‘L’amante dell’astronauta’: la recensione di Marco Berger | Rolling Stone Italia
Mi chico latino

‘L’amante dell’astronauta’ è il film più (felicemente) gay dell’anno

L’argentino Marco Berger racconta l’omosessualità in modo (finalmente!) spensierato, tra omaggi al cinema classico e uno sguardo sui nostri tempi “fluidi” che non è mai un proclama. La recensione

‘L’amante dell’astronauta’ è il film più (felicemente) gay dell’anno

Javier Orán e Lautaro Bettoni in ‘L’amante dell’astronauta’ di Marco Berger

Foto: Circuito Cinema Distribuzione

A un certo punto, uno dei due protagonisti dice: “Sai cosa ti rende gay? Il desiderio”. Ed ecco un film che rimette al centro proprio questo, dopo anni di cinema in cui – non arrabbiatevi: sono parte della comunità – l’omosessualità sembrava solo dolenza, trauma, solitudine, più chiagnere che fottere (ancora oggi: niente di personale, amatissimo Andrew Haigh che ci hai appena dato il pur bellissimo Estranei).

L’amante dell’astronauta, nelle sale dal 20 giugno con Circuito Cinema, mi ha ricordato un film assai grazioso uscito nel 2000 che fu iniziatore di quel nuovo corso (e anche mio) poi, appunto, interruptus da nuove, sacrosante, ondate di poca gaiezza e molta afflizione. S’intitolava Krámpack, il regista era lo spagnolo Cesc Gay (mai nomen fu più omen), era l’educazione sentimentale e balneare di due adolescenti, già amici d’infanzia con relativi giochini di scoperta dei corpi, che, più grandi, scoprivano molto gioiosamente il sesso vero.

Così è quest’altro film, diretto da un bravo autore argentino, Marco Berger (son passati dai vari festival i precedenti Plan B, Mariposa, Un rubio, fra gli altri), con due ragazzi però più adulti, indecisi e fluidi come forse sono questi altri tempi. Pedro (Javier Orán) arriva nella casa al mare di alcuni amici e lì ritrova Maxi (Lautaro Bettoni), amico d’infanzia (arieccoci) che s’è appena lasciato con la fidanzata. Per una serie di equivoci un po’ da commedia anni trenta/quaranta, fingeranno di essersi messi insieme. E poi indovinate come andrà a finire.

L'AMANTE DELL'ASTRONAUTA | Trailer Ufficiale | Dal 20 Giugno al Cinema

Per dirla con altri detti popolari che non piaceranno alla comunità (o forse sì, ormai non capisco più niente, come fai sbagli), “la fi*a piace a molti, ma il ca**o piace a tutti”, che potrebbe essere il sottotitolo italiano perfetto per questo film. Che è ben più elegante di così, nella scrittura, nella regia, nella recitazione molto pimpante, ma – tornando al desiderio di quella battuta citata al principio – il senso è, scanzonatamente, proprio questo. Sconosciuti (non troppo) del lago (del mare) senza rete, sì, ma anche senza paura.

Certo, dicevo della commedia anni trenta/quaranta perché qui ci sono chiaramente i confini del cinema. E, in particolare, del cinema del secolo scorso. In quella casa al mare non c’è internet, quindi la cumpa è costretta a noleggiare film nell’unico negozio locale di dvd rimasto in zona. Die Hard, Big, qualcuno tira fuori il dimenticato Critters (chi è nato in quegli anni sa). E poi Stand by Me, Una vita al massimo, Edward mani di forbice, titoli che, messi in fila, compongono la formazione estetica e sentimentale di una generazione.

Javier Orán e Lautaro Bettoni in una scena del film. Foto: Circuito Cinema Distribuzione

C’è il confine del cinema e quello della favola, viene citata Biancaneve, e poi Pinocchio, come se questa storia che vuole e riesce a raccontare i sentimenti del nostro tempo – confusi, elastici, imprevedibili – si volesse di fatto mettere fuori da ogni tempo, tra la sophisticated comedy classica, dicevo, e i proverbi di Rohmer (e difatti l’astronauta del titolo ha una sua natura metaforica che non vi dico qui). Di certo non viene proclamata o promulgata nessuna fluidità, c’è solo un invito alla libertà, se non – utopisticamente? – alla felicità, che comincia sempre dai corpi. E, nel mese del Pride, puntare alla felicità sembra – almeno a me – il miglior atto d’orgoglio auspicabile.

C’è tanta frociaggine (cit.), tanto sesso parlato, sfacciato, alla fine anche praticato, ma in un palleggio continuo che ricorda un po’ il Challengers di Guadagnino, con quello stesso gioco della seduzione, quella tensione irrisolta o forse sbrogliata/imbrogliata dal colpo finale. Il tennis è sempre una relazione, ma anche ogni estate al mare lo è, ogni amore che è sempre il primo, ogni festa, ogni corsa in macchina di notte, ogni bagno, ogni scopata, ogni cosa che serve a dirci chi siamo, e che possiamo essere quello che vogliamo, speriamo solo, comunque vada, felici.