Miglior colonna sonora
Oppenheimer
Ludwig Göransson
È iniziato tutto con un violino solista, su esplicita richiesta di Nolan. Che poi Göransson ha modellato attorno alla performance di Cillian Murphy in una serie di spunti romantici, maniacali, nevrotici, persino horror nel corso della storia. La musica riflette l’ossessione per la fisica quantistica di Oppie, la pressione per costruire la bomba, l’idea di porre fine alla guerra e infine la paura di distruggere il mondo. Ludwig Göransson ha già vinto per Black Panther, ma questa colonna sonora, che diventa qua e là perfino una sorta di inno, è uno dei punti fortissimi del film. Dovrebbe vincere. E quasi sicuramente vincerà.
Killers of the Flower Moon
Robbie Robertson
Quella di Killers of the Flower Moon è l’ultima colonna sonora di Robertson prima della sua morte nell’agosto 2023: il film è dedicato alla sua memoria. Ed è anche lo score che più di ogni altro ha definito la sua carriera, coronando la sua collaborazione/amicizia con Scorsese che conta ben 11 titoli, a partire da The Last Waltz, il concerto d’addio di The Band filmato dal regista nel 1976. Per il racconto della tribù Osage in Oklahoma negli anni ’20, Robertson attinge in modo evocativo all’eredità musicale dei nativi americani (la madre era un’indiana Mohawk) mettendo insieme tamburi e shaker, chitarre acustiche ed elettriche, banjo e flauti che gridano come uccelli. Una sua vittoria postuma non stupirebbe.
Povere creature!
Jerskin Fendrix
C’è chi sostiene che la musica di Fendrix non fosse una scelta intuitiva per la colonna sonora di un film, ma è stato anche questo aspetto a entusiasmare Lanthimos. C’è un umorismo, un’irriverenza e una profondità nel suo suono che si adatta perfettamente a Bella Baxter e al suo scatenato viaggio. Prima la scoperta e l’impossibilità di articolare immediatamente tutto quello che vede e sperimenta, tra fiati e campionamenti vocali sintetizzati e sussurrati, poi l’apertura e l’avventura nel corso delle scorribande della protagonista nel mondo: è così che Fendrix cattura i toni selvaggi del film di Lanthimos. Se non avesse avuto due contendenti così “pesanti”, avrebbe anche potuto farcela.
American Fiction
Laura Karpman
Se la voce di Jeffrey Wright fosse uno strumento, sarebbe un sax tenore. Karpman è partita da questa suggestione e ci ha costruito intorno una partitura jazz (come da desiderata dello sceneggiatore e regista Cord Jefferson) che tiene insieme i toni da commedia e quelli da tragedia del film. E intorno ci sono flauto (quello celebre di Elena Pinderhughes), basso, batteria, più pianoforti e un’orchestra d’archi per quella che lei chiama “quella sensazione da grande cinema”. Tutto per raccontare alti, bassi e cambiamenti tonali nel colorato e commovente viaggio di Thelonious “Monk” Ellison. And all that jazz.
Indiana Jones e il quadrante del destino
John Williams
A sorpresa Williams ha centrato la sua 54esima – ripetiamo: 54esima – nomination per il capitolo finale di Indy. La scelta, azzeccatissima, è quella di bilanciare i temi epici della saga con quelli nuovi costruiti attorno agli sbalzi d’umore del vecchio archeologo di Harrison Ford e alle relazioni con la moglie Marion (Karen Allen) e la figlioccia Helena (Phoebe Waller-Bridge): Helena’s Theme ha vinto il Grammy come “best instrumental composition“, per dire. Il vecchio leone (92 anni!) ruggisce ancora, ma forse, dopo cinque vittorie, è giusto cedere il passo.
Miglior canzone originale
What Was I Made For?
Billie Eilish & Finneas (da Barbie)
È il pezzo che in qualche modo incarna il sentire di Barbie stereotipo (e non solo), il (sotto)testo alle origini di tutta quell’esplosione di pink. E, su una colonna sonora che più pop non si può, questa melodia malinconica sostiene una scena bellissima e arriva a commuovere. Dopo la statuetta per No Time to Die nel 2022, Billie Eilish e Finneas dovrebbero avere in pugno il secondo Oscar. Ah, il pezzo ha già vinto “Song of the Year” ai Grammy.
I’m Just Ken
Mark Ronson & Andrew Wyatt (da Barbie)
Barbie, parte seconda. All’Academy occasionalmente piace nominare una traccia divertente che incarni in qualche modo un aspetto del film. Ed è esattamente il senso di I’m Just Ken sia in Barbie che in cinquina. Dopo aver occupato lo spot che molti pensavano sarebbe spettato a Dance the Night di Dua Lipa e dopo aver vinto il Critics’ Choice Movie a discapito di Eilish lasciando perplesso persino lo stesso Ryan Gosling, gli autori Mark Ronson e Andrew Wyatt tornano alla Notte delle Stelle con qualche chance, dopo la collaborazione a Shallow (e la vittoria con Lady Gaga) di qualche anno fa.
It Never Went Away
Jon Batiste & Dan Wilson (da American Symphony)
Il doc, nominato pure quello dall’Academy, segue Jon Batiste e la compagna Suleika Jaoaud nel corso dell’anno più complicato della loro vita, mentre lui compone la sua prima sinfonia e lei si sottopone a una cura per il cancro ai polmoni. La ballad It Never Went Away (scritta insieme al frontman dei Semisonic Dan Wilson) riconosce quel tumulto, ma alla fine celebra l’amore che trascende tutto. Batiste è diventato un beniamino dei premi, come dimostrano il suo successo ai Grammy qualche anno fa e le tante nomination attuali, una rarità per un musicista jazz. Chissà.
Wahzhazhe (A Song for My People)
Scott George, Kenny Bighorse, Vann Bighorse (da Killers of the Flower Moon)
La tribù Osage che riceve una nomination per Wahzhazhe (A Song for My People) è probabilmente la sorpresa più grande di questa cinquina, anche se va di pari passo con la candidatura di Robbie Robertson per la migliore colonna sonora originale. È ovviamente uno step importantissimo per la diversity e l’inclusione a Hollywood, ma sarebbe uno shock se soffiasse la vittoria al brano-tema di Barbie.
The Fire Inside
Diane Warren (da Flamin’ Hot)
Diane Warren è stata nominata per la migliore canzone originale 15 volte (una delle più recenti per Io sì (Seen) di Laura Pausini) e, in qualche modo, finora non ha mai vinto. L’anno scorso le è stato consegnato l’Oscar alla carriera per celebrare il suo contributo all’industria cinematografica. Ma il pezzo cantato da Becky G per Flamin’ Hot, opera prima di Eva Longoria, potrebbe portarle anche un statuetta “competitiva”? Secondo noi è poco probabile.