‘Nosferatu’ di Robert Eggers è un ottimo film di vampiri che non sa fare paura | Rolling Stone Italia
d'après Bram stoker

‘Nosferatu’ di Robert Eggers è un ottimo film di vampiri che non sa fare paura

Bravo cast, ottimo reparto tecnico, filologia a pacchi. Il quarto film del regista di 'The Witch' narra di nuovo la storia di uno dei nostri mostri preferiti. Ma starà a ognuno trovarci un po' quello che vuole

Nosferatu Robert Eggers

Lily-Rose Depp in 'Nosferatu' di Robert Eggers

Foto: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

“Il pericolo scintilla”. Da un film di streghe, a un’interpretazione di rime e marinai alla Samuel Taylor Coleridge, fino alle mitologie norrene. E ora, arriva nella forma dell’archetipo del malefico per eccellenza: il vampiro, il non-morto, il succhiatore di sangue che letteralmente – ma anche all’interno della metafora che vuole un comportamento sessuale smodato associato al cannibalismo – mangia uomini e donne. Il pericolo scintilla, nei film di Robert Eggers, tra i registi più interessanti degli ultimi dieci anni. Che, per il suo quarto lungometraggio, ha scelto di aggiungere un ramo alla genealogia delle narrazioni su Dracula & affini.

Wisborg, fittizia cittadina di quella che oggi sarebbe la Germania, 1838. Ellen Hutter (Lily-Rose Depp) e Thomas Hutter (Nicholas Hoult) sono una coppia di giovani sposi. Lei ha un passato di attacchi epilettici, lui è un agente immobiliare alle prime armi che sogna di rendere la loro vita migliore attraverso i guadagni del suo lavoro. Per questo accetta il gravoso incarico di recarsi in Transilvania per incontrare il facoltoso acquirente di una proprietà immobiliare di Wisborg, un vecchio castello in rovina: il Conte Orlok (Bill Skarsgård), che si rivelerà presto essere una creatura demoniaca assetata di sangue. E che mira non solo a espandere il proprio dominio di morte sull’Europa occidentale; ma anche a impossessarsi di Ellen, con la quale la bestia condivide un legame speciale.

NOSFERATU | Trailer Ufficiale (Universal Studios) - HD

La storia è tutt’altro che nuova: la conosciamo dal Dracula di Bram Stoker, primo popolarizzatore delle leggende e del folklore ravvisabili lungo tutto il continuum delle lingue romanze, dalla Romania alla Spagna. Il confine tra il mondo di sopra e di sotto è in fondo labile; una parte di noi, irrazionale, ci dice che è permeabile. E che, anche religioni a parte, per mantenere le cose chiare quello strato non dovrebbe mai essere attraversato. Altrimenti il sangue, da vita, diventa veicolo di morte. Fin troppo facile usare questo impianto oppositivo per descrivere epidemie, relazioni tossiche, compulsioni.

La storia non è nuova, ma per capire l’immagine di vampiro che ci portiamo dentro è utile ricordare che Stoker stesso trasse ispirazione da una novella scritta da John Polidori, amico di Mary Shelley (proprio “quella di Frankenstein“) e del marito Percy Bysshe, con l’intento di creare un alter ego di Lord Byron, tra i libertini (e uomini di cultura) più noti dell’Ottocento. Il vampiro ha un’anima che trascende il tempo, è più grande della vita. È bello, dannato, ha una carica sessuale irresistibile. Detiene la conoscenza del mondo e delle sue oscurità. È il proibito che ci chiama. Scintilla, appunto.

Nosferatu Robert Eggers

Foto: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

Il merito di queste rielaborazioni è però contemporaneo: Twilight, ma anche in una misura il Vlad Drakul romantico di Francis Ford Coppola (fu Gary Oldman, eh), e poi tutte le versioni di Christopher Lee e dei film della Hammer, dove il cerone abbonda e il sex appeal con lui. Per giustificarci la nostra attrazione – e con operazione inaspettatamente filologica – abbiamo reso il vampiro non meno pericoloso, però più gradevole. Ted Bundy, no? Un serial killer belloccio. Come a dire che, se ci cadiamo dentro, è perché la ragnatela ha una sua logica.

Eggers invece, che filologo lo è davvero ma soprattutto secchione (lo vediamo negli sforzi di ricostruzione storica dei suoi set), torna alle origini, al popolo, alle fiabe che spaventano perché le streghe sono inguardabili, e i mostri sfidano le brutture più basse dell’immaginazione. Il trucco di Skarsgård replica all’esterno la natura del vampiro: putrida, cadaverica, decomposta. In un’intervista alla CBS, il regista ha descritto il processo suo e del team: «Ci siamo chiesti, che aspetto avrebbe avuto un nobile della Transilvania, morto?». Le risposte: baffoni per forza, maniche degli abiti lunghissime perché erano associate alla ricchezza, e così via. Il risultato è difficilmente guardabile. E Skarsgård, per arrivare all’interpretazione, «ha avuto una pratica impressionante», addentrandosi in luoghi oscuri che nemmeno Eggers, da amante del mistero, avrebbe saputo raggiungere.

