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‘My Old Ass’: da grandi vorremmo tutti diventare Aubrey Plaza

L’attrice affianca la giovane Maisy Stella in una dramedy (appena arrivata su Prime Video) che immagina una ragazza alle prese con la versione più adulta di sé stessa. E piazza un’altra performance da vera ‘pro’

Foto: Amazon Studios

Com’eravate quando avevate 18 anni, strafatti della sensazione che la vostra vita fosse una tela bianca stesa davanti a voi, su cui potevate gettare tutti gli schizzi di colore che volevate? Forse, come Elliott (Maisy Stella), la protagonista di My Old Ass (su Prime Video dal 7 novembre), eravate letteralmente strafatti di qualcosa di più di una sensazione, per gentile concessione di alcuni funghi che le sue migliori amiche Ro (Kerrice Brooks) e Ruthie (Maddie Ziegler) si sono procurate. È l’estate che precede la partenza dalla sua città rurale nell’Ontario per il primo anno di college a Toronto, e lei e le sue amiche vogliono sballarsi insieme nei boschi. È così che si creano i ricordi, quelli che durano tutta la vita, anche se i dettagli esatti su, ad esempio, un esercito di coniglietti immaginari che emerge dalla foresta durante il trip rimangono un po’ confusi.

O forse, come Elliott, sei talmente fatta che all’improvviso ti ritrovi a parlare con una donna di 39 anni apparsa dal nulla, che si siede accanto a lei davanti al fuoco e si presenta dicendo: “Ehi, stramba!”. L’adolescente non ha idea di chi sia questa sconosciuta, ma l’ospite misteriosa sa esattamente cosa sta succedendo a quella ragazza, perché è lei. Anzi, è la Vecchia Elliott (Aubrey Plaza), inspiegabilmente evocata dal futuro per gentile concessione della Giovane Elliott che beve un tè altamente allucinogeno. Non è qui per avvertire la sé stessa adolescente di un’imminente guerra generata dall’Intelligenza Artificiale che metterà l’uomo contro la macchina. Non ha viaggiato indietro nel tempo per trovare una cura per un virus rilasciato dall’Esercito delle 12 Scimmie. La Elliott più âgée si accontenta di rilassarsi con la giovane Elliott e di sparare cazzate, accettando di buon grado la richiesta di un bacetto sulle labbra – perché chi non vorrebbe sapere cosa si prova a baciarsi? – e dicendole di fare più cose con la sua (scusate, loro) mamma. “L’unica cosa che non puoi riavere indietro”, dice la Elliott adulta, tra una battuta e l’altra, “è il tempo”.

Successo inaspettato al Sundance di quest’anno, l’ironica dramedy della regista Megan Park prende quello che di solito è uno scenario da thriller fantascientifico e lo capovolge delicatamente e abilmente. Ci sono alcuni accenni alle radici distopiche di questo sottogenere, con la Elliott adulta che conclude un’ode alla cucina del padre con “Mi manca il salmone, mangiane più che puoi finché c’è” e il suono inquietante delle sirene antiaeree in sottofondo a una telefonata dal futuro. Ma quello che Park vuole fare non è né una paranoia futuribile, né una sorta di racconto morale. È un pretesto per una seduta di terapia, che spinge il concetto di cura di sé in un territorio splendidamente assurdo e intergenerazionale. La Elliott più grande vuole impartire alla sua controparte adolescente parole di saggezza duramente acquisita e trasmettere un po’ di scienza del carpe diem. Il suo alter ego 18enne è curioso di sapere cosa farà nei prossimi 21 anni. Perlopiù, però, vuole solo palpare “il mio vecchio culo” per vedere quanto è invecchiato.

