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Non si possono sprecare Paul Mescal e Saoirse Ronan in un film noioso come ‘Il nemico’

I due fenomenali attori fanno di tutto per risollevare il dramma sci-fi di Garth Davis tratto dal romanzo di Iain Reid. Ma, nonostante l’intrigante storia di partenza, purtroppo non basta

Foto: Amazon Studios

Avete un’attrice candidata all’Oscar che ha interpretato di tutto, dalle regine alle assassine. L’avete affiancata a un interprete che è probabilmente il volto next-gen più hot e richiesto del momento. Il materiale di partenza è il secondo romanzo di un acclamato scrittore, il cui primo libro (Sto pensando di finirla qui) è stato uno dei più intriganti adattamenti dalla pagina allo schermo degli ultimi anni. L’autore del romanzo ha co-firmato la sceneggiatura con il regista, il cui precedente lavoro su Lion – La strada verso casa (2016) e sulla miniserie Top of the Lake (2013) ha dimostrato che sa come gestire storie originali e commoventi. La storia stavolta mette al centro il dilemma morale dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e il modo in cui il cambiamento climatico sta distruggendo il nostro pianeta, il che significa che non potrebbe essere più attuale o urgente. Il tutto è avvolto in un intimo dramma psicologico che coinvolge solo tre persone, ma che riesce comunque a inserirsi in uno scenario sci-fi più ampio e complesso.

In altre parole, quello che abbiamo tra le mani è qualcosa che dovrebbe essere, secondo la maggior parte dei parametri, quello che i ragazzi chiamano “un film da sballo”. Un vero e proprio film da non perdere, che fa riflettere, che fa stare sul filo del rasoio. Il tipo di progetto di alto prestigio progettato per deliziare chi fa i pronostici degli Oscar. Ecco perché la domanda che ci si pone dopo aver visto Foe (disponibile su Prime Video) è così disorientante e confusa: questo è un film che sembra avere tutto al posto giusto, quindi perché diavolo è così svogliato, così privo di vita, così dannatamente noioso?

Non si può dare la colpa alle due star protagoniste, che sembrano voler arricchire il più possibile i loro personaggi, a volte criptici, e dare corpo alla relazione centrale e al triangolo amoroso (su questo aspetto torneremo tra un attimo) in modo da aggiungere un elemento umano alle questioni scottanti che si stanno dibattendo. Henrietta (Saoirse Ronan) vive nell’entroterra rurale del Midwest americano con il marito Junior (Paul Mescal). La loro fattoria non è un granché, poiché, nell’anno del Signore 2065, quell’area un tempo fertile è diventata una landa desolata. Tuttavia, è la loro casa, almeno per ora. Si è difatti parlato molto della possibilità che il governo trasferisca i suoi cittadini su un altro pianeta colonizzato.

In realtà, questo piano già in corso è il motivo per cui uno sconosciuto di nome Terrance (Aaron Pierre, visto nella serie The Underground Railroad) si è presentato a casa loro nel cuore della notte. È venuto con un’offerta che non possono rifiutare. Una lotteria ha estratto i loro nomi per un upgrade interstellare. C’è però un inghippo. Solo Junior è stato tecnicamente scelto per vivere su una stazione spaziale per due anni e aiutare a preparare la popolazione terrestre a risiedere permanentemente altrove.

Né lui né Hen sono esattamente entusiasti davanti alla prospettiva della sua assenza da casa – e dal loro pianeta – per anni. Ma non c’è da preoccuparsi, dice Aaron. Le autorità hanno “il dovere di prendersi cura di coloro che sono rimasti indietro”. Traduzione: hanno sviluppato dei “simulanti” che sono quanto di più realistico si possa immaginare. Questi bot più umani dell’umano possono essere personalizzati per assomigliare a una persona cara, e possono essere programmati per corrispondere all’esatta personalità di un coniuge assente. Questo finto marito terrà compagnia a Hen fino a quando non arriverà anche per lei il momento di andarsene. Nel frattempo, Aaron resterà nei paraggi, conducendo colloqui quotidiani con l’uomo di casa per trovare un sostituto adeguato.

Tuttavia, nel momento in cui Aaron si presenta, c’è qualcosa di strano in Hen, e se avete letto il libro di Iain Reid sapete perché. Il segreto di Foe sembrerà ovvio solo alla fine, ed è merito sia di Ronan che di Mescal se i due instaurano un rapporto che va a vantaggio del cuore della storia, e non dei suoi colpi di scena. Tuttavia, nonostante il lavoro di questi due straordinari attori, si avverte ancora una curiosa mancanza di pulsazioni sotto questa parabola fantascientifica. Il regista Garth Davis ha un’abilità indiscussa nel filmare lunghe inquadrature di grandi panorami brulli, eppure il film non dà mai la sensazione di uscire dalla prima marcia; ci si chiede ancora quando il film inizierà davvero anche una volta superata la metà.

Forse ricorderete che prima abbiamo accennato a un “triangolo amoroso” e, anche se ce n’è sicuramente uno davanti ai nostri occhi, non è quello che pensate. Ed è attraverso questo prisma che il film inizia a rivelare il suo vero scopo, affrontando alcune questioni più spinose e filosofiche. Abbiamo stabilito che gli androidi sognano pecore elettriche, ma come fa la loro programmazione a gestire questioni di natura più esistenziale ed emotiva? Tuttavia, anche questo interrogativo non riesce ad accendere una scintilla sotto questa storia d’amore sempre filtrata da una lente oscura. Foe conosce la storia che vuole raccontare. Ma, per via del modo spesso manierato e a volte stucchevole in cui finisce per raccontarla, finisce per trasformarsi nel peggior nemico di sé stesso.

Da Rolling Stone US

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