“Uno dei miei film preferiti di sempre”, dice commossa Simona alzando lo sguardo dallo smartphone. È appena stata resa pubblica la notizia della morte di Rutger Hauer, 75enne attore olandese, vittima di una breve malattia.La stima di Simona, va detto, dura in media il tempo che tutti abbiano letto i suoi commenti sotto ogni monologo di Roy Batty. Se serviranno due giorni, come immagino succederà in questo caso, durerà due giorni. La guardo e penso che di tutta la filmografia dell’attore nato nella provincia di Utrecht le prime immagini a venirmi in mente sono quelle di Confessioni di una Mente Pericolosa.
Gran bel film del 2002 diretto da George Clooney, in cui Hauer interpreta magnificamente il ruolo di un grottesco killer professionista che ha la passione di farsi dei “selfie” mentre uccide le sue vittime. Quando uscì Simona probabilmente aveva altri gusti in fatto di cinema, mentre nel 1982, nel momento in cui usciva quella pellicola magicamente epocale che prende il nome di Blade Runner, non era nata. A chi invece è dato portarsi sulle spalle un’altra età, assieme alla memorabile scena del “Ho visto cose che voi umani…”, passano ora per la testa a getto continuo immagini da Ladyhawke, The Hitcher o Furia Cieca: tracce indelebili di un’infanzia che mai si potrà dimenticare.
Poi sulla carriera di questo immenso attore deve aver nevicato tante volte, così qualcosa nella memoria collettiva qualcosa ha cominciato a rompersi dalle radici fino ai rami, tanto che a restare intonsa di Hauer sembra essere rimasta solo quell’iconica scena. Neanche l’intero film, solo quella scena.
Ricordo nitidamente ieri sera di avere visto qualcuno postare l’enorme stronzata per cui la vita di Rutger sarebbe sempre stata legata a quella del suo cyborg cinematografico, non abituandosi mai totalmente ad altre parti. E infatti se ne sarebbe andato nel 2019, l’anno in cui sono ambientati il film e la sua clamorosa performance nei panni di Roy Batty. L’immagine dell’attore-cyborg, poco incline ad affrontare altre parti, come Totò e Peppino a Milano incapaci di ammettere a sé stessi che a Milano non faccia freddo, mi ha divertito amaramente.
Questa mattina alle commemorazioni un po’ così si sono mischiate le voci di chi ha impiegato una notte per fare mente locale su tutte le volta che quel volto carismatico e penetrante è entrato nelle nostre vite e per non banalizzare una carriera cinquantennale in una sola parte, per imprescindibile che sia. Immaginate se Ritchie Blackmore dovesse essere ricordato solo per il riff di Smoke On The Water che morte grama sarebbe la sua… Oggi, invece, qualcuno si ricorda persino di Hemoglobin – Creature dall’Inferno, b-movie di Peter Svatek del 1997 in cui Hauer interpreta un dottore che incontra un uomo con una rara malattia che lo costringe a nutrirsi di sangue umano. Pellicola a metà strada tra Dracula e Basket Case, ammettiamolo, ma che almeno manda a quel paese l’idea della “vittima” del suo personaggio più noto.
A qualcuno invece è tornato in mente Nighthawks, noto alle nostre latitudini come I falchi della notte, film del 1981 con Sly nei panni di Da Silva, un poliziotto sotto copertura alle prese con Wulfgar, terrorista bombarolo da fermare. Se Stallone è quello che è, Hauer riesce a dar quel quid in più nella parte del malvagio. Alla luce di tante dimenticanze e al netto dei tre film di maggior prestigio citati più in alto, da vedere o rivedere senza stare a farla tanto lunga, c’è di sicuro Osterman Weekend, film del 1983 di Sam Peckinpah. Il regista (Mucchio selvaggio, Cane di paglia, Pat Garrett & Billy Kid) in occasione del suo penultimo film gli diede il ruolo di un uomo convinto dalla CIA che il suo migliore amico fosse una spia russa. Hauer recitò con incredibile zelo il ruolo dell’eroe confuso, circondato da un cast che poteva vantare attori di primo livello come John Hurt e Dennis Hopper.
Ovviamente anche la sua produzione abbonda di pellicole patetiche, ridicole o semplicemente brutte. Pure Rutger avrà avuto rate del mutuo da pagare e figli da mandare a nuoto. Mi fa molto strano immaginarlo in filmacci come Turbolence, Il rito (che però a qualcuno sembra avere apprezzato) o, che dio lo perdoni, Buffy – L’ammazza vampiri, ma posso bilanciare con dei bei film come Detective Stone, ambientato nel 1982 in un allora futuristico 2008, L’amore e il sangue, che ha come set l’Italia del ‘500, o Sin City, in cui appare nella terza storia. Per non parlar del tarantiniano Hobo With A Shotgun del 2001 o Fiore di carne del 1973, film drammatico che quasi gli valse un Oscar. Probabilmente Simona questo non lo sa, speriamo che con questo o altri articoli gli venga voglia di approfondirlo al di là di un fugace commento o del dono di un Mi piace.