Nosferatu Robert Eggers

Foto: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

L’approccio è lo stesso del primo film di vampiri della storia – una “Sinfonia del terrore”, così recita nel sottotitolo -, Nosferatu del tedesco Friedrich Murnau (1922), da cui il lungometraggio di Eggers riprende anche i nomi, non solo della pellicola ma anche dei personaggi. Dracula è dunque Orlok per ragioni di copyright, e così si genera il termine Nosferatu, che richiama la parola rumena nesuferitu, “colui che offende” con il suo stare fuori dall’ordine delle cose: il romanzo di Stoker, uscito una ventina d’anni prima, era stato adattato in maniera libera da Murnau, che aveva altresì spostato l’azione principale dall’Inghilterra alla Germania. Gli eredi dello scrittore avevano bloccato tutto, alcune copie del film finirono in America (dove non v’erano problemi di diritto d’autore), e fu così che oggi abbiamo uno dei film fondativi della storia del cinema, horror e non.

Angoli aguzzi, ombre, artigli: già Klaus Kinski era stato “quel” Nosferatu per Werner Herzog, che nel 1979 aveva dato la sua versione (esistenziale a dir poco) del vampiro. Di fatto, Eggers non solo dialoga con la storia dei vampiri al cinema, ma ne costruisce un compendio, armonizzando miti, interpretazioni sentimentali, storia e letteratura. Non per nulla, nei crediti di scrittura compaiono anche Henrik Galeen, autore della sceneggiatura usata da Murnau, e proprio Bram Stoker. Il tutto a sostegno di un’idea: «Credere che sia reale, e quando credi in questa realtà, essa diventa più urgente».

Nosferatu Robert Eggers

Foto: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

In questo Nosferatu c’è un principio di realtà. La storia è piegata per parlare alle nostre componenti sotterranee: se vorremo trovarci un gancio, lo avremo. Se vorremo attivare una meditazione, una meditazione avremo. Ma potremmo anche scegliere di crogiolarci nelle inquadrature del film, nelle interpretazioni in crescendo di Depp e Hoult, nel sound design che scricchiola in sottofondo. O nella impressionante luce lunare, nei giochi di notte e giorno imbastiti dal direttore della fotografia Jarin Blaschke, già candidato all’Oscar per il suo lavoro su The Lighthouse, sempre con Eggers.

«Già all’età di nove anni adoravo i vampiri. Avevo visto il film con Bela Lugosi molte volte e l’anno prima mi ero vestito da Dracula per Halloween. […] Sempre a nove anni guardai per la prima volta Nosferatu di Murnau. […] Da bambino, sembrava che Max Schreck (l’attore interprete del Conte, nda) dominasse lo schermo proprio come un vero vampiro. Il fatto che la cassetta avesse fatto perdere qualità alla pellicola in 16mm rendeva il film come appena dissotterrato dalla tomba, scavato dal passato, e questo gli aggiungeva autenticità. Era un adattamento che toglieva gli imbellettamenti vittoriani alla storia di Stoker, e la lasciava distillata alla sua essenza: una fiaba semplice ed enigmatica».

Nosferatu Robert Eggers

Foto: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

Per Robert Eggers, adattare Nosferatu è stato un sogno a lungo termine, lo ha raccontato in uno scritto inedito pubblicato sul Guardian. E un sogno che ha realizzato rimanendo fedele a se stesso e alla sua visione, sia narrativa che artistica. Quanto a noi, chissene frega di quello che avremmo voluto vedere. Per spaventarci, forse i vampiri non sono più adatti a quest’epoca, deformati dalla gravità della Storia, usurati dalle troppe applicazioni. Abbiamo altri mostri, altri terrori, e forse Nosferatu ha consegnato Dracula al passato, in un certo modo. Qualcosa su cui umanisticamente possiamo riflettere. Su cui possiamo commuoverci. Da cui possiamo trarre metafore, e storcere la bocca addolorati riconoscendo quella persona nella nostra vita che…

Ma le sinfonie del terrore, nell’era del conflitto globale permanente e del cambiamento climatico, sono altre. Nosferatu segue invece un precetto semplice, contemporaneo a Stoker: l’arte contiene in sé la sua giustificazione, e come Willem Dafoe nel ruolo del mistico e scienziato Albin Eberhart Von Franz, comprende lo scherzo poco serio che sta alla base dell’esistenza.

Che cosa ti spaventa, così chiede l’intervistatore della CBS a Eggers. «Rimanere da solo, addentrarmi troppo nell’occulto e impazzire, essere pugnalato di notte in un vicolo buio». I vampiri, evidentemente, non sono contemplati.