasciate perdere. Se invece pensate che alcune sue opere abbiano nerbo, mitologia superpop e visione difforme, nonostante la roboanza, gli eccessi, la fumettosità insistita, allora questo film fa per voi a dispetto della durata debordante.
Da giovedì 18 marzo sarà visibile su Sky e NOW TV Zack Snyder’s Justice League, ovvero l’attesissimo (dai fan) director’s cut del mash-up tra i supereroi con marchio DC Comics. La complessa lavorazione di Justice League è nota: nel 2017, dopo il suicidio della figlia ventenne Autumn, il regista di 300, Watchmen e Batman v Superman decide di abbandonare la postproduzione del progetto JL, dopo avere girato tutto il film. La Warner affida il girato a Joss Whedon, già regista dei competitor Avengers della Marvel. Whedon tiene una piccola percentuale del girato originale e poi realizza un “altro film” di meno di due ore, che ha deluso sia i fan dei cinefumetti sia la critica. Presto comincia a diffondersi in rete l’hashtag #ReleaseTheSnyderCut, ovvero “fate uscire la versione di Snyder”. Perfino la bellissima donna amazzone “Wonder Woman” Gal Gadot e lo schivo “Batman” Ben Affleck sponsorizzano l’operazione, rilanciando tweet griffati #ReleaseTheSnyderCut. Un anno fa, complice la pandemia, Snyder decide di realizzare finalmente la “sua” versione, in accordo con Warner e HBO Max, lavorando per quasi un anno alla elaborata postproduzione e girando una sola sequenza ad hoc nel cortile di casa sua (ve la racconteremo presto).
Chi non vuole incappare in nessuno spoiler interrompa qui la lettura!
La sinossi del film è più o meno la stessa dell’opera uscita nel 2017, con più detour, parentesi e digressioni sui singoli protagonisti, battaglie e innumerevoli dettagli epico-drammatici. Dopo la morte di Superman (Henry Cavill), Batman (Affleck) e Wonder Woman (Gadot) cercano di creare un gruppo di supereroi – composto da Aquaman (Jason Momoa), Flash (Ezra Miller) e Cyborg (Ray Fisher) – in grado di contrastare Steppenwolf (Ciarán Hinds), orribile creatura muscolare di due metri e mezzo (cornone da diavolaccio incluse), inviato dall’infernale pianeta di Apokolips con l’obiettivo di conquistare la Terra. Forse però i superpoteri del gruppo non bastano, e si dovrà cercare di riportare in vita perfino lo stesso Superman…
Cosa cambia davvero? A parte l’ossatura della storia, praticamente tutto. Se lo stile del film precedente era quasi totalmente scanzonato e pareva scimmiottare malamente il “sentire Marvel”, questo capitolo ne è il lato oscuro. Si sorride appena, a tratti. Ci sono ancora frammenti comici con Flash, ma sono piccole pause in un racconto soprattutto drammatico, epico e d’azione. Dramma e aspetto comico si fondono perfino nel capitolo su Flash-Ezra Miller: l’introduzione al personaggio contiene al contempo un’azione drammatica (il salvataggio di una ragazza) e gli elementi buffi del supernerd Barry Allen. Il personaggio del nero Victor Stone/Cyborg assume tutt’altro rilievo, così come il suo rapporto conflittuale con il padre Silas (Joe Morton). Ne scopriamo l’animo “sportivo” e di ex campione di football. Le parole struggenti che accompagnano il (pre)finale sono rivolte a lui e a noi: «Il mondo è ferito e corrotto». Per inciso, Snyder aveva concepito questa parte focalizzata sull’eroe afroamericano Victor Stone ben prima del film Black Panther della Marvel.
Tra le canzoni non originali che accompagnano il film ascoltiamo alcuni pezzi emblematici di Nick Cave and the Bad Seeds (Distant Sky e There Is a Kingdom), una cover di Song to the Siren eseguita da The Mortal Coil e infine una cover sofferta di Hallelujah di Cohen, cantata da Allison Crowe. Tutto pare sottolineare una storia quasi di fantasmi, di connessioni fra vivi e morti, creature difformi e metamorfiche. Batman non è che un Virgilio che ci conduce nell’Inferno (ir)reale del mondo-fumetto DC, in cui il “lato oscuro” dell’universo ha temporaneamente vinto. La scena “extra” girata ad hoc mostra Batman e alcuni dei protagonisti in un futuro post-apocalittico e, infine, un dialogo teso e serrato tra l’eroe pipistrello e il Joker (Jared Leto) dal volto bistrato. Scopriremo che era solo un incubo, un sogno, uno spaesamento.
Non ci saranno le ulteriori due opere previste su JL griffate Snyder. Zack Snyder’s Justice League è un film-fiume eccessivo, eccentrico, quasi impossibile alla visione integrale, eppure pare altrettanto sincero, sentito, ipercontemporaneo. Ipercontemporaneo sia per i suggestivi effetti visivi, il senso di sconfitta e di sofferenza globale, sia per una possibile visione “frammentata” e a tappe (probabile che anche lo spettatore più aficionado selezioni pausa alla fine di un capitolo, prima di vedere il successivo). L’opera è dedicata proprio alla figlia dell’autore, Autumn Snyder, e il senso di lutto e rinascita a cui abbiamo assistito non può che colpire anche il nostro ormai quotidiano cinismo. Per dirla con le parole del padre di Victor Stone: «Combatti, scopri, cura, ama… Sii l’eroe che io non sono mai stato».