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Oscar 2024, i nostri pronostici: il miglior film internazionale

Tifiamo tutti fortissimo per 'Io capitano' di Matteo Garrone, ma per il momento il favorito sembra essere il candidato inglese, e cioè la prospettiva sull'Olocausto di Jonathan Glazer. La spunterà?

Foto: 01 Distribution

La zona d’interesse

Jonathan Glazer (Regno Unito)

Jonathan Glazer sceglie di catturare l’orrore dell’Olocausto mettendo in scena la vita quotidiana di un comandante di Auschwitz e della sua famiglia. E sta proprio nel punto di vista la forza del film. Nel raccontare la routine quotidiana dei suoi occupanti (straordinari Christian Friedel e la Sandra Hüller di Anatomia di una caduta) intenti a organizzare feste nella casa lussuosa che condivide un muro con il campo, a curare i fiori che sbocciano in giardino e a chiacchierare con i vicini mentre uno sterminio di massa sta avvenendo proprio fuori dal loro cortile, guarda più all’oggi che al passato. E sembra proprio non avere rivali nella corsa alla statuetta.

Perfect Days

Wim Wenders (Giappone)

È la prima volta che il Giappone presenta agli Oscar un film non diretto da un regista giapponese. E che però è giapponese in tutto. Wenders torna al cinema di finzione con un’opera eterea e concreta allo stesso tempo, che parla della magia del quotidiano senza mai farsi retorica. E che racconta le giornate sempre uguali e “perfette” di un meraviglioso antieroe, a cui un attore strepitoso, Kōji Yakusho (miglior attore a Cannes), presta silenzi, sguardi, emozioni. Bonus: la playlist che spacca. Se non fosse Glazer, potrebbe essere Wim.

Io capitano

Matteo Garrone (Italia)

È facile voler bene all’odissea della speranza di Matteo Garrone (già Leone d’argento per la miglior regia a Venezia 80), perché c’è molto di vero, di sentito, di testimoniato. È un film profondamente umanista, internazionale (anzi, universale) che, nonostante salpi insieme a Seydou e Moussa (splendidi Seydou Sarr, premio Mastroianni, e Moustapha Fall) da Dakar verso le terre emerse della realtà più cruda, non abbandona il terreno della fiaba, stivando i nostri pregiudizi ma senza cercare la compassione di nessuno. Saremo sul divano a tifare fortissimo.

La società della neve

J.A. Bayona (Spagna)

Trent’anni dopo Alive – Sopravvissuti, J.A. Bayona torna a quell’aereo precipitato nel cuore delle Ande nel 1972 (che il giornalista uruguaiano Pablo Vierci racconta in un libro del 2009, scritto con alcuni dei superstiti). Più che un catastrophic movie, una storia incredibilmente umana. Che il regista spagnolo traduce in un film capace di alternare ondate di terrore, orrore, sollievo e commozione. E rendere giustizia a chi ne è uscito vivo e a chi invece non ce l’ha fatta. Non vincerà, ma recuperatelo su Netflix.

La sala professori

İlker Çatak (Germania)

Il candidato forse meno forte della cinquina è un thriller intenso, doloroso e snervante su un’epidemia di furti in una scuola media tedesca, che ha reso tutti nervosi e paranoici e che la direzione cerca di solvere con metodi discutibili. İlker Çatak ci fa entrare nello spazio mentale di una giovane insegnante idealista di matematica ed educazione fisica (bravissima Leonie Benesch) presa nel vortice di un sistema scolastico troppo rigido. Che diventa metafora di un Paese. Anzi, di tutto il mondo.

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