Todd Haynes1995
Carol (una strepitosa Julianne Moore) inizia ad avvisare strani sintomi: tosse, attacchi d’asma, nausea e perdita improvvisa della memoria. La sua malattia verrà definita “l’allergia del ventesimo secolo”: la donna non riuscirà più a tollerare nulla di tossico, dai gas di scarico fino all’aria stessa, e finirà per chiudersi a poco a poco in una specie di auto-isolamento, trasformando la sua abitazione in un luogo asettico e protetto ed evitando di entrare in contatto con qualsiasi cosa di chimico. L’opera seconda di Todd Haynes, interpretata da quella che sarebbe diventata la sua attrice feticcio, è un film profetico su tutte le ansie che sarebbero venute col nuovo millennio. Da rivedere (per farci venire qualche ansia in più).
James L. Brooks1997
Melvin Udall (Jack Nicholson) è un affermato scrittore di romanzi rosa che vive e lavora a New York. La sua peculiarità? Offende e umilia costantemente gli altri a causa del suo pessimo carattere, è un misantropo razzista e detesta neri, gay (a cominciare dal vicino di casa interpretato da Greg Kinnear), ebrei, vecchiette e cani. E, soprattutto, soffre di disturbo ossessivo-compulsivo, che diventa un elemento cardine anche per la narrazione. Un film – oggi probabilmente irrealizzabile, vista la grande dose di politically incorrectness – che guarda l’ansia da vicino. Merito, in primis, del suo immenso protagonista, che vinse il suo terzo Oscar.
James Mangold1999
Dal disturbo ossessivo-compulsivo a quello bipolare della personalità. La protagonista del film – e del libro autobiografico da cui è tratto – è Susanna Kaysen, interpretata sullo schermo da Winona Ryder. Dopo aver tentato il suicidio con un “cocktail” a base di vodka e aspirina, viene mandata in un ospedale psichiatrico. Sarà una finestra su un mondo popolato da altre “ragazze interrotte” come lei, tra senso di vuoto e di fine e l’impossibilità di connettersi con sé stessi e gli altri. Su tutte svetta Lisa, sociopatica dal grande carisma a cui dà il volto Angelina Jolie, che per il ruolo vinse un Academy Award come miglior attrice non protagonista.
Jean-Pierre Jeunet2001
Abbiamo detto sociopatia? Ecco il film, diventato un caso in tutto il mondo, che riesce a tradurla in una vera e propria favola. Quella di Amélie Poulain (Audrey Tautou), la cui ansia sociale la porta in un mondo alternativo e “schizotipico”. Tutto nasce dai suoi traumi infantili, e si trasforma in un universo incantato (e secondo alcuni fin troppo edulcorato) popolato da parigini strambi, un nanetto giramondo e un uomo (Mathieu Kassovitz) che forse sarà l’unico a cambiare la vita della ragazza. Jean-Pierre Jeunet diventa una star internazionale, e il film è ancora oggi un classico.
Spike Jonze2002
Tra verità e finzione, il vero sceneggiatore Charlie Kaufman trova il suo alter ego cinematografico in Nicolas Cage e racconta l’ansia di ogni scrittore (e artista in generale) di fronte a una crisi creativa ed esistenziale. Ne esce un film che ricompone la coppia Kaufman-Spike Jonze dopo Essere John Malkovich, e che anticipa quello che diventerà un tema portante della filmografia del regista: vedi il successivo Lei – Her (2013), con Joaquin Phoenix alle prese con nuove ansie socio-digitali. Il castè semplicemente super: insieme a Cage ci sono Meryl Streep, Brian Cox, Tilda Swinton, Maggie Gyllenhaal, John Malkovich e Chris Cooper, che ha vinto – tanto per cambiare – un Oscar.
Paul Thomas Anderson2002
Altro giro, altro indimenticabile ritratto incentrato sull’ansia sociale. Barry (un favoloso Adam Sandler in uno dei suoi primi ruoli “seri”) è un piccolo imprenditore dal comportamento generalmente passivo, che riesce a compensare solo con violenti e momentanei scatti di ira. Uno dei suoi consueti attacchi d’ansia di manifesta quando incontra Lena (Emily Watson), e lo spinge a vedere uno psichiatra. Ma anche qui il dramma è virato alla favola romantica. Uno dei film incompresi di Paul Thomas Anderson, poi rivalutato col tempo. Per fortuna.
Martin Scorsese2004
Il biopic by Martin Scorsese – e sempre starring il suo favourite Leonardo DiCaprio – di uno dei più grandi e potenti produttori di Hollywood, Howard Hughes, è in realtà (anche) uno studio sul disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione; una paura patologica dello sporco e dei germi che viene chiamata anche misofobia, rupofobia o germofobia (e che arriva pure qui, ça va sans dire, dai traumi infantili del personaggio principale). Anche questo un film generalmente incompreso, nonostante la produzione monstre, la magnifica prova del protagonista (ma l’Oscar è andato all’altrettanto impressionante Cate Blanchett/Katharine Hepburn) e il ritratto umano di un uomo sovrumano.
Craig Gillespie2007
«Se non trovi la donna ideale, puoi sempre ordinarla». Questa era la frase di lancio del film diretto dal futuro autore di Tonya. Lars Lindstrom (Ryan Gosling in una delle sue performance migliori di sempre) è un ventisettenne introverso del Wisconsin con pochi amici e un’inesistente vita sociale. Ha molta difficoltà ad intrattenere rapporti normali, finché un giorno confessa al fratello di aver conosciuto la donna dei suoi sogni, Bianca, una dolce e timida ragazza incontrata su internet. Che però non si rivelerà essere una ragazza “vera”. L’ansia sociale (aridaje) raccontata nel modo più delicato e commovente.
Tom Hooper2010
Il duca Alberto di York (Colin Firth), futuro re d’Inghilterra col nome di Giorgio VI nonché padre di Elisabetta II, ha un evidente problema di balbuzie dato dall’ansia di parlare in pubblico, e che si acutizza quando si trova davanti al risoluto padre, ovvero re Giorgio V. Un logopedista (Geoffrey Rush) riuscirà a risolvere il suo “handicap”, ma soprattutto a i problemi che ha con sé stesso? Enorme successo di critica e pubblico per un film che ha guadagnato quattro Oscar (tra cui quelli per miglior film, regia e attore protagonista), nell’anno in cui però avrebbe dovuto trionfare The Social Network di David Fincher. E se ci pensiamo, ancora ci viene l’ansia…
Jonah Hill2022
Dopo tanti film di finzione (o quasi), un documentario che esplora da vicino veri disturbi di ansia e salute mentale. Quelli che ha vissuto in prima persona l’attore Jonah Hill, che si mette dietro la macchina da presa per raccontare la sua esperienza di paziente nelle mani del dottor Phil Stutz, un noto psichiatra “non convenzionale” che al posto dell’ascolto passivo ha sempre privilegiato il consiglio attivo nei confronti delle persone che ha seguito nel corso degli anni. Il risultato è una delle indagini più personali e puntuali di ciò che chiamiamo oggi mental health, senza sconti e ritrosie da parte di chi si mette in gioco così intimamente.