My Old Ass fa parte di una crescente tradizione di film del genere “Se solo sapessi allora quello che so adesso”, alcuni dei quali coinvolgono loop temporali e wormhole, altri invece invocano il soprannaturale e altri ancora gettano semplicemente la logica fuori dalla finestra alla ricerca di nozioni profonde sulla vita, l’universo e tutto quanto. Quello che My Old Ass vuole essere è qualcosa di simile a un Giorno della marmotta di nuova generazione, prendendo in prestito un’idea fantastica senza entrare nei dettagli e immergendosi in acque più filosofiche e personali. La giovane Elliott si presenta come un’adolescente del XXI secolo, che non è fissata con le etichette e che considera la queerness come un dato di fatto: il fatto che stia finalmente uscendo con una ragazza con cui “flirta da quando avevamo 8 anni” è una grande voce da spuntare nella lista dei desideri. Soffre anche della stessa angoscia esistenziale che ogni adolescente in ogni decennio degli ultimi sessant’anni ha affrontato, dal bisogno di distinguersi dalla famiglia al desiderio di lasciare le sue radici di provincia per pascoli metropolitani potenzialmente più verdi. Elliott è un archetipo riconoscibile. Grazie alla scrittura di Park e all’interpretazione carismatica di Maisy Stella, è un personaggio psicologicamente esattissimo.

Nonostante l’eccentricità e i tocchi ammiccanti – il fratello minore è ossessionato da Saorise Ronan, e a un certo punto sentiamo il Justin Bieber di One Less Lonely GirlMy Old Ass funziona meglio quando si accontenta di essere semplicemente una commedia generazionale punteggiata da conversazioni profonde. Il rapporto tra Elliott e le sue amiche è straordinariamente naturale, quasi (ma non del tutto) come se si stesse origliando una chiacchierata privata tra amiche del cuore. La tensione tra l’adolescente e sua madre (Maria Dizzia) è altrettanto credibile. E anche se le loro scene insieme sono troppo brevi, i confronti tra la Elliott più vecchia e più giovane danno al film sia un’impennata di umorismo che un senso di autentica verità. E se si potesse tornare indietro e dire al proprio Io più giovane alcune cose da sapere su ciò che sta per accadere? E se questa te stessa più vecchia e più saggia fosse Aubrey Plaza, che alza gli occhi al cielo da vera pro, ma che si sente ancora la sorella maggiore più cool e la mentore che non hai mai avuto?

Bene, allora: ricordate quando abbiamo parlato di quella telefonata? Si scopre che la Elliott più anziana ha inserito il suo numero di telefono nel cellulare della Elliott più giovane e – sorpresa! – a quanto pare è possibile parlare con il proprio Io più anziano attraverso il continuum spazio-temporale. (Presumiamo che questo richieda un piano di copertura speciale, ma non esitate a chiedere i dettagli al vostro operatore di telefonia mobile). Ciò si rivela utile per quanto riguarda l’unica cosa che la Elliott adulta dice alla giovane Elliott di evitare esplicitamente: chiunque si chiami Chad. Ben presto, un ragazzo bello e fisicato (Percy Hynes White) interrompe il bagno della giovane donna nella piscina locale. La giovane Elliott si innamora a poco a poco di lui. Qualcuno vuole indovinare come si chiama?

C’è un motivo per cui la Elliott più matura ha messo in guardia la giovane da questa persona e non è in grado di offrire un vero consiglio quando le due Elliot parlano al telefono. Ed è qui che il film di Park si riduce a diventare una commedia sentimentale piuttosto standard, anche se comunque affascinante, visto che continua a spostarsi tra le illusioni future e i rimpianti passati. Senza spoilerare troppo, ci regala anche una sequenza in cui Plaza ricorda che è davvero un’attrice straordinaria quando si tratta di comunicare senza parole: pensavamo che questa fosse principalmente il ritratto di una ragazza, ma scopriamo che in realtà si tratta della storia di due donne. My Old Ass non può fare a meno di toccare i tasti emotivi o di infilare luoghi comuni nella sua struttura high concept: la vita è ciò che fai, devi viverla appieno, hai solo una famiglia, eccetera. Inoltre, non può fare a meno di conquistarvi quando Stella e Plaza vi fanno vedere due lati di questa giovane donna e, nel farlo, vi fanno riflettere sulle vostre stesse moltitudini interiori. Non si può cambiare il proprio passato, ma di certo si può onorarlo, anche quando si dà del filo da torcere a chi è più giovane.

Da Rolling Stone US